L’entità delle incertezze e dei loro effetti sul tessuto collettivo è di gran lunga superiore a quella che politici ed economisti pensavano di aver definito; mentre buona parte di essi si ostina nel credere che poche ricette saranno sufficienti a salvarci dalla crisi, il capo della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco, ha prospettato un quadro decisamente più drammatico. Secondo il vescovo di Genova, infatti, nella prassi economica la logica del profitto si è ormai sostituita pressoché ovunque alla ricerca del bene dell’uomo mentre, sul fronte politico, la ricerca del consenso ha prodotto il prevalere di interessi settari e distorti. Le conseguenze di tutto ciò, «sono devastanti e la società si sfalda», ha dichiarato nell’omelia in occasione dell’apparizione della Madonna della Guardia. Secondo il cardinale, quindi, «è l’ora di una solidarietà lungimirante, dell’assoluta concentrazione sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione della politica e della partecipazione, della riforma dello Stato». Le valutazioni di Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera.



Perché, secondo lei, in via del tutto inedita, il presidente della Cei si è spinto a chiedere la riforma dello Stato?

Se interpreto le parole di Bagnasco secondo il mio sentire liberale, credo che non si possa fare altro che giungere ad una conclusione: lo Stato va riformato perché è molto meno laico della Chiesa. Essa, infatti, sostiene e introduce il libero arbitrio e la responsabilità individuale. Ciascuno è libero di peccare. Ne pagherà le conseguenze. Lo Stato, invece, cerca di mettere la tassa sulle bevande gassate nel tentativo di eliminare il “peccato” stesso. La riforma auspicata dal capo della Cei credo che consista, quindi, nel riposizionamento dell’individuo al centro; nient’altro, cioè, che la riproposta del messaggio cristiano.



Eppure, qualsivoglia riforma, tanto meno quella dello Stato, è ben lungi dall’essere realizzata. Ieri, tanto per cambiare, dalla riunione del Comitato ristretto sulla legge elettorale è emerso l’ennesimo nulla di fatto. Cosa manca ai partiti per pronunciarsi sul minimo indispensabile?

Parliamo di crisi della politica ma, in realtà, dovremmo parlare della crisi della cultura politica che sin qui è stata egemone ma, ormai, è stata sconfessata dalla storia; mi riferisco all’idea secondo cui lo Stato sia assimilabile ad un padre che fa il bene dei suoi figli. Esso, tuttavia, dovrebbe limitarsi a creare le condizioni per consentire a ciascun cittadino di ricercare la felicità e il benessere come meglio crede. All’assenza, quindi, di qualsiasi cultura politica si aggiunge l’assenza di leader in grado di trascinarci fuori dalla sacche della crisi, come quelli che operarono nell’immediato dopo guerra.



Tutto questo, manca nei partiti o in assoluto?

In assoluto. La cultura politica egemone ha reso i cittadini dei mendicanti sociali che si aspettano tutto dallo Stato, e analfabeti politici, inconsapevoli dei connotati della democrazia liberale.  

Quindi? 

Siamo destinati alla decadenza. Che non avverrà con un trauma, ma attraverso una lunghissima agonia. L’uscita dalla crisi è una menzogna inventata e fatta circolare dal governo in maniera analoga a quanto fece la nomenclatura sovietica mentre l’Urrs si stava dissolvendo. E si stava dissolvendo per le stesse ragioni italiane: non funzionava più nulla.

Bagnasco, in effetti, ha paventato il rischio del disfacimento della coesione sociale

Beh, del resto come può esserci coesione sociale in un Paese la cui imposizione fiscale è la più alta al mondo? E dove non è possibile creare un’impresa se non sovvenzionata dalla Stato. In un Paese normale, chi vuole fare imprenditoria, i soldi ce li mette di tasca sua, mentre in una società libera, la società civile ha una sua piena autonomia rispetto a quella politica; essa, infatti, produce ricchezza affrontando i rischi dell’impresa. Il sussidio dello Stato, invece, riduce gli imprenditori ad essere dei mendicanti e disincentiva quella competitività sana che consente di migliorare.

La Corte di Strasburgo ha bocciato parte della legge 40 benché il ricorso non abbia affrontato i gradi di giudizio prevista in Italia, come prassi vorrebbe. Per questo, il cardinale ha denunciato il surclassamento della nostra magistratura

Come le iniziative della Bce di sostegno agli Stati indebitati rappresentano forme di statalismo che contribuiranno a rendere i cittadini dei mendicanti, così le sovrastrutture tecnocratiche hanno dato forma ad una sorta di statalismo morale. Anche in tal caso, tali strutture dimostrano di essere meno laiche della chiesa. L’ombrello etico europeo non farà altro che renderci ancora meno liberi e meno responsabili. 

 

(Paolo Nessi)