Torna alla ribalta, con un’intervista al presidente della Corte dei Conti Giampaolino pubblicata sul Corriere della Sera, il tema del controllo dei bilanci dei partiti. Un tema caldo, ovviamente, che anima i dibattiti dopo l’esplosione dei casi del tesoriere della Lega, Francesco Belsito, e della ex Margherita, Luigi Lusi. Per Giampaolino casi che hanno provocato sofferenza, visto l’uso improprio di tanto denaro pubblico. La soluzione? Per il magistrato sarebbe quella di affidare il controllo dei bilanci dei partiti alla Corte dei Conti. Ma non tutti sono d’accordo. Per l’ex ministro Gianfranco Rotondi, contattato da IlSussidiario.net, «non ci sarebbe nulla di scandaloso o di umiliante per i partiti se avvenisse ciò». Ci tiene però a ricordare come un controllo severo esista già, ed è quello effettuato dalla Camera. Inoltre, spiega, «bisogna cominciare a pensare che i partiti sono aziende come tutte le altre: il loro bilancio andrebbe affidato a professionisti seri del settore e non a politici».
Rotondi, che ne pensa della proposta di Giampaolino di affidare il controllo dei bilanci dei partiti alla Corte dei Conti?
Diciamo innanzitutto che l’attuale controllo che la Camera svolge non è affatto, contrariamente a quanto racconta la vulgata, un controllo formale e leggero. Anzi, interviene entrando nel merito e raramente c’è un bilancio di partito che non venga rinviato per ragioni formali o sostanziali. Quindi non mi sembra che il problema sia un insufficiente controllo da parte della Camera.
Qual è allora il problema?
Il tema semmai è diverso, ossia è la nostra mentalità che ci porta a rifiutare un principio ben preciso, che i partiti sono aziende come tutte le altre. Per cui richiedono amministratori che non siano dei politici ma professionisti e che rispondano a delle assemblee, magari non quelle tipiche dei soci ma piuttosto rispondano alla direzione nazionale del partito stesso.
Casi come quelli della Lega o di Lusi hanno però sollevato molte preoccupazioni…
In tutte le epoche e in tutte le attività, non solo in politica quindi, ci possono essere degli errori – alcuni commessi in buona fede, altri in malafede – e anche delle malversazioni. Ma una legge che metta al riparo da questi rischi non c’è e non potrà esserci.
Qualcuno ha detto che affidare il controllo dei bilanci alla Corte dei Conti sarebbe l’ultima spiaggia della politica…
La Corte dei Conti già controlla, è un organismo di controllo. Pensiamo ad esempio al governo: non è che un esecutivo si sente umiliato perché la Corte dei Conti lo controlla. Mi sembra che dire così sia una motivazione di natura speciosa.
Ma non si corre il rischio di ledere la libertà dei partiti?
Come ministro non mi sentivo certo umiliato perché la Corte dei Conti metteva sotto controllo i miei atti. I partiti hanno tutta la libertà consentita dalla legge, quindi la libertà nell’ambito di quelle che sono le norme di interesse. Non è che i partiti possano agire impuniti e scevri dai controlli…
Il presidente Giampaolino è però contrario a dare il controllo dei bilanci dei partiti a società ad hoc.
Credo che dobbiamo uscire dalla figura del tesoriere alla Severino Citaristi, il tesoriere che abbraccia tutte le croci. Intendiamoci, Citaristi è oggi sicuramente in paradiso perché nessuno ha mai neanche sospettato abbia rubato, nonostante sia stato il destinatario di 74 avvisi di garanzia, ma era quella figura di tesoriere che abbracciava tutte le croci, una figura se non ottocentesca, direi novecentesca. Oggi, secondo me, i partiti più che farsi certificare i bilanci dovrebbero affidarsi a professionisti seri.
In definitiva, qual è la sua posizione?
Trovo giusto un controllo e non trovo scandaloso né offensivo che lo faccia la Corte dei Conti.