Giorgio Napolitano ha colto nel suo messaggio al Meeting, così come fece con la sua partecipazione l’anno passato, la duplice essenza dell’aiuto che Comunione e Liberazione può dare alla rinascita dell’Italia (poiché di questo si tratta nell’Italia di oggi, e ogni energia a questo fine va indirizzata).
La prima spinta che può venire dal Meeting è infatti spirituale.



Troppo spesso noi osservatori esterni, magari laici come me, dimentichiamo che Cl è un movimento ecclesiale, motivato da una profonda fede non solo in Dio ma anche negli uomini, che anzi intende la religione come esperienza di vita, come esperienza storica, come esperienza di Gesù. Volgere un pensiero all’infinito non è forse inutile, neanche per noi laici, nella finitezza dell’epoca che attraversiamo.



Ma la seconda spinta, sulla quale chi rappresenta l’Italia come Napolitano non può che far leva, è l’ottimismo della speranza che promana dalla platea di Rimini, e dalla sua concezione della crescita non come combinazione numerica di fattori impersonali, ma come somma di “imprevedibili istanti” in cui il talento e il lavoro di ogni singolo uomo si traduce in crescita della comunità.

Da questo punto di vista – questo non c’è nelle parole di Napolitano ma mi permetto di aggiungerlo io – il Meeting è chiamato stavolta anche a riscattare il cosiddetto “Modello Lombardo” dalle vicende politiche e giudiziarie che l’hanno coinvolto, e la modernità e i successi che esso comunque ha mostrato. Concepire infatti un nuovo welfare, una “welfare society” al posto di un “welfare state”, è essenziale oggi proprio per salvare e qualificare quei concetti di solidarietà e di giustizia sociale cui tutti diciamo di ispirarci. Una sussidiarietà che lasci fare alla persona e alla comunità tutto ciò che persona e comunità sanno fare meglio e più umanamente dello Stato e del potere pubblico, è un elemento cruciale di quella rivoluzione liberale che il Presidente del Consiglio Mario Monti è andato a testimoniare proprio a Rimini.



Del resto Monti ha toccato non pochi punti ben noti alla sensibilità di Comunione e Liberazione. Innanzitutto il tema del disvelamento della crisi, ossia di una sua onesta e trasparente comunicazione agli italiani. Crisi che invece è stata troppo a lungo occultata o negata dai governi precedenti.

In secondo luogo, il discorso rivolto alle “generazioni perdute” e cioè a quei giovani che rischiano seriamente di essere tagliati fuori dal mondo del lavoro e della produzione per un’intera generazione. Il presidente del Consiglio è apparso su questo dar ragione all’allarme lanciato prima di lui da Giorgio Vittadini e riguardante l’eccesso di peso che lo statalismo e la burocrazia mettono sulle spalle delle persone, anche quando volessero fare da sole.

Un messaggio di speranza, dunque, anche se per l’Italia strettamente dipendente dalle vicende europee. Quel che è certo – e Monti lo ha detto – è che fuori dall’Europa l’Italia sarebbe solo più debole e più vulnerabile.

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