Ci sono stati gli appelli del Presidente della Repubblica, le intenzioni e le dichiarazioni, magari generiche, di buona volontà di molti rappresentanti delle forze politiche. Ma, arrivati a fine agosto, alla vigilia ormai della ripresa politica, la nuova legge elettorale, quella che dovrebbe mandare in soffitta il “porcellum” e cancellarlo, evoca immagini di altri tempi, quando si parlava del Cremlino o dell’omicidio del presidente Kennedy: “Sembra un mistero avvolto dentro un enigma e contenuto in un altro mistero”, ha detto, con il gusto del paradosso, Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera.
Perché le è venuta questa immagine, Polito?
Ma perché non c’è un dibattito franco e aperto in Parlamento e nel Paese su questo problema che è di estrema importanza. Poi possiamo fermarci sugli aspetti che conosciamo, quelli che sembrano dividere e unire le forze politiche. Ma, da quello che appare, si notano molte allusioni, molte cose non dette. Mi sono soffermato a pensare alla differenza con il dibattito che ci fu nel 1993, quando si approvò la legge Mattarella e si parlava di un nuovo progetto istituzionale. Fu anche un dibattito interessante, a tratti appassionato. Quello fu un dibattito ampio, in cui si facevano paragoni con esperienze e forme istituzionali straniere, di paesi a grande tradizione democratica. Oggi, quel tipo di interesse non si avverte più. Sembra che le attuali forze politiche debbano sistemare, qualche modo, i loro conti e tornaconti.
Non è certo un bel vedere, in una situazione concitata e convulsiva come questa per la politica italiana
Assolutamente no. Principalmente per due ragioni. La prima è che i partiti che oggi sono in Parlamento stanno rivelando tutta la loro difficoltà di rapporti, di sfiducia con un elettorato che è sempre più deluso, lontano dalla politica italiana. Il secondo è che ci sono due forze politiche, due movimenti, come il “Cinque stelle” e Sel in ascesa, che non hanno assolutamente intenzione di essere penalizzati da una nuova legge elettorale, magari “ricamata” su misura per le attuali forze politiche in Parlamento.
In quello che emerge da questo dibattito, piuttosto confuso e in parte reticente, ci sono alcune cose condivise e altre che dividono. Le divisioni sono principalmente tra Pdl e Pd.
Sostanzialmente, c’è un accordo per il ritorno al proporzionale. Poi ci sono diverse valutazioni sul premio di maggioranza, tra l’altro altissimo (15%), che dovrebbe andare al partito, come vuole il Pdl, o alla coalizione, come vuole il Pd. E qui, già si vede un primo calcolo politico immediato. Perché il Pdl non pensa più a una coalizione, che del resto non può fare, nemmeno con la Lega, mentre il Pd sta percorrendo la strada dell’alleanza con Nichi Vendola.
Poi, ancora c’è la questione del collegio uninominale
Che il Pd vuole, ma il Pdl non intende seguire, perché ormai è un partito dove ci sono gruppi che si mettono in concorrenza l’uno contro l’altro. Io credo che qualsiasi soluzione passi attraverso questa impostazione sia sostanzialmente pericolosa. Guardando i sondaggi, si scopre che due partiti possono arrivare al 25% e, allo stesso tempo, si può prevedere una situazione di tre forze politiche che sono al di sopra del 20. Alla fine, anche con un premio di maggioranza che sfida le norme di rappresentatività, c’è sempre il rischio di ingovernabilità del Paese. Mi ricorda il sistema elettorale della Grecia, dove si è dovuto votare due volte per formare poi una grande coalizione.
L’impressione è che si navighi a vista, nella confusione, e si voglia guadagnare tempo
In effetti, la sensazione è questa. La vicenda della nuova legge elettorale nasce dalla volontà di superare il “porcellum” che prefigurava, con tutti i difetti noti e stranoti, uno schema bipolare. Ora, questo schema non c’è più. Ma la questione della legge elettorale si è intrecciata a una possibile interruzione prima del tempo della legislatura, cioè al problema del voto anticipato. C’è chi pensa che, se ci fosse già adesso una legge elettorale nuova, si potrebbe andare a votare subito. Quindi, una forza politica come il Pdl, che non ha alcuna intenzione di andare a votare a novembre ad esempio, prende tempo, cerca di allungare i tempi di un possibile accordo per superare questa ipotetica scadenza delle elezioni anticipate.
Tutto questo evidenza un grande distacco tra politica e paese reale
Non c’è dubbio. Lo stato di sfiducia che oggi esiste tra questa classe politica e l’elettorato è più che evidente. Siamo di fronte a una grande frammentazione, a una grande confusione che nessuno ha il coraggio di affrontare realisticamente con delle risposte chiare. C’è anche una carenza di leadership. Il sistema sembra connotato dalle convulsioni finali, quelle della fine della cosiddetta seconda Repubblica. L’impressione che offrono oggi i partiti è di voler sistemare i loro conti e non di immaginare una soluzione funzionale agli interessi generali del Paese. La speranza è che, con la ripresa autunnale, questo clima politico si inverta e si trovino soluzioni condivise, realistiche e funzionali.
Che cosa pensa della linea che sta tenendo Pier Luigi Bersani
Credo che batta la strada della coalizione con Sel, nella convinzione che il risultato lo collochi al primo posto, tra gli schieramenti politica. A quel punto, dato che dovrebbe spettare a lui la prima parola dopo il risultato del voto, penso che cercherà di invitare i centristi di Pier Ferdinando Casini e entrare in un governo di coalizione.
(Gianluigi Da Rold)