Mentre in passato era quasi d’obbligo per la famiglia democristiana, e non solo, ricordarlo con una Messa a S. Lorenzo fuori le mura o a Borgo Valsugana, non so se quest’anno qualcuno, di quei reduci dell’antica famiglia politica, sparsi nelle varie sigle partitiche, ricorderà, il 19 agosto, Alcide De Gasperi a 58 anni dalla morte avvenuta a Sella di Valsugana. La sua figura, al di là delle vecchie “agiografie”, potrebbe aiutarci a capire la storia di quegli anni, ma anche la storia dei decenni successivi, sino alla fine della DC nel 1994 e alla diversa stagione dei nostri anni.
Potrebbe essere utile, ad esempio, fermare lo sguardo su un punto poco studiato in modo distaccato: il trapasso della DC da De Gasperi alle stagioni di Fanfani, Moro, Rumor, Andreotti e De Mita, cioè capire perchè la DC è morta di morte naturale, per consunzione, e perchè in realtà oggi sentiamo il bisogno di una nuova stagione di etica pubblica, al di là del diverso contesto, delle tante sigle e degli attori in campo. Dico queste cose sapendo bene delle ripetute incertezze di un Paese, il nostro, che ha difficoltà a fare sino in fondo i conti con la propria storia.
A ricordare invece con puntualità l’opera e la figura di De Gasperi ci pensa anche quest’anno la Fondazione Trentina intestata allo statista, con un programma davvero di qualità, per argomenti e relatori. Una Tre Giorni, dunque, dal 17 al 19 agosto, con diversi interventi di studiosi, sul tema “Alle origini dell’impegno sociale e politico dei cattolici: conoscere De Gasperi nel suo Trentino”. Oggi, venerdì 17 a Trento viene analizzato il De Gasperi giornalista della “Vita Trentina”: domani, sabato 18 a Pieve Tesino Ernesto Preziosi tratterà il tema “De Gasperi e la formazione politica”, Walter Crivellin “La formazione giovanile di De Gasperi” e Vera e Stefano Zamagni “La politica economica di De Gasperi e la ricostruzione dell’Europa”, vera “lectio magistralis” di quest’anno; domenica 19 chiude Giuseppe Tognon su “De Gasperi, politica: istituzione o partito”.
L’edizione del 2011 ha visto, in particolare, l’intervento di Giuseppe Vacca, con un’analisi del ruolo di De Gasperi e Togliatti alla guida dei due più grandi partiti politici di massa dell’Occidente. Quest’anno, invece, la Fondazione ha ritenuto di concentrarsi più a fondo sulla stagione storica del secondo dopoguerra, in relazione, soprattutto, alle vicende economiche e sociali, quelle che hanno segnato gli anni della ricostruzione e della nascita dell’Europa.
Comprendiamo bene l’importanza e l’attualità del tema prescelto, visti i tempi di crisi dello spirito costituente europeista, del ritorno dei nazionalismi, della difficoltà di tenere in mano democraticamente il destino delle realtà locali. Si avrà modo, quindi, di apprendere che la politica degasperiana va compresa in tutte le sue varianti, inclusa quella economica e finanziaria, per la quale, accanto allo statista trentino, dettero un contributo importante un vasto gruppo di uomini e di tecnici provenienti non soltanto dalle fila della Democrazia Cristiana, tutti impegnati a gettare finalmente le basi per quella rinascita che l’Italia aspettava fin dalle sue origini come Stato nazionale.
Sul piano della memoria di quegli anni, di una memoria pensata, in relazione poi alle difficoltà che stiamo vivendo, l’occasione trentina dovrebbe far comprendere a tutti la reticenza che ha toccato non solo gli ex-democristiani di tutti gli schieramenti, ma prima ancora tutti i cultori della politica, preoccupati, nel migliore dei casi, di interpretare forse soprattutto la pancia di un Paese, più che la testa e il cuore di una tradizione di solidarietà e di pubbliche responsabilità. Non ci può essere futuro, ce lo possiamo dire, senza memoria.
L’esempio riguarda una questione mai chiarita, relativa proprio al ruolo di De Gasperi e alla difficile eredità degasperiana, tema ancora attuale, visti, di tanto in tanto, i richiami al suo nome da parte di questa o quella forza politica: penso qui all’impulso soprattutto fanfaniano che ha dato vita a una DC debole rispetto alle sirene “stataliste” (una delle “male bestie” denunciate da don Sturzo: le altre due erano la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico); sirene che hanno portato alla compenetrazione tra partito e Stato, all’economia mista, alla forte presenza pubblica nel panorama economico-sociale, sino ai primi anni Novanta. Debolezza che ha prodotto, come controcanto, un’idea di solidarietà non centrata sul principio di responsabilità. Di qui la vittoria del fatalismo assistenzialista che è il vero male radicale della Pubblica amministrazione e di gran parte della quotidiana consuetudine di vita soprattutto del Sud del nostro Paese, come dimostrano episodi quasi quotidiani. Il grande debito pubblico, quindi, come conseguenza di questa stagione!
Ecco, ricordare De Gasperi significa prendere a cuore un tema aperto di allora e di oggi, e cercare di capire come se ne possa uscire, al di là degli slogan e delle facili battute. Le quali servono forse a prendere voti, ma non a risolvere i problemi sul tappeto. Senso cioè dello Stato, percezione, in altre parole, del primato del bene comune sugli interessi individuali o di gruppo.