Non si placano in Germania le polemiche sulle parole usate dal premier Mario Monti nell’intervista al Der Spiegel. «Se la Germania e altri Stati hanno interesse che l’attuale politica in Italia abbia un futuro – aveva dichiarato il presidente del Consiglio – dovrebbero lasciare più margini di flessibilità a quei Paesi dell’Eurozona che si attengono con maggior precisione alle indicazioni europee». I timori di una disgregazione dell’euro a causa della crisi sui debiti pubblici «non sono condivisi», ha fatto sapere il portavoce di Angela Merkel, Georg Streiter, mentre il segretario della Csu bavarese, Alexander Dobrindt, ha parlato addirittura di «attentato alla democrazia».
«Credo che il pensiero di Monti riguardo ai parlamenti nazionali sia stato equivocato – spiega a IlSussidiario.net Maurizio Sacconi, ex ministro del Welfare e senatore del Pdl –. Detto questo, dobbiamo uniti contrastare tutti quelli che stanno portando avanti l’idea di un’Europa pantedesca».
Quale dev’essere secondo lei l’atteggiamento dell’Italia verso l’Europa in questa fase?
Credo che il nostro Paese debba perseguire una politica di alleanze che isoli quella parte degli ambienti istituzionali e politici tedeschi che rifiutano un corretto scambio tra stabilità e disciplina fiscale, senza oneri aggiuntivi e ingiustificati, quale l’Italia chiede. Una Germania che volesse cercare soltanto i vantaggi che le derivano da questa situazione, o che peggio ancora pensasse di poter fare shopping a buon mercato di asset italiani, deve essere isolata. Altrimenti la diffusione di sentimenti anti-tedeschi in tutti i paesi europei sarebbe inevitabile. Come ha detto Monti, questo sta già avvenendo. Basti pensare alla campagna elettorale francese, nella quale Sarkozy è stato sconfitto largamente in ragione della sua subalternità nei confronti della Germania.
A quali ambienti si riferisce?
Le cito un nome, ma in positivo. Helmut Schmidt, nel recente congresso della Spd, ha fatto un discorso illuminante ricordando che la Germania ha un estremo bisogno di essere fino in fondo europea per proteggersi anche da se stessa. Quando, infatti, la Germania ha vissuto rapporti di forza eccessivamente squilibrati a proprio favore, i problemi non sono mancati.
Il nostro Paese ha peraltro bisogno di un recupero di sovranità nazionale, funzionale a una prospettiva europea.
Cosa intende?
Mi riferisco a un’agenda della sovranità nazionale, che dipende solo da noi, articolata in tre temi. Innanzitutto l’abbattimento drastico del debito, sulla base delle proposte recentemente formulate dal Pdl, che significherebbe una riduzione significativa della nostra dipendenza dall’esterno. In secondo luogo le riforme istituzionali: dal binomio presidenzialismo-federalismo, che possa rendere possibile una democrazia governante articolata in autonomie responsabili, alla legge elettorale. Infine, il necessario riordino del rapporto tra i poteri dello Stato, per superare l’anomalia giudiziaria che ultimamente ha investito persino il Presidente della Repubblica.
Non crede che queste proposte siano fuori tempo massimo?
Il mio è un auspicio alla condivisione. L’agenda di cui parlo dovrebbe essere necessariamente bipartisan ed e’ una sfida rivolta soprattutto al Pd.
Nella prospettiva di una Grande coalizione?
Non ho detto questo per un motivo molto semplice: sui punti che ho appena elencato credo che ci dovrebbe essere un’intesa. Per quanto riguarda invece il tema dello sviluppo è giusto che ci sia un confronto tra due idee contrapposte che stanno emergendo con grande chiarezza. Da un lato una cultura profondamente ostile all’impresa, considerata come mezzo di sfruttamento del lavoro, che vede in prima fila parti consistenti dello stesso Pd, del sindacato e della magistratura (basti pensare ai provvedimenti giudiziari presi su Taranto e Pomigliano). Dall’altro chi, come noi, pensa che l’impresa sia non solo funzionale alla produzione della ricchezza, ma anche un luogo comunitario di interessi e di valori. E come tale meriti una regolazione di favore.
Lo scontro tra gli schieramenti quindi ci sarà e si giocherà tutto su questo punto?
Ne sono convinto. Nel nostro Paese esistono ancora delle forze ostili all’impresa e devono essere sconfitte. Su tutto il resto, lo ripeto, il Pdl è disponibile a dialogare.
E con quale legge elettorale si potrà competere?
Mi auguro che si arrivi a un’intesa. Ad oggi, stiamo andando verso un premio al primo partito, sia in termini di incremento di seggi, sia nel suo ruolo primario per la costruzione del governo.
In questo scenario lei crede davvero che l’Udc si schiererà con il cosiddetto “Polo della speranza” formato, per ora, da Pd e Sel?
Purtroppo vedo nella posizione dell’Unione di Centro un ostinato tatticismo. E questo mi preoccupa perché se questo atteggiamento è naturale in tempi di stabilità non lo è quando l’economia e le istituzioni non sono al sicuro.
In questo momento storico ancor piu’ i valori fondanti della nazione non possono essere confinati in una dimensione laterale perché se si dovesse ulteriormente sviluppare una domanda di trasformazione dei desideri privati in diritti pubblici l’Italia sarebbe condannata al declino. A mio avviso, invece, la società italiana ha bisogno di riscoprire elementi di vitalità a partire dal valore stesso della vita. Non c’è vitalità economica e sociale, se non si parte da una visione antropologica positiva. Casini ci pensi bene.
Porre l’accento sul tema dell’impresa significa lavorare affinché le strade di Pdl e Lega Nord possano incontrarsi di nuovo?
Io lo vorrei molto, ma anche nel Carroccio vedo molto tatticismo. A difesa delle ragioni dell’impresa dovremmo convergere naturalmente, anche perché sono convinto che ciò che va bene al Nord vada bene all’Italia intera. Non è un’espressione di corporativismo territoriale, ma un’affermazione che tiene presente le ragioni delle zone più arretrate economicamente.
Per quanto riguarda invece il Popolo della Libertà, l’ipotesi in campo è davvero quella dell’ennesima ricandidatura di Silvio Berlusconi?
Guardi, sono convinto che il problema principale resti quello delle alleanze. Purtroppo, allo stato delle cose, il tatticismo della Lega e dell’Udc si fa complice della possibilità che il Partito Democratico arrivi primo, con i conseguenti vantaggi di cui parlavamo prima. Credo che sia questo il tema da affrontare. Le candidature, in fondo, sono una conseguenza…
(Carlo Melato)