Non lo dicono, ma lo temono. Che bisogno aveva Berlusconi, altrimenti, di decantarne le lodi? «Porta avanti le nostre idee – ha detto – e se dovesse vincere le primarie si verificherà un miracolo: il Pd diventerà finalmente un partito socialdemocratico». Chiaro, voleva “bruciarlo”. Pure gli over 60 del Pd, schierati pressoché all’unisono contro Renzi, e principale oggetto della sua “rottamazione”, qualche timore iniziano ad averlo. Specie da quando ha osato quello che nessuno poteva pensare: invitare gli elettori del centrodestra a votare per lui. Per ora, ovviamente, non è possibile. Non legittimamente, visto che parliamo pur sempre di primarie di coalizione. Si tratta di un futuro prossimo, ma la suggestione è stata notevole. E, in molti, si domandano quanto l’operazione dell’enfant prodige sia il frutto della sua originalità nello sparigliare le carte, e quanto sia debitrice nei confronti di Giorgio Gori, fondatore della casa di produzione televisiva Magnolia, curatore della comunicazione del sindaco di Firenze e considerato la vera anima del “renzismo”. Lo abbiamo chiesto direttamente a Gori.



Qual è l’idea di fondo della strategia comunicativa di Renzi?

Lui, già di per sé, è un grande comunicatore. E’ abituato a stare in mezzo alla gente. E a parlare con un linguaggio comprensibile da chiunque, lontano da quello della politica tradizionale. L’obiettivo di fondo, quindi, consiste nel non alterare tale naturalezza.



Al di là degli aspetti legati alle sue capacità, ci sono dei fattori che riflettono messaggi ben precisi, si direbbe messi a punto da dei professionisti. Ad esempio, perché avete escluso dalla campagna elettorale i colori tradizionali del Pd, il rosso e il verde?

Abbiamo preferito richiamare i colori del Partito Democratico americano, uno dei riferimenti della concezione che Renzi ha della sinistra.

Come è nato lo slogan “adesso!”?

Tanto per cominciare, va detto che Renzi, con molta onestà, ha ammesso che, effettivamente, già Franceschini, che lui aveva votato, lo aveva utilizzato. Ma non se ne ricordava. Segno evidente del fatto che, in quel caso, la comunicazione fu scarsamente efficace. In ogni caso, si è voluto sottolineare la perentorietà dell’invito, per far intender che, al di là delle elezioni politiche, ancora da venire, già adesso si sta giocando una partita molto importante: la mobilitazione di tutti i potenziali elettori del centrosinistra.



Renzi si è rivolto persino a quelli del centrodestra…

I giornali hanno messo l’accento su un breve passaggio del suo discorso. Sta di fatto che, con quel richiamo, ha inteso esprimere uno sguardo non ideologico sulla natura della competizione. Ha concretamente ricordato, infatti, che nelle ultime tre elezioni la sinistra ha perso due volte, e una, sostanzialmente, ha pareggiato. L’unica possibilità di vittoria quindi consiste nel far leva su quegli elettori che, in passato, non hanno votato o hanno votato il centrodestra rimanendone delusi.

Perché ha scelto di viaggiare in camper?

E’ un modo per dare fisicità alla campagna elettorale. Per ribadire che la politica non è solo comunicazione, ma è fatta anche di relazioni, rapporti umani, contatti con la gente.  

Sul piano della comunicazione, non crede che sia, in qualche misura, debitore a Berlusconi?

Per decenni ci siamo abituati ad una politica che comunicava un messaggio incomprensibile ai più mentre, negli altri Paesi del mondo, avveniva il contrario. Il passaggio ad una comunicazione efficace si dovette effettivamente, nel ’94, a Berlusconi. Tuttavia, credo che, anche senza di lui, prima o poi si sarebbe dovuto comunque cambiare registro. Non dimentichiamo, inoltre, che Berlusconi è stato protagonista di una stagione in cui il veicolo della comunicazione era principalmente la televisione, di cui disponeva in quantità. Oggi, siamo andati ben oltre quella fase. Non che la tv non conti più nulla, ma gli strumenti si sono decisamente evoluti.

Chi vince le primarie?

Secondo me, Renzi…

Eppure, è opinione condivisa che la forza e la strutturazione dell’apparato tradizionale del Pd, schierato con Bersani, è tale da rende l’eventualità impossibile.

Ovviamente, nel mio pronostico esprimo anche un auspicio. E’ pur vero che molti di quelli che mi dicono che Renzi non potrà mai vincere, sono gli stessi che ritenevano che non gli avrebbero mai concesso di partecipare alle primarie.

Se vince le primarie e, in seguito, le elezioni politiche, come cambierà il Paese?

Anzitutto, modernizzandolo. Tutti i dati ci dicono che, già ben prima della crisi del 2008, l’Italia era ferma, prigioniera di un debito costruito nei decenni precedenti, quando la politica guardava al futuro come una sorta di pattumiera. Oggi occorre liberare le energie di un’Italia viva che già esiste; senza, ovviamente, lasciare indietro nessuno, ma tenendo sempre altra l’attenzione sui valori quali la solidarietà.

E se perde?

Comunque vada, alcuni risultati li ha già ottenuti. Le primarie, per esempio, sono oggi considerate come uno strumento di condivisione con la base. Come ha già promesso, se non dovesse vincere sosterrà lealmente Bersani. Alimentando quella spinta forte di rinnovamento che, già adesso, sta sortendo non pochi effetti sul partito.

Con Renzi leader, come evolverà, in seno alla sinistra, la questione cattolica?

Per farsi un’idea, è sufficiente ricordare le sue parole a Verona. Quando si è detto cristiano e cattolico; e che, se qualcuno non vorrà votarlo per questo, che faccia pure. Poi, ha aggiunto che in politica il suo atteggiamento sarà laico, fedele alla costituzione, aperto nei confronti di chiunque non condivida i suoi valori. Un’ammissione del genere, nel panorama politico italiano, mi sembra piuttosto inedita.

Chi sarà il suo interlocutore favorito? Vendola o Casini?

Non la metterei in questi termini. L’impostazione del suo progetto politico non parte dalle alleanze. L’importante è prendere più voti possibili. Poi, sulla visione di una società aperta, liberale e solidale, si potranno trovare punti in comuni con chiunque vorrà esserci. 

 

(Paolo Nessi)