Qualcuno, e non soltanto nel Pdl, aveva sperato di esserselo dimenticato. Invece Giulio Tremonti è tornato all’improvviso, spargendo inquietudine soprattutto dalle parti del quartier generale berlusconiano, dove si tenta di riorganizzare le lacere truppe azzurre per metterle in grado di reggere con un minimo di onore il campo dell’ormai imminente sfida elettorale.



L’ex ministro dell’Economia ha rotto il silenzio degli ultimi mesi con un’intervista al Corriere della Sera molto critica nei confronti della riforma Fornero del mercato del lavoro, dove però la vera notizia politica sta nelle ultime righe. Lì c’è la conferma di una voce che correva a mezza bocca fra gli addetti ai lavori, che Giulio cioè non ha alcuna intenzione di ritirarsi ai giardinetti. Alle prossime elezioni ci sarà, e non con Berlusconi.



“C’ho come questa impressione”, è l’asciutta risposta alla domanda se intende ricandidarsi nel 2013. E la motivazione è una staffilata al suo ex premier: “Sono contro la politica antropomorfa. Ma molti vedono un grande spazio tra il ‘nuovo’ Pdl, che sta diventando molto antropomorfo, e una Lega che pare interessata a posizioni parecchio diverse da quelle espresse nel passato governo”. Più chiaro di così non poteva essere, e non solo nei confronti di Berlusconi. Addio anche alle cene degli ossi a Calalzo, o alle sagre della zucca a Pecorara ad Halloween, la Lega 2.0 è tutta diversa da quella precedente, Maroni non è Bossi, e anche dalle parti di via Bellerio qualcuno ha ragione a preoccuparsi di un Tremonti in pista.



Certo, molto delle intenzioni dell’ex titolare del dicastero di via Venti Settembre rimane ancora avvolto nel mistero, ma di certo la sua discesa in campo potrebbe catalizzare i delusi tanto del Pdl quanto del Carroccio. In entrambi i partiti i mal di pancia non mancano. E – nel caso del Carroccio – sono tanto autorevoli da riguardare persino il fondatore del movimento, Umberto Bossi, che di Tremonti è fraterno amico, anche se è oggi impensabile un senatur fuori dalla sua creatura.

Quel che oggi è impensabile può però diventare possibile, o addirittura plausibile domani. E Tremonti – innegabilmente – mantiene la capacità di dialogare con una certa parte dell’imprenditoria medio piccola del Nord, che dalla politica economica targata Monti-Grilli si è sentita penalizzata. Potrebbe alla fine attrarre, o congiungere la sua strada anche con gli euroscettici in doppiopetto alla Oscar Giannino, che faticano a organizzarsi. Le sue feroci critiche alle scelte filo europeiste a tutti i costi dell’esecutivo in carica in questo aiutano, mentre un freno potrebbe essere costituito dalle simpatie (e antipatie) personali.

Quel che appare oggi davvero difficile è che tornino ad incrociarsi e a unirsi le strade di Tremonti e di Berlusconi. Anche qui il fattore personale è decisivo, ed il rapporto fra i due è andato progressivamente deterioriandosi, toccando punte di gelo assoluto negli ultimi mesi dell’esperienza del governo di centro destra lo scorso anno.

Poco è cambiato, da quando – era il 4 novembre 2012 alla fine del G20 di Cannes – le orecchie più attente sentirono Tremonti sibilare un “Se non te ne vai, lunedì sui mercati sarà un bagno di sangue” a un Berlusconi che aveva evitato una risposta diretta alla domanda se non credesse opportuno un passo indietro suo e del governo.

La frase fu ufficialmente smentita, nonostante i testimoni. La resistenza durò ancora pochi giorni, e il Cavaliere ha sempre ritenuto il suo ormai ex ministro corresponsabile della sua caduta. Anzi, lo riteneva mosso dall’intenzione di soffiargli la poltrona di Palazzo Chigi.

Non è dunque un azzardo ipotizzzare una concorrenza diretta nel corteggiare l’elettorato moderato. A Tremonti per ora manca una struttura organizzata, ma non per questo pare destinato a dare meno fastidio al Cavaliere.