Per vincere a mani basse, probabilmente, non c’era bisogno di essere in più di due: Pd e Udc. Un’alleanza, per qualcuno, inopportuna e opportunista, combinata con l’unico obiettivo di accaparrarsi il governo, magari. Ma difficilmente tacciabile di estremismo. Anzi, piuttosto grigia e in linea con la sobrietà monocorde che va così di moda. Ma non si sa mai. Il centrodestra è, pressoché, allo sbando, è vero. Ma Berlusconi è sempre pronto a giocare brutti scherzi. Quello lì – han pensato -, va a finire che si inventa qualcosa e, alla fine, vince pure sta volta. E allora, meglio imbarcare chiunque ci stia. Per lo meno, si fa numero. Dentro Sel, quindi. Nonostante la sua entrata in gioco ridefinisca completamente i connotati dell’asse. E il centrodestra, intanto, che fa? Lo abbiamo chiesto al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti.
Tanto per cominciare: quante sono le chance di vittoria dell’asse Sel-Pd-Udc?
In realtà, non molte. Come tutte le operazioni costruite a tavolino, non è destinata ad avere successo. Gli elettori, del resto, comprendono benissimo la schizofrenia di un partito, il Pd, che si definisce socialdemocratico e conservatore e decide di schierarsi con una formazione radicale e dichiaratamente comunista.
Hanno imbarcato chiunque per il timore di perdere?
Mi pare di sì. Certo, considerando l’attuale frammentazione del quadro politico, non è neppure escluso che la sommatoria dei voti di tutte le componenti in gioco produca una maggioranza numerica. Ma non sarà mai una maggioranza politica.
Quindi? A quel punto, come reagirebbero i mercati?
Molto male. Hanno bisogno di chiarezza e stabilità. Ma l’eterogeneità di una coalizione del genere sarebbe tale da renderle impossibile governare. Se la immagina una riedizione della foto di Vasto con Casini al posto di Di Pietro? O l’elettore dell’Udc, che ha una scala valoriale precisa e un’identità molto forte, cui tocca di trovarsi nel proprio collegio il candidato designato da Vendola? Vale, ovviamente, anche il contrario: voglio vederlo l’elettore di Sel che vota Buttiglione…
Berlusconi farebbe bene a fare un passo indietro affinché l’Udc torni all’ovile?
Non è verosimile. Il centrodestra così come lo conosciamo esiste solo se a guidarlo è Berlusconi. Non è neppure pensabile che l’elettore del Pdl perda il proprio leader di riferimento per far spazio alle leadership di Casini.
Però, a questo punto, il Pdl si autocondanna alla sconfitta
Le elezioni le vince chi ha una leadership certa e un programma chiaro ed omogeneo. Il centrodestra, benché costituito da un mix di anime diverse – liberali, conservatori, cattolici, o federalisti – sul fronte della scala valoriale, delle scelte etiche o strategiche, non ha mai subito particolari fratture. Mentre, nella coalizione di sinistra, invece, per intenderci, hanno sempre coabitato (e a questo punto coabiteranno) filo-israeliani, filo-palestinesi e filo-kamikaze.
Lei parla di programma: all’epoca fu opposto al comunismo la rivoluzione liberale. E oggi?
L’arma è sempre quella. Non è che siccome un tentativo è fallito, il contenuto di tale tentativo va cambiato. I valori da difendere restano gli stessi: il Paese ha ancora bisogno di una grande rivoluzione liberale. Se non ci si è riusciti al primo – lungo – giro, ci si riprova. In questo, non vedo alcuna contraddizione.
Sta di fatto che, attualmente, il centrodestra dà l’impressione di essere allo sbaraglio
E, in parte, lo è, scosso da anni di logoramento e, non da ultimo, dalla scissione di Fini; detto ciò, ha ancora possibilità di vincere e non credo che sia necessario individuare formule magiche ma, semplicemente, dei contenuti adeguati. Solo successivamente, e a seconda delle legge elettorale, potrebbe risultare necessario ricomporre l’asse con la Lega o lanciare un ultimo appello a Casini. Ma si tratta di elementi decisamente secondari alla proposta semplice, chiara e liberale che dovrà essere definita.
Anche l’ipotesi di spezzettare il Pdl in una miriade di liste civiche sarebbe secondaria?
Direi che è stata del tutto accantonata. Dopo un esame iniziale, ci si è resi conto che gli elettori non avrebbero capito che bisogno ci sarebbe stato di votare liste di settore.
In ogni caso, la proposta di cui parla potrebbe essere avanzata ancora una volta, nonostante tutto, da Berlusconi?
Direi di sì. Per vincere servono 12 milioni di voti. Tolte poche migliaia, tutti gli altri hanno problemi con l’Imu, le tasse, le difficoltà ad arrivare a fine mese, la disoccupazione o la burocrazia. E voterebbero chiunque proponesse in maniera seria il modo per risolvere i loro problemi. Quando si dovrà scegliere se affidare il proprio Paese a Vendola e Bersani o a Berlusconi, non credo che nessun elettore di centrodestra avrà alcun dubbio. Anche se in questi ultimi mesi molto di lori sono rimasti delusi dall’ex premier.
Non crede che il ritorno in campo di Berlusconi possa danneggiare il centrodestra?
I sondaggi dicono il contrario.
Per inciso: Berlusconi, in questo periodo, non si fa vedere spesso in giro. Cosa sta facendo?
Mi è capitato nelle ultime settimane di vederlo o sentirlo. Direi che è concentrato, in forma. Dopo un momento di debacle in seguito alle dimissioni, è tornato padrone della situazione. Si sta preparando per la ridiscesa in campo e ha ritenuto di tirarsi fuori dall’attuale clima di bagarre.
E se il leader del centrodestra (ma anche del centro o del centrosinistra) fosse Monti?
Non ce lo vedo a scendere tra le gente a fare campagna elettorale… Al limite, i risultati delle elezioni potrebbero risegnare un quadro ove si renda necessario un punto di sintesi esterno ai partiti. Che, in ogni caso, non potrebbe essere lui. Lo spread è ancora sopra i 500 punti e le condizioni economiche del Paese non sono migliorate. Ha fallito, dimostrando di non essere la persona giusta per guidare il governo.
(Paolo Nessi)