«Pagare per andare in televisione è come pagare il proprio funerale» ha dichiarato Beppe Grillo, bacchettando il proprio consigliere regionale Giovanni Favia, coinvolto nello scandalo delle “interviste pagate” in Emilia-Romagna. Un segnale di nervosismo, ma forse un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato da un partito che dimostra di andare in cortocircuito ogni volta che un esponente del Movimento 5 Stelle finisce sotto i riflettori, anche solo per un comportamento di dubbia coerenza. Soprattutto se i problemi sorgono a poca distanza dal “laboratorio Parma”, l’unico vero test per i “grillini di governo”.
«Era chiaro fin dall’inizio che dalla vittoria nella città ducale in poi il M5S sarebbe stati atteso al varco – spiega a IlSussidiario.net Andrea Ansaloni, parmigiano ed esperto di comunicazione politica –. Nella città stessa che si trova oggi ad amministrare (dai debiti del Comune, all’irrigazione delle aiuole, dall’inceneritore alla somministrazione delle bevande nei bar), ma anche sul piano nazionale. Ogni post del blog di Beppe Grillo viene infatti analizzato al microscopio dai commentatori in servizio permanente effettivo, a caccia del passo falso. Alla luce di un quadro direi piuttosto prevedibile emergono però due fatti: da un lato gli errori del Movimento 5 Stelle continuano ad esserci, dall’altro, se la “strategia di contenimento” dell’establishment non cambierà, il voto grillino è destinato soltanto a crescere».
Torniamo per un attimo al caso delle ospitate in tv che sarebbero state sovvenzionate da molte forze politiche, grillini compresi.
È l’esempio più classico di quanto dicevo prima. La prassi era piuttosto consolidata e se esiste un limite etico alla vicenda dovrebbe riguardare più gli editori e i giornalisti che gli stessi politici. Il caso però questa volta scoppia, proprio perché anche i grillini si adeguano al “sistema”.
Ora, penso che una forza politica possa scegliere in piena libertà come utilizzare le risorse attribuite ai gruppi consiliari o parlamentari per la comunicazione. C’è chi per esprimere le sue ragioni si fa pagare con i soldi dei cittadini un giornale, chi stampa volantini, chi, invece, sceglie di andare in tv, pagando. A mio avviso non c’è una grande differenza: L’Unità, Liberazione, Il Secolo d’Italia, le mille pubblicazioni locali, i convegni, gli opuscoli dei gruppi consiliari dei partiti sono costate meno ai cittadini? Mi sembra che stia prevalendo un moralismo “a comando” piuttosto fastidioso.
Tutto normale quindi, secondo lei?
Se vogliamo dire che i gruppi consigliari regionali, parlamentari e, in misura molto minore, comunali, dei partiti ricevono risorse pubbliche per personale e comunicazione che potrebbero invece essere usate per scuole, asili e servizi possiamo farlo. Probabilmente servirebbe, una volta per tutte, un sereno e costruttivo dibattito sul finanziamento pubblico nelle sue varie forme a partiti e forze politiche.
Se si vuole suggerire ai grillini che se vogliono continuare a farsi forza della loro (vera o presunta) diversità, dovrebbero smetterla con tutte queste pratiche, si può fare. Ma lo scandalismo mi sembra fuori luogo, anche perché veniva tutto documentato sul sito del Movimento.
Il “partito degli onesti” immaginato da Grillo non è però destinato ad andare in crisi a ogni occasione e a ogni pretesto?
Di certo il moralismo è un’arma a doppio taglio. «C’è sempre uno più puro di te che ti epura» diceva Nenni parlando del vecchio Partito comunista. Che sia una purezza spesso simulata nulla cambia, però è chiaro che il M5S è intriso di retorica e fondamentalismo moralista. Dall’altro lato i giornali locali non aspettavano altro che dare la notizia: “Anche i grillini ci cascano!”.
È una sorta di contrappasso. Il Movimento del comico genovese è destinato a raccogliere quello che ha seminato in questi anni. Essere dall’altra parte della barricata con i riflettori puntati potrebbe aiutare i grillini a capire che la realtà è più complessa delle loro semplificazioni. Che per risollevare il paese ci vogliono capacità, visione, coraggio, ma anche compromessi. Non basta non avere “ladri” tra le proprie fila.
Passando all’amministrazione della città di Parma, come procede il “governo grillino” della città? La tormentata formazione della giunta ha fatto notizia, dopodiché a livello nazionale è filtrato ben poco.
Il giovane sindaco Pizzarotti, e la sua squadra, si trova a gestire una situazione di certo non facile. L’impressione è che i nuovi amministratori stiano ancora cercando di capire dove sono capitati e si stiano per il momento concentrando sul metodo di governo. Non a caso i primi atti in cantiere sono la riduzione dei compensi di alcuni amministratori, lo stop ai benefit della politica e alle auto blu, la diretta dei consigli comunali, l’e-democracy su alcuni provvedimenti e la riorganizzazione generale della macchina comunale.
Per il resto, il Movimento è prudente perché sa che ogni errore verrebbe pagato sul piano nazionale alle prossime elezioni. Questo rende piuttosto difficile un giudizio sull’attuale amministrazione. In città tutti si chiedono se riusciranno a risanare i conti pubblici o se ne resteranno sepolti e se verrà risolta la questione dell’inceneritore. A mio avviso però l’aspetto più interessante della vicenda è un altro.
Quale?
Il rapporto tra società e politica sta cambiando. Il successo, o il fallimento, della stagione che stiamo vivendo a Parma si giocherà su questo punto. Ci sarà una rigenerazione della politica, che è chiamata a guardare meno alle rendite di posizione e alla ricerca del consenso e più all’interesse generale? E la società tornerà a fare la sua parte, nella costruzione di un rapporto più maturo tra cittadini e politica, in cui ognuno giochi il suo ruolo e persegua i suoi interessi in modo collaborativo, senza furberie? Questa è l’unica rivoluzione possibile. Certo, se l’unica arma per realizzarla è il moralismo, non si andrà lontano…