Non si chiamerà “Polo della Speranza”, come ha chiarito Pier Luigi Bersani, ma l’intesa nascente tra Pd e Sel procede ormai a passo spedito. Antonio Di Pietro, messo alla porta, dovrà lasciare il posto a Pier Ferdinando Casini. Questo il progetto, sul lungo periodo, del segretario del Partito Democratico. Sulla strategia di Nichi, invece, l’area di riferimento di Sinistra e Libertà continua a nutrire qualche perplessità. «Non c’è il minimo dubbio: l’abbraccio del Pd segna la fine dell’esperienza di Sel – spiega a IlSussidiario.net il direttore de Gli Altri, Piero Sansonetti –. Personalmente ci avevo creduto molto, ritenendola interessante perché nata da una rottura forte con la vecchia tradizione comunista e con lo stalinismo. Vedevo in Sinistra e Libertà la strada per costruire una nuova sinistra libertaria, ma devo dire che l’epilogo è piuttosto triste».
Per quale ragione, direttore?
È molto semplice: Sel si scioglie nel Pd, ma non in nome di un’idea forte, come poteva essere nel 2008 dopo la sconfitta dei democratici. Cede a un atto di annessione. La speranza di una nuova sinistra, sulla scia delle idee di Fausto Bertinotti, quindi scompare.
Non solo, mi ha anche colpito in negativo, anche se come dicono era solo un “titolo”, la scelta delle parole: “Polo della Speranza”. A distanza di vent’anni la sinistra non è nemmeno in grado di inventare uno slogan nuovo e non sa fare di meglio che copiare quelli di Berlusconi? Se è così, tra il Polo della Speranza e quello delle Libertà, io scelgo il secondo.
Sul suo giornale in questi mesi l’Italia dei Valori è stata tenuta in grande considerazione, come forza “di sinistra”, a tutti gli effetti. Ora però le strade di Vendola e Di Pietro si dividono.
Sull’Idv evidentemente non mi sbagliavo perché a questo punto resta l’unica espressione della sinistra democratica. La fine della creatura di Vendola apre infatti un deserto in questo campo, che Di Pietro in parte può occupare.
Naturalmente la questione della libertà e del garantismo, a mio avviso, si pone adesso in modo più drammatico. Mi auguro che questo partito riesca a superare certe posizioni giustizialiste e antilibertarie che, dal mio punto di vista, costituiscono il suo punto debole.
L’alleanza Udc-Sel, impensabile fino a poco tempo fa, oggi viene quasi data per naturale da alcuni giornali. L’ipotetico scambio alla pari tra l’“Agenda dei diritti” e l’“Agenda Monti” la convince?
Non sono tra quelli che si scandalizzano per un’ipotetica alleanza con il centro. Se l’obiettivo è governare, cercare un accordo è nella natura delle cose. Il punto però sta proprio qui: è davvero questa la partita da giocare? Oppure, come dice Bertinotti: bisogna ricostruire la sinistra dopo una crisi durata vent’anni, piuttosto che trovare il modo per far tornare al governo i suoi rimasugli sconfitti.
Io la penso come lui, Vendola e Bersani evidentemente sono convinti che sarà il potere a rigenerarli. Per di più passando attraverso il “montismo”, l’esperienza politica più di destra che l’Italia abbia mai conosciuto dalla Liberazione ad oggi.
Ma hanno ragione i giornali di destra? Vogliono rifare il Pci?
Ma quale Pci? È solo tornato il Pds. Quel pezzo di sinistra che ha sembra combattuto quell’idea si ritrova oggi a realizzarla. Perché non farlo nel ’91 allora? E poi, politicamente, che differenza c’è tra Bersani di oggi e il Veltroni di tre anni fa? Sono domande a cui nessuno sta dando risposta.
Tornando al Partito Comunista, comunque, non molto tempo fa, ci ragionammo in numero intitolato “Aiuto! Torna il Pci”. Di fronte, al nulla, all’incapacità di affrontare la modernità c’era il rischio che la sinistra provasse a rifare il Pci. Sarebbe un’esperienza drammatica, che finirebbe per esaltarne i difetti più che i pregi. Una sorta di suicidio, simile a quello a cui stiamo assistendo in questi giorni.
Ma secondo lei, nascerà qualcosa di nuovo a sinistra, nel deserto di cui parlava prima?
Difficile dirlo, conosco bene il mondo della sinistra, ma i tempi sono così cambiati che quando sento dire che la “base” è critica con Vendola mi viene da ridere. La base non esiste più da un pezzo, al massimo c’è l’elettorato. Metà di quello non lo seguirà. Nella scelta del vendolismo c’era una certa dose di sovversione, che a questo punto si perde. Di Pietro è in condizione di raccogliere parte dell’eredità, ma non è detto che non si faccia avanti anche qualcun altro…
(Carlo Melato)