Una volta chiarito che la sfida per le primarie di coalizione si è ridotta, di fatto, allo scontro tra Bersani e Renzi, di giorno in giorno va delineandosi la composizione degli schieramenti opposti. Sono sempre meno gli indecisi. Tra di loro c’è il senatore Enrico Morando. Fino a quando non saranno stabilite con precisione le regole del gioco, non ha intenzione di esprimersi. In ogni caso, attualmente, se proprio dovesse scegliere, propenderebbe, tendenzialmente, per Renzi. «Al momento, mi pare che sia più in linea, rispetto a Bersani, con una serie di proposte che ritengo decisive per il Paese». Gli abbiamo chiesto, quindi, di chiarirci quale linea dovrebbe sposare il sindaco di Firenze per ottenere il suo appoggio.
Anzitutto, crede che l’Italia dovrebbe chiedere l’interevento del Fondo salva stati?
L’Italia deve definire le scelte fondamentali tenendo conto delle raccomandazioni emerse, su proposta della Commissione, dal consiglio Europeo di giugno. Sei raccomandazioni che riguardano il deficit, il debito, la crescita a l’equità sociale. Alla luce di questo, dovremmo definire un’agenda per il 2020. A quel punto, ove ci fosse la necessità di richiedere un intervento dell’Esm, siccome le condizioni conterranno quelle raccomandazioni, avremo già fatto quello che dovremo fare. Auto-scriviamoci, in sostanza, il memorandum d’intesa.
Come crede che occorra districarsi, in futuro, tra i principali attori europei?
Mentre fino a novembre scorso eravamo fuori gioco, Monti ha saputo dare all’Italia un ruolo fondamentale in seno al confronto europeo. Ha dimostrato che è possibile farlo avendo in testa un progetto e proposte di soluzioni ai problemi, e parlandone con tutti. In tal senso, credo che dovremo adoperarci affinché si giunga al più presto all’unione fiscale, a quella bancaria (e, in tal senso, abbiamo già fatto passi da gigante) e a quella politica. Ora: sul versante della costruzione dell’unione fiscale sappiamo di trovare nella Francia un alleato importante, anche al fine di convincere la Germania. Su quello, invece, della cessione di sovranità politica a organismi comunitari, le parti si invertono.
Crede che in Italia vada introdotta una patrimoniale?
E’ già stata introdotta. Anzi, ne sono state introdotte due: l’Imu e il prelievo sui conti titoli e depositi. Preso atto di questo, è possibile ipotizzare, eventualmente, delle modifiche, quali l’esclusione di ulteriori fasce reddituali dal pagamento dell’imposta sulla prima casa. Inoltre, una volta che il governo abbia garantito il pareggio di bilancio strutturale negli anni e abbia utilizzato una quota significativa di patrimonio pubblico attraverso processi di alienazione e valorizzazione per ridurre il debito, potrebbe essere ragionevole rivolgersi a quel 10% di italiani che detengono il 40% della ricchezza per chiedere una piccola imposta straordinaria e chiudere definitivamente la questione del debito pubblico.
Come pensa che vada rilanciato lo sviluppo?
Abbiamo un carico fiscale sulle imprese decisamente troppo elevato; e un gettito proveniente dall’imposta sui consumi decisamente troppo basso. Non tanto a causa delle aliquote, quanto dell’evasione. Occorre effettuare un riequilibrio, rafforzando la lotta all’evasione e utilizzando ogni centesimo recuperato non per interventi di spesa pubblica, ma per abbassare l’imposizione sulle imprese. Abbiamo, inoltre, bisogno di più ricerca e innovazione. Dobbiamo, in tal senso, spendere meglio, introducendo criteri meritocratici nella valutazione della attività di formazione.
Quale dovrebbe essere l’atteggiamento da assumere nei confronti della Fiat?
Occorre un confronto tra il governo a l’azienda per capire cosa sia possibile fare per superare le gravi condizioni in cui ci troviamo, a fronte del peggiore crollo del mercato automobilistico degli ultimi decenni. Dal punto di vista del Lingotto, è comprensibile che i programmi definiti quando il mercato sembrava andare in maniera completamente diversa debbano subire una verifica critica. Ma non devono essere abbandonati.
(Paolo Nessi)