Da Napolitano a Monti. L’incontro inaugurale del Meeting di Rimini di quest’anno vedrà la partecipazione del presidente del Consiglio, a un anno dal discorso che il Capo dello Stato fece su quello stesso palcoscenico, anticipando ciò che poi sarebbe avvenuto all’interno del quadro politico italiano.
«Non si può comprendere fino in fondo l’iniziativa intrapresa dal presidente della Repubblica senza una valutazione molto attenta della crisi economica e sociale che stava attraversando il Paese – dice a IlSussidiario.net Emanuele Macaluso, storico esponente del Pci e già direttore de Il Riformista –. Se a distanza di un anno vogliamo fare un bilancio serio non possiamo che constatare che le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’incarico affidato a Mario Monti hanno salvato il Paese dal precipizio, anche se ovviamente i problemi non sono finiti».

Il premier secondo lei è stato all’altezza dell’investitura ricevuta dal Colle?



Potremmo dire, in estrema sintesi, che l’Italia non ha trovato il meglio, ma ha evitato il peggio. Dico questo perché ovviamente da parte del governo, in mezzo alla bufera, non sono mancati errori e defaillance. È un altro, semmai, l’elemento che è venuto colpevolmente meno.

Quale?

La politica. Gli obiettivi che erano stati prefissati all’inizio di questa nuova stagione erano molto alti: dalla legge elettorale alle riforme costituzionali, fino all’innalzamento dell’efficienza della politica stessa. Purtroppo le attese sono state deluse e la crisi italiana ha finito con il manifestarsi in forme più gravi rispetto a quelle degli altri paesi. Da noi infatti è emerso un intreccio tra crisi economico-sociale e crisi dei partiti che altrove non c’è, come dimostrano ad esempio Francia, Inghilterra e Germania. 



Nel discorso che il presidente del Consiglio terrà oggi si aspetta un rilancio per gli ultimi sei mesi della legislatura?

Credo che questo avverrà. Dalla giustizia alle questioni economiche e sociali si nota una ripresa d’iniziativa.
Mi auguro però che anche la classe politica si riprenda e ricostruisca dei rapporti a livello europeo in modo da dare risposte più complessive di fronte alla crisi economica globale e soprattutto a quella dell’eurozona.
Il passo è necessario, anche se, lo confesso, sono pessimista.
Detto questo, non resta che attendere le sue parole, anche perché il Meeting dell’anno scorso non anticipò soltanto la nascita del governo Monti.



A cosa si riferisce?

Agli attacchi ricevuti dal presidente Napolitano per la sua partecipazione a quello che alcuni definirono un “evento di parte”. A mio avviso, quelle erano le premesse pretestuose di una campagna che ancora oggi lobby e gruppi di potere stanno conducendo contro il Capo dello Stato per condizionare la politica italiana. Napolitano, come si vede in questi giorni, è ancora nel mirino di quelle forze che alimentano sapientemente l’antipolitica, il giustizialismo e si scagliano contro le istituzioni per influenzare il nostro futuro.

Anche per quest’anno attende nuove polemiche? 

A giudicare dal clima di questo Paese mi stupirei del contrario. Mi spiacerebbe però se l’obiettivo fosse il Meeting per il profondo rispetto che ho per il movimento fondato da Don Giussani e per quello che Cl ha significato in Italia in termini di coinvolgimento dei giovani, in una fase in cui la partecipazione e l’impegno, anche politico, ha avuto un crollo impressionante e preoccupante. 
Io stesso, in passato, ho espresso delle critiche quando mi è sembrato che Cl stesse perdendo la propria autonomia andandosi a inserire all’interno dello schema creato dal berlusconismo. Un’identificazione che, a mio avviso, non si era verificata nemmeno ai tempi della Democrazia Cristiana e dell’andreottismo. Credo che il movimento abbia sofferto di questo, mentre oggi sta riguadagnando in pieno la sua autonomia. 

Tornando al quadro politico, anche lei teme che la campagna elettorale ci riporterà presto alla rissa tra schieramenti contrapposti a cui ci eravamo abituati prima della parentesi tecnica?

Il rischio c’è. Per evitare che questo avvenga mi auguro che il centrodestra non candidi nuovamente Silvio Berlusconi. Non tanto per le sue disavventure o per il fatto che è sulla scena da circa vent’anni, ma perché ritengo che la riorganizzazione di centrodestra dei moderati italiani non possa che portare a un miglioramento della stessa sinistra. Con il Cavaliere in campo, infatti, anche i suoi avversari danno il peggio di sé.

(Carlo Melato)

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