Si è detto soddisfatto Nichi Vendola, e non poteva dirsi altrimenti, del fatto che Bersani lo abbia preferito a Casini. Nel corso della festa del Pd, il leader democratico aveva pronunciato una frase che difficilmente potrebbe dare adito a equivoci: «Provate a chiedermi chi sceglierei tra Vendola e Casini. Mi tengo Vendola» ha detto, facendo presente che, se il compito del Pd consiste nel ridefinire il campo dei progressisti e del centrosinistra, Casini, con tutto ciò, non ha nulla a che fare. «Non credo che sia una mossa tattica. Sono molto contento di come Bersani abbia tradotto un concetto politico, cioè la ricostruzione del campo dei progressisti sulla base di rapporti di lealtà e stima reciproche. Per me è la conferma umana e politica di una persona intellettualmente onesta e leale», ha commentato Vendola. Va da sé che le sue opinioni non sanciscono alcunché di definitivo. E, se il capo di Sel si dice convinto del fatto che la tattica non abbia nulla a che fare con le esternazioni di Bersani, l’onorevole del Pd Luigi Bobba afferma l’esatto contrario.



L’asse con l’Udc, fino a poco tempo fa, sembrava quello privilegiato rispetto a quello con Sel. Ora i rapporti di forza appaiono invertiti. Cos’è cambiato nel frattempo?

Ad oggi, non parlerei di un vero e proprio asse privilegiato con Sel. Il Pd ha sempre pensato che, per avere una maggioranza di governo, occorra disporre di un’ala sinistra quanto di un’ala moderata. Tuttavia, negli ultimi giorni, le affermazioni di Casini relative alla volontà di andare avanti con Monti, hanno posto in calcio d’angolo la premiership di Bersani,  imponendo una modifica alla sua tattica.



Eppure, sembra che Bersani abbia scelto inequivocabilmente con chi stare.

Ribadisco, si tratta, per lo più, di un gioco tattico. La situazione, infatti, appare ancora estremamente incerta. E, per dare al Paese un governo riformista, c’è bisogno di un’alleanza tra riformisti e moderati. Senza il centro, l’esecutivo non sarebbe in grado di proseguire nella sua azione.

Davvero?

No, per poter governare occorre un’ampia maggioranza numerica.

E con Sel non l’avreste?

Anche laddove fosse accettata la proposta del Pd di conferire alla coalizione vincente un premio di maggioranza del 15%, tutte le proiezioni asseriscono che la sola alleanza con Sel  produrrebbe una maggioranza risicatissima se non, addirittura, una non maggioranza. Qualunque sondaggio, infatti, prevede che il Pd prenda non più del 26-28% dei voti, mentre Sel non più del 6-8%. E’ facile rendersi conto di come, sommando i risultati nella migliore delle ipotesi e aggiungendovi un 15%, il risultato non consentirebbe di dar vita ad un governo solido. L’alleanza con il centro, quindi, resta la strada principale e obbligata. E questo Bersani lo sa molto bene.



In ogni caso, anche se di semplice tattica trattasi, Bersani ha espresso una preferenza che potrebbe tradursi in uno sbilanciamento a favore dell’impostazione programmatica di Sel, a scapito del centro. Non crede che tutto ciò, ai cattolici del Pd, sul fronte dei temi eticamente non negoziabili, ponga qualche problema?

Sicuramente, si tratta di temi problematici e critici. La vigilanza e l’attenzione ai quali, affinché non vi siano degli scivolamenti impropri, deve essere mantenuta. D’altro canto, le ricordo che il Pd, su tali questioni, ha approvato un documento in cui ha sancito un certo equilibrio. La nostra linea, quindi, è definita, non ce ne sono altre da inventare. Credo, in ogni caso, che il bipolarismo politico non debba trasferirsi ai temi etici; questi ultimi, infatti, hanno a che fare con le coscienze delle persone e con i valori delle nostre comunità e vanno sottratti alla contesa politica tra gli schieramenti.

Bagnasco, nella sua omelia alla Madonna della Guardia, ha detto che è il momento «della rifondazione della politica e della partecipazione, della riforma dello Stato»: a cosa si riferiva?

Credo che nel momento in cui parla di rifondazione dei processi partecipativi alla politica ponga l’accento su una questione decisiva: questa legge elettorale, assieme a tanti altri fattori, ha prodotto una delegittimazione della politica e una perdita di autorevolezza. E’ necessario, quindi, che affinché qualcuno sia in grado di governare realmente il Paese,  la politica riacquisti legittimità. In tal senso, la riforma della politica e quella delle istituzioni procedono pari passo; l’incapacità di dar vita a solide maggioranze in grado di disporre di un disegno e di portarlo a termine ha condotto, infatti, nella singolare situazione in cui siamo, ove la riforma delle istituzioni è stata a lungo sbandierata ma mai realizzata.

La Corte europea dei Diritti dell’uomo si è espressa, in primo grado, contro la legge 40 accogliendo le richieste dei ricorrenti senza che la questione fosse stata, in precedenza, dibattuta in tutti i gradi di giudizio della giustizia italiana. In tal senso, Bagnasco ha parlato di surclassamento della magistratura. Che ne pensa?

Spesso, la capacità di indirizzo della politica e la perdita di credibilità danno adito a episodi inediti di questo genere  e a evidenti invasioni di campo che mettono a repentaglio gli equilibri tra poteri di diversa natura. 

 

 

(Paolo Nessi)