«Gli scandali regionali a cui abbiamo assistito e a cui stiamo assistendo non dovrebbero mettere in discussione l’utilità di questi enti territoriali, ma solamente stimolare un ripensamento globale dell’atteggiamento della politica verso tali istituzioni, sia ordinarie che speciali». In attesa di veder scomparire 64 province italiane su 107 che dovranno essere accorpate in base ai criteri definiti a luglio dal Consiglio dei ministri, il professor Giancarlo Pola, docente di Finanza degli Enti locali all’Università di Ferrara, spiega in questa intervista per IlSussidiario.net se, a seguito dei numerosi scandali regionali, spese folli e fiumi di denaro evaporati in pochissimo tempo, non sia il caso di ripensare l’utilità delle Regioni italiane, che siano a statuto ordinario o speciale. Come stabilito dal governo i nuovi enti che nasceranno a seguito dell’accorpamento delle Province dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati. Sono 43 le Province destinate a sopravvivere: 26 in Regioni a statuto ordinario, 7 in Regioni a statuto speciale e le 10 province delle aree metropolitane, che verranno soppresse con la nascita delle città metropolitane entro il primo gennaio 2014. Il professor Pola ci spiega che la futura razionalizzazione delle Province potrebbe effettivamente «scuotere l’intero sistema e dunque offrire un’occasione per far emergere quei flussi non proprio limpidi di risorse. Una soluzione del genere potrebbe creare un’atmosfera di maggiore conoscenza della realtà dei flussi finanziari, una vera e propria “review” delle spese e delle entrate per un loro utilizzo più razionale e opportuno». Analizzando i vari scandali a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, Pola si sofferma in particolare su quello siciliano: «Quanto accaduto sembra aver stupito tutti ma era una situazione in realtà già ben nota da molto tempo: solo per fare un esempio, un mio studente siciliano, nell’anno accademico 1994/95, presentò una tesi a tratti sconvolgente proprio perché rivelava numerosi aspetti che non tornavano all’interno del bilancio della Regione. Sono passati quasi vent’anni da quell’episodio, eppure la situazione non è assolutamente migliorata». Anche il caso del Lazio, i cui sviluppi si susseguono in queste ore, mette in evidenza «la facilità con cui si può accedere all’uso delle risorse destinate ai vari ambiti, a cui si aggiungono i comportamenti privati dei gruppi consiliari politici, non tanto come amministratori di una Regione, quanto di sé stessi».
Quindi, ribadisce Pola, «il livello regionale va oggi ripensato in modo molto più serio, soprattutto se intendiamo procedere sulla via del federalismo. E’ però altrettanto necessario evitare di fare di tutta l’erba un fascio: abbiamo assistito a diversi scandali in diverse regioni ma, nonostante vi siano stati comportamenti disdicevoli in diverse zone del Paese, vi sono usi spregiudicati dei bilanci a fini politici che avvengono in modo diverso». La Regione va dunque preservata, conclude Pola nella propria analisi, «dotata di strumenti giuridici più seri ed efficaci, e sottoposta a verifiche più accurate da parte di organi preposti, come la Corte dei Conti. Il controllo della spesa deve avvenire in modo preventivo da parte dei consigli regionali affinché non si creino occasioni opportunistiche per nessuno. Insomma, le regioni vanno mantenute, tenendole sotto stretto controllo laddove vi siano dei rischi oggettivi e offrendo ai cittadini la possibilità di essere informati costantemente sulle varie attività».