Dopo i ripetuti appelli del Capo dello Stato, gli annunci e le smentite di Pd e Pdl e le proteste dell’opposizione, cresce l’attesa per conoscere i dettagli dell’ipotetico accordo sulla legge elettorale.
«Le recenti dichiarazioni del Senatore Calderoli non corrispondono alla situazione reale – spiega a IlSussidiario.net il vice presidente del Senato, Vannino Chiti –. L’intesa c’è, anche se bisogna ancora definire qualche dettaglio».



Senatore, ci può indicare i termini di questa convergenza?

Innanzitutto è stato fatto un passo in avanti rispetto al Porcellum, di cui verranno risolti i difetti. I più insopportabili consistevano infatti nelle liste bloccate e nelle soglie di sbarramento differenziate a seconda del fatto se un partito fosse interno o esterno a una coalizione.



Quali soluzioni pensate di adottare in questo senso?

Piccoli collegi per restituire la libertà di scelta ai cittadini e uno sbarramento unico del 5%. Resta da definire l’attribuzione del premio di governabilità: se dare cioè un 10% al primo partito, come vorrebbe il Pdl, o un 15% alla coalizione che vince le elezioni, come preferirebbe il Pd. Uno scoglio che comunque potrà essere superato in poco tempo.

Ci conferma quindi che l’intesa c’è?

Confermo, a condizione che non si ripeta quanto già avvenuto al Senato quando il Pdl cambiò idea all’ultimo e, grazie a un patto con la Lega, fece franare tutto.
Quella volta andò in fumo la riduzione del 20% del numero dei parlamentari, la differenziazione dei compiti tra le due camere e il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio. Se il Pdl non farà altri giochetti la nuova legge potrà essere approvata al Senato e alla Camera tra settembre e ottobre.

La Lega Nord accusa i principali partiti di lavorare a un disegno in senso bipartitico.



Il fatto che i partiti più importanti abbiano una responsabilità maggiore degli altri mi sembra naturale. Non penso però che sia corretto affermare che non si è tenuto conto delle osservazioni di tutti, Lega compresa. Mi spingo più in là. Sono disponibile a portare avanti un’ipotesi alternativa al 5% di sbarramento, ovvero l’8% in almeno tre regioni. Ci sono forze politiche, infatti, che hanno un insediamento territoriale e che potrebbero essere penalizzate, ma è interesse della democrazia garantire a tutti la rappresentanza che gli spetta.

Riguardo alla riduzione del numero dei parlamentari di cui parlava prima, secondo lei si può ancora fare qualcosa? 

I tempi sono stretti, ma si potrebbe tentare con una legge costituzionale stralcio sul taglio del 20% che era stato a suo tempo approvato. A quel punto basterebbero infatti tre mesi. 
Per il resto non abbandonerei l’idea di approvare la legge che dà attuazione all’art. 49 della Costituzione per dare ai partiti natura giuridica per costringerli a garantire trasparenza, rigore e democrazia interna.

Ritiene possibile anche un patto per la prossima legislatura?

Penso che sia doveroso. La riforma del parlamento, il federalismo, il ruolo delle regioni sono tutti temi che non potranno essere affrontati soltanto dalla nuova maggioranza. Aggiungerei a questo elenco anche il “pasticcio” sulla province realizzato dall’attuale governo a cui bisognerà rimediare. 
Insomma, la prossima legislatura non potrà che essere costituente, ma parlare di Grande coalizione non mi sembra pertinente, dato che anche in Germania è sempre stata l’eccezione, non la regola.  

Secondo molti commentatori politici, i tecnici stanno dando dei segnali chiari di non voler lasciare spazio al ritorno dei partiti. Secondo lei cosa resterà dell’esperienza Monti? 

Non posso fare previsioni riguardo alle scelte personali. A mio avviso però dovrà restare l’autorevolezza dell’Italia sul piano internazionale e una politica attenta al rigore e al risanamento. Detto questo, però, bisognerà compensare ciò che è mancato. 

A cosa si riferisce?

A una maggiore equità nel perseguire l’efficienza e a una maggiore attenzione allo sviluppo sostenibile e soprattutto al diritto di tutti al lavoro. 

(Carlo Melato)

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