Un vertice europeo straordinario per contrastare il crescente populismo, che si trasforma in “rigetto” verso l’Europa con il chiaro obiettivo di “dis-integrare” l’Unione. Il presidente del Consiglio Mario Monti lancia l’allarme anti-europeismo, trovando l’immediato appoggio di Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo che, al termine di un incontro a margine dei lavori del Forum Ambrosetti di Cernobbio, raccoglie soddisfatto la proposta del premier. Euroscettici e populisti tornano però a farsi sentire rilanciando un referendum sull’Euro, idea già formalizzata dalla Lega e ribadita sia da Roberto Maroni che da Beppe Grillo. Nei giorni scorsi era stato Romano Prodi a dirsi convinto del fatto che un referendum del genere avrebbe visto uscire perdenti tutti i suoi promotori, scatenando ovviamente la risposta del leader del M5S: “Se si tenesse un referendum sull’euro io avrei già vinto”, scrive Grillo. “Il mio obiettivo è che gli italiani possano decidere su temi fondamentali come l’euro senza delegare il loro futuro a un gruppo di banchieri e politici”. Nel dibattito è entrato poi Roberto Maroni, il quale taglia corto e se la prende direttamente con Monti: “Ha una concezione della democrazia un po’ particolare. – dice il segretario della Lega rivolto al premier – Non è populismo il fatto che il popolo dica la sua sull’euro e sull’Europa, è democrazia”. “Noi – ricorda poi – chiediamo che i popoli dell’Europa si esprimano sull’Euro e sul futuro dell’Europa e pensiamo che il suo futuro debba essere diverso da quello che hanno in mente Monti e la Bce, un’Europa federale e democratica, un’Europa delle regioni e non uno Stato Unico d’Europa”. Proprio per questo, spiega Maroni, “la Lega ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare che chiede di abbinare alle prossime elezioni politiche un referendum sull’euro e sull’Europa”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento ad Andrea Morrone, professore di Diritto costituzionale presso l’Università di Bologna e presidente del Comitato referendario con cui si tentò nel corso dello scorso anno di modificare l’attuale legge elettorale. «Al di là delle opposte valutazioni, proposta populista e demagogica da un lato e coerente a un sistema democratico dall’altro, credo che la crisi economico-finanziaria e l’attuale contesto giustifichino poco il ricorso a uno strumento semplicistico come quello di un referendum, con il quale viene consentita solamente un’alternativa secca, o sì o no». Secondo Morrone è dunque opportuno utilizzare strumenti più approfonditi di discussione, secondo le procedure tradizionali. «Lo schema semplicistico che vi è dietro l’opzione di un referendum rischia di rivelarsi del tutto inadeguato di fronte a una questione che presenta profili e interessi molto problematici», ci spiega subito prima di analizzare le parole di Maroni, secondo cui non è populismo “che il popolo dica la sua”, ma democrazia.
«Il discorso di Maroni – ci dice Morrone – presuppone che le istituzioni democraticamente elette abbiano perduto di senso, le stesse che tra l’altro hanno in passato contribuito a eleggere anche i rappresentanti della Lega di cui molti esponenti, Maroni compreso, hanno fatto parte del governo nazionale fino a un anno fa. Bisogna fare molta attenzione nell’utilizzare il ricorso alla democrazia diretta perché in realtà non vi è alcuna opposizione tra le istituzioni democratiche e la democrazia referendaria: il popolo e le istituzioni sono componenti coessenziali di un sistema di potere democratico e il referendum è lo strumento che serve proprio ad andare di pari passo con le decisioni delle istituzioni». Quindi, conclude Morrone, «è giusto dire che il popolo ha diritto ad esprimersi, ma normalmente lo fa proprio attraverso le istituzioni, le quali non mi risulta abbiano espresso posizioni antieuropeiste. Anzi, il processo che abbiamo sotto gli occhi vede impegnati i governi di tutta Europa, appoggiati dal consenso popolare, nel voler radicare ulteriormente le istituzioni europee, moneta compresa».
(Claudio Perlini)