Rompendo gli indugi e decidendo con chi stare, non senza dare l’impressione di una sostanziale inversione di marcia rispetto alla direzione assunta finora, Nichi Vendola ha ridisegnato i connotati della coalizione di centrosinistra. Spostandola a sinistra. Questo, almeno, sembra, il suo intento. Un’impressione rafforzata dalla recente video-lettera in cui si è detto convinto del fatto che, nell’alleanza, non ci sia spazio per l’Udc. «Non è l’esercizio di un diritto di veto, è una constatazione. Casini ha fatto un altro percorso, le sue posizioni ad esempio in materia di diritti civili sono state in questi anni antitetiche e alternative a quelle che il campo progressista ha potuto rappresentare». Probabile che si tratti di una semplice operazione per correggere il tiro rispetto alle aperture dei giorni scorsi. Sta di fatto che, per ora, sembra che si stia cercando di dar vita ad una riedizione del Pds. Abbiamo chiesto a Furio Colombo se le cose stiano effettivamente così.
Siamo di fronte ad un ritorno al passato?
In apparenza, tutto fa pensare ad un ritorno ad allora. In realtà, certe dichiarazioni e certe iniziative si assumono solamente perché è necessario farlo sotto la pressione di un’opinione pubblica disorientata che ha bisogno di un punto, anche di un punto qualsiasi, ove dirigere lo sguardo. E’ questa la ragione prevalente che detta il comportamento dei leader. Vale per Bersani, così come per il tentativo, finora fallito, del centrodestra di organizzare qualcosa che possa reggersi in piedi. Sta di fatto che Bersani si trova in una situazione piuttosto curiosa: qualunque cosa faccia, perde un pezzo del suo elettorato. Qualunque cosa faccia, fa la cosa sbagliata. Sia che si sposti a sinistra che verso il centro.
Nel frattempo, Di Pietro è rimasto isolato
Già, proprio lui che si era intestato una sorta di primogenitura rispetto a quella che sarebbe dovuta diventare l’attuale coalizione di centrosinistra, si è chiamato fuori in modo molto brusco e aggressivo.
Non crede che sia rimasto isolato suo malgrado?
Questa è un’impressione che si ricava dalla relativa benevolenza dei giornali. Poiché Di Pietro è notoriamente impetuoso e incapace di perdono, i quotidiani, con lui, sono prudenti, come lo erano con il Bossi dei tempi in cui la Lega contava e molte sue falsità venivano perdonate perché era vendicativa.
Di Pietro, è vendicativo?
Non dico questo, anzi. Ho stima e attenzione per l’Italia dei Valori. Ma le ostilità sono state dichiarate da Di Pietro, proprio nel momento in cui il Pd era meno forte e compatto. Lo ha fatto, in particolar modo, con l’avversione nei confronti di Monti. Viene da lui la rottura. E non, come viene percepito da alcuni commentatori, da Bersani; il quale, a un certo punto, avrebbe deciso di impiantare un nuovo sistema di alleanze. Non dimentichiamo, infatti, che l’attenzione nei confronti dell’Idv fu tale da spingere Veltroni, a inizio legislatura, a proporre una fusione dei due gruppi. Ma l’Idv decise di costituire il proprio.
Una tensione antica
Risale agli inizi, si è protratta nel tempo, e si è costituita di numerosi strappi da entrambe le parti. Si tratta di una constatazione oggettiva derivante, tra le altre cose, dal fatto che alla Camera sediamo vicini, solo un corridoio ci divide. Se anche fossi distratto, Di Pietro è talmente tonante e impetuoso che sarei comunque costretto a prestargli grande attenzione. Al di là di tutto, ogni considerazione potrebbe ben presto rivelarsi fallacie.
Cosa intende?
Credo che da qui alle elezioni si produrranno cambiamenti talmente drammatici da invalidare ogni previsione. Non sappiamo con che legge si andrà a votare né se lo sforzo di Monti e Draghi ci porterà più vicini o più lontani dalla soluzione. Non escluderei, quindi, il ritorno di un’alleanza fondata sull’ipotesi che stiano insieme coloro che già in passato lo erano stati. E che, questa volta, lo saranno con più forza. Trovo verosimile un riavvicinamento piuttosto che una frattura perenne. Entrambe le parti, stanno ragionando basandosi esclusivamente sull’immediato.
A questo punto, non si può escludere neppure la grande coalizione
La variabili sono drammatiche e ancora da compiersi; basti pensare che ci troviamo in una situazione internazionale che, fino ad un anno fa, non avremmo mai descritto come la peggiore delle ipotesi. Se continua questa progressione esponenziale del moltiplicarsi delle incertezze e dello smottamento sistematico dei capisaldi, la sinistra potrebbe radicalizzarsi; potrebbe anche accadere che si corra tutti al centro al grido di “salviamo il salvabile!”.
Perché Vendola ha deciso di allearsi con Bersani? Molti sostengono per pura convenienza. Con il Pd, infatti, ha buone possibilità di governare, con l’Idv sarebbe rimasto a sua volta isolato
Non la vedo così. Nessuno contempla la battaglia da sopra la collina. Sono tutti dentro, in una situazione abbastanza confusa. Credo che ciò che sta dettando la nuova sorprendente moderazione di Nichi Vendola abbia a che fare per analogia, o per contiguità di fenomeni, a quanto sta accadendo nel mondo sindacale.
Ci spieghi meglio
A Taranto, la manifestazione è stata distirbata da alcuni Cobas. Ma la maggior parte di essi ha preso parte ad un’immensa manifestazione unitaria come non si vedeva da tempo, inimmaginabile ai tempi di Sacconi, che di volta in volta riusciva a portarsi via due sindacati; o ai tempi di Marchionne, che sarebbe riuscito a isolare la Fiom. Si è determinato un riavvicinamento determinato da un’istintiva percezione del pericolo. Troppa gente lasciata fuori dal recinto della cose che devono realizzarsi insieme pone un problema di squilibrio. Da quando i sindacati hanno iniziato a stare insieme, del resto, il peso del mondo del lavoro è diventato molto più importante di un anno fa.
Crede, in ogni caso, che Sel e l’Udc riusciranno a convivere nella stessa coalizione?
Rispetto alle storie dei rispettivi partiti, credo che produrrà molto più disorientamento tra i propri elettori e molti più danni l’avvicinamento dell’Udc a Vendola rispetto dall’avvicinamento di Vendola a Casini. L’Udc, del resto, ha un ruolo favoloso quando le circostanze sono critiche, ma a rischio di violenza e tempesta è tipiedo, mentre il corso degli eventi non si sposta né drasticamente a destra né drasticamente a sinistra; in tale contesto, riesce a farsi notare e ammirare, ammonendo con grandi e saggi discorsi. Quando si tratta di decidere, si trova in difficoltà.
Pensa che ci potrebbero essere dei contenuti programmatici in grado di mettere a rischio l’intesa?
Direi di no. Quando mai una delle componenti presenti in Parlamento ha mai affrontato i temi eticamente sensibili? Per il resto, il legame con l’Europa è tale da rendere ogni movimento praticamente obbligato. I percorsi programmatici saranno estremamente intermedi, moderati, e limitati ad una gamma ridotta e tollerabile secondo le istanze internazionali. Non si potrà promettere lavoro, sviluppo, cambiamenti sul fronte della tasse e delle spese.
(Paolo Nessi)