Giorgio Napolitano non ha nulla da nascondere e non è ricattabile. Il Colle taglia corto e reagisce stizzito alle indiscrezioni pubblicate oggi dal settimanale Panorama riguardo il presunto contenuto delle telefonate tra il Capo dello Stato e l’ex ministro dell’Interno e vicepresidente del Csm Nicola Mancino, intercettate dalla procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte trattative tra Stato e mafia. Una campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del presidente della Repubblica, denuncia il Quirinale, a cui si aggiungono gli “autentici falsi” pubblicati dal periodico del gruppo Mondadori. Napolitano, chiarisce poi la nota, ha chiesto quindi “alla Corte costituzionale di pronunciarsi in termini di principio sul tema di possibili intercettazioni dirette o indirette di suoi colloqui telefonici, e ne attende serenamente la pronuncia”.  A chiunque abbia a cuore la difesa del corretto svolgimento della vita democratica, conclude il messaggio, “spetta respingere ogni torbida manovra destabilizzante”. IlSussidiario.net analizza l’intera vicenda insieme all’inviato de Il Giornale Stefano Zurlo, esperto di cronaca giudiziaria.



Zurlo, come giudica il dibattito e le polemiche in corso?

Purtroppo è noto che in Italia non vi è la certezza né del diritto né delle leggi, due aspetti che inevitabilmente vanno di pari passo. Vengono create leggi contorte che poi i giudici interpretano a loro piacimento e ovviamente a loro vantaggio. In una situazione come questa, quindi, con il suo intervento Napolitano tenta di mettere una pezza sul tema intercettazioni, da anni caratterizzato dal caos e dall’assenza di una legge chiara.



Uno strumento, quindi, il cui utilizzo è sfuggito di mano con il passare del tempo?

Esatto, si è insitito sempre di più, tirando in continuazione la corda. Tutto sembrava andare più o meno bene finché si intercettavano e si pubblicavano le conversazioni di Berlusconi, ma adesso che si è arrivati al Quirinale francamente la situazione sembra essere arrivata a un punto di rottura, con tutte le sue conseguenze. 

Cosa ne pensa della nota del Quirinale?

Il Colle non poteva che intervenire e giustamente ha sollevato il conflitto d’attribuzione. Resta però il fatto che ci troviamo in Italia, dove tutto è torbido e confuso, a parlare di un tema che va ben al di là della buona fede e della correttezza. E’ chiara la necessità di porre un freno, ma purtroppo bisogna confrontarsi da una parte con lo strapotere dei giudici e dall’altra con l’incapacità della politica, che per 20 anni ha predicato senza concludere nulla. 



E’ d’accordo quando si dice che la pubblicazione delle intercettazioni rappesenta un vero e proprio ricatto per Napolitano? 

Su questo andrei molto cauto, anche perché il ricatto si può mettere in pratica quando una persona è realmente ricattabile. Il testo delle intercettazioni ancora non è chiaro ma sono dell’idea che Napolitano non sia ricattabile solo per aver espresso alcuni giudizi personali, seppur taglienti, su Di Pietro o Berlusconi. Certo, la questione può essere vista anche da un altro punto di vista.

Quale?

Spesso, a seconda dell’interlocutore, si può cambiare tono e stile di linguaggio. In questo caso è chiaro che, nel momento in cui vengono espressi giudizi pesanti, tarati su certe personalità, si mette in evidenza anche una certa confidenza con Mancino, indagato per falsa testimonianza. A quel punto, anche se non si può parlare comunque di ricatto, si tratta però di imbarazzo o difficoltà.

Cosa pensa dell’attuale utilizzo delle intercettazioni?

Credo che in questo momento stia regnando una grande ipocrisia da parte della legge e degli stessi giudici: inizialmente è stato chiarito che un parlamentare non poteva essere intercettato, tranne che “indirettamente”, con il risultato che sono finite sotto indagine tutte le persone che entravano ad Arcore. Poi, con il passare del tempo, è stato via via un crescendo fino ad arrivare al Quirinale. Guardi, non mi stupirei se un giorno si arrivasse anche al Papa. E’ una sorta di Far West in cui si intercetta per anni, le parole vengono travisate e le frasi vengono pubblicate in modo sconsiderato sui giornali. Ma soprattutto è uno strumento che va a colpire tutti, anche il presidente della Repubblica. Sa che le dico? Meno male che siamo arrivati fino a Napolitano, così finalmente il problema è sotto gli occhi di tutti.

Che soluzione propone quindi?

Sia chiaro, non sto dicendo che bisogna attuare una legge punitiva, che le intercettazioni vanno abolite o che non devono essere pubblicate in alcuna circostanza. Sto dicendo che è chiara a tutti la necessità di elaborare un sistema più efficiente e corretto, un compromesso in cui non si vada a punire niente e nessuno, ma che finalmente possa risolvere parte di questo caos.

 

(Claudio Perlini)