Lo scontro elettorale si avvicina, e il Pd ha deciso che è tempo d’attrezzarsi. Il segretario Bersani, nel suo intervento alla festa del partito, ha lasciato intendere che le circostanze non gli consentiranno più di mantenere il suo consueto linguaggio cauto e conciliante. Specie con chi continua a insultare i democratici definendoli zombie e cadaveri ambulanti. Ovvero, i «fascisti del web», come li ha chiamati Bersani, aggiungendo: «Vengano qui a dircelo, vengano via dalla rete. Vengano qui». Benché non li abbia mai nominati, a tutti è apparso evidente il riferimento a Grillo, ai grillini e a Di Pietro. Grillo, dal  canto suo, tanto per non smentirsi, è passato immediatamente al contrattacco, dando a Bersani del fallito e dell’amico dei piduisti.  Nel discorso del leader democratico, in ogni caso, ovviamente, c’è stato spazio per molto altro. Dall’alleanza con Casini, alla legge elettorale, passando per il rapporto sempre più freddo con il governo Monti. Abbiamo fatto il punto della situazione con Peppino Caldarola, giornalista e profondo conoscitore della sinistra italiana.



Prima di Bersani, è stato Ezio Mauro su Repubblica a imputare a Grillo, all’Idv, e al Fatto Quotidiano linguaggi e modalità da estrema destra. E’ un caso o c’è una strategia comune?

Credo che la chiave interpretativa di tutto consista nella frase di Ezio Mauro in cui si riferisce alla sinistra come il “nostro campo” («l‘onda anomala del berlusconismo ha spinto nella nostra metà del campo (che noi chiamiamo sinistra) forze, linguaggi, comportamenti e pulsioni che sono oggettivamente di destra» ndr); significa che sia il direttore di Repubblica che il segretario del Pd sono convinti del fatto che a sinistra siano penetrate, assieme all’esercito dei giustizialisti, molte forze che vogliono scardinare la sinistra stessa.



Qual è, in ogni caso, lo scopo di Bersani?

L’epiteto “fascista”, nel gergo politico della sinistra, all’avversario cui viene attribuito sottrae legittimità e fa sì che gli venga negata qualsivoglia facoltà di dialogo. E’ pur vero che Bersani si è trovato costretto a rispondere a degli attacchi apparsi sul web, e non solo, francamente inaccettabili. Sta cercando, inoltre, di convincere il suo elettorato del fatto che con il mondo di Grillo e di Pietro non è in atto una finta lite ma uno scontro politico vero e proprio.

E con Sel?

Il Pd considera, invece, Sel non soltanto un alleato auspicabile ma, addirittura, un soggetto con cui fondersi.



E Casini? Bersani ha giurato che non lo sta incontrando e che non ha stipulato con l’Udc alcuna alleanza. Eppure, fino a pochi giorni fa, si sarebbe detto il contrario

Il fatto è che se la nuova legge elettorale premierà il partito che prende più voti con il 15% in più, come sta chiedendo il Pd, dichiarare prima delle elezioni con chi ci si intende alleare diventa del tutto inutile.

Bersani ha fatto presente che «il problema è avere la nuova legge elettorale. Ma non c’è nessun automatismo rispetto all’andare a votare subito»; cosa significa? Che, in ogni caso, non lo esclude? 

Eventualmente, si voterebbe a fine novembre. Ma, in tal caso, sarebbe necessario approvare prima la nuova legge elettorale e la legge finanziaria per dare l’impressione ai mercati del fatto che il Paese non è allo sbando. I tempi rendono queste due operazioni praticamente impossibili.

Bersani ha criticato l’azione del Consiglio dei ministri che, venerdì, si è limitato ad una manifestazione di buone intenzioni. Crede che il Pd si stia accingendo a rompere con il governo?

Non parlerei di vera e propria rottura. Ma, di sicuro, di una certa freddezza. E’ singolare, del resto, il fatto che l’unico ministro non invitato alla festa sia stato quello del Lavoro. Nonostante la Fornero, quando fu nominata, venne considerata proprio in quota Pd. Bersani, quindi, in questa fase preelettorale, ha scelto il profilo di chi, per responsabilità, ha consentito al governo Monti di svolgere la propria azione senza, tuttavia, identificarsi  in esso.  

 

(Paolo Nessi)