Con o senza una nuova legge elettorale, con un senza l’eventuale, ma sempre più improbabile, scioglimento anticipato delle Camere, le elezioni sono imminenti. Pochi mesi al massimo e una nuova maggioranza parlamentare indicherà il prossimo governo. O no? Nell’incertezza assoluta che connota la società, specie sul fronte occupazionale, solo l’inamovibilità e l’immobilismo dei partiti restano uguali. Forse, qualcosa è peggiorato. Monti gli ha tolto le castagne dal fuoco e, in futuro, perché dovrebbero voler tornare a incidere? Un perché c’è, e ce lo spiega Luciano Violante.



L’impressione è che il dibattito sulle riforme si sia arenato. A che punto siamo?

Si era partiti, tra Pdl, Pd, Udc e Fli, dalla presentazione di un disegno di riforma costituzionale comune e da un’intesa di fondo sulla legge elettorale. La prima è stata sabotata dalla presentazione ex abrupto di una proposta di presidenzialismo che ha bloccato tutto, compresa la riduzione dei parlamentari; la seconda, che avrebbe dovuto favorire l’insediamento di maggioranze stabili, si è impantanata per quella che mi sembra la nuova linea comune tra Udc e Pdl.



Quale?

L’impressione è che entrambi tendano a realizzare una legge di natura proporzionale al punto da favorire l’assenza di una maggioranza politica e la necessità di ricorrere alla grande coalizione. Il terreno del conflitto non consiste più nella ricerca delle regole migliori, quanto dell’obiettivo che si vuole perseguire. Noi siamo convinti che vada perseguito quello della ricerca di una maggioranza politica. Udc e Pdl, quello della grande coalizione, per poter partecipare al governo del Paese indipendente dal voto degli elettori.

I rapporti del Pd con l’Idv si sono congelati, quelli con Sel si stanno raffreddando. Anche se vi confermaste come il primo partito, poi, con chi governereste?



Con chi condividerà il nostro programma elettorale. Ma ripeto, molto dipenderà dalla legge elettorale. Se assicurerà, ad esempio, un premio di maggioranza cospicuo al primo partito, gli elettori saranno incentivati a votare quelli maggiori.

Quante chance dà ad un secondo mandato di Mario Monti?

Ipotecare il futuro del premier non mi pare rispettoso nei suoi confronti. Molto, in ogni caso, dipenderà da chi vincerà le elezioni e da come le vincerà. Se ci sarà una maggioranza politica stabile di centrosinistra, non credo che la presidenza del Consiglio sarò riaffidata a Monti. Laddove per colpa o nonostante la legge elettorale non si riuscisse a formare una maggioranza di governo, si aprono una serie di possibilità tra cui anche, ma non necessariamente, quella di un secondo mandato a Monti.

Ieri il premier ha manifestato il timore che, nonostante tutti gli sforzi e i sacrifici, tutto possa tornare come prima. E in effetti, in questi mesi, i partiti non sembrano aver dato gran prova di voler riacquisire l’autorevolezza e la serietà di un tempo

Vorrei ricordare che in questi mesi, Palazzo Chigi non ha agito in solitaria. Il Parlamento ha approvato una per una le leggi del governo Monti; che, dal canto suo, ha proposto misure estremamente coraggiose. Ma che, in seguito, sono state esaminate, emendate e varate dai gruppi parlamentari. Temo che questo processo non sia stato colto in tutta la sua complessità.

Per la verità, non è stato colto per nulla…

Eppure, il fatto che Pdl, Pd e Udc abbiano votato assieme, ha rappresentato una prova di grande responsabilità.

Quello che lei indica come manifestazione di responsabilità, in molti lo identificano come l’abnegazione al proprio compito

La percezione, effettivamente, è questa. Ma la realtà è un’altra. Il Pdl avrebbe potuto preferire andare subito alle elezioni, e perdere meno allora di quanto perderà ora; e il Pd, avrebbe potuto vincerle e andare al governo già mesi fa. Vincendo, con il Porcellum, a mani basse. Eppure, nessuno di noi ha fatto questo ragionamento. Abbiamo preferito collaborare nell’interesse del Paese.

Eppure, non siamo ancora ai livelli di autorevolezza di un tempo

Questo è vero. Occorre, infatti, ben altro e in ben altri tempi. I partiti dovrebbero avere due funzioni: quella di raccordo tra le società e le istituzioni, e la competizione per il governo. Progressivamente, la prima funzione è andata persa.

Perché?

Dalla fine degli anni ’60 sono emerse nella società spinte completamente inedite, per allora, quali il femminismo  o l’ecologismo o il pacifismo o, in termini del tutto diversi, la violenza politica; si trattò di fattori che i partiti non seppero interpretare. E, persistendo nella convinzione di poter disporre della società italiana, se la sono vista scivolare via dalla mani.

Come ripristinare, quindi, il prestigio e le funzioni di un tempo?

Entrando nelle pieghe della società italiana, riprendendo con essa un rapporto effettivo, dialogandoci e comprendendone i problemi reali.

Come fa Grillo?

No guardi, Grillo e Di Pietro stanno cavalcando il malcontento e il disagio aggiungendo rabbia a rancore, ma senza fornire alcuna lettura ragionevole della società.

Quindi, come crede che si possa arginare il fenomeno del grillismo?

Tornando a parlare alla società italiana dei suoi problemi reali. Dandole una legge elettorale che le consenta di scegliere i propri rappresentanti. E prendendo un impegno serio per varare, nella prossima legislatura, le riforme promesse in questi anni. 

 

(Paolo Nessi)