Lo scandalo della Regione Lazio arriva alla sua conclusione inevitabile: le dimissioni del Presidente, Renata Polverini.
Si era compreso nelle ultime 24 ore che il presidente non poteva resistere, che lo scandalo aveva travolto ogni credibilità e provocato un nuovo colpo al sistema politico e istituzionale italiano, anche se riguarda gli stipendi e i rimborsi della Regione Lazio. Probabilmente con una pratica spartitoria che riguarda tutti i gruppi, ma che all’interno del Pdl aveva assunto carattere personale per acquisizioni di risorse. Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, cerca di ricostruire i passaggi del tentativo di Renata Polverini di resistere nel suo posto e la sequenza che, nel giro di 24 ore, l’ha portata alle dimissioni.
“Si è cominciato a parlarne ieri sera. A quanto si dice, ma non si possono avere notizie precise al riguardo, Renata Polverini ha avuto la possibilità di uno scambio di vedute, domenica, con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un incontro pubblico e occasionale. Poi ha avuto un colloquio con il presidente del Consiglio, Mario Monti. Non deve esserci stata neppure una piccola spinta, ma l’esame della situazione deve essere stata impietosa. Del resto il presidente della Regione Lazio deve aver anche ascoltato quello che ha detto il cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio Permanente”.
C’è un passaggio particolarmente duro: “Dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile”. Questo deve aver provocato un sorta di corto circuito. “Si è vista subito la differenza di toni che ha usato Pier Ferdinando Casini, che con il suo gruppo fa parte della maggioranza nella Regione Lazio. È passato da toni un po’ più sfumati a toni molto più decisi. È questo, tutto questo, che alla fine ha impedito a Renata Polverini di resistere. Credo proprio che, quando si è sentita mollata da Casini, ha compreso che non poteva più resistere, che qualsiasi tentativo sarebbe fallito”.
In una situazione come questa è un duro colpo ai resti della credibilità politica. “Da questa vicenda esce distrutto il Pdl, il Pdl del Lazio, che però alla fine coinvolge anche tutto il partito. E io non ho proprio capito perché non sia stato lo stesso Silvio Berlusconi a chiedere le dimissioni. Ma è certo che ci troviamo di fronte a un ennesimo colpo contro la credibilità politica. L’impressione è che ormai il sistema politico sia al collasso o già collassato”. Il minimo che si possa immaginare è che cosa si possano chiedere dei cittadini del Nord di fronte agli stipendi e ai rimborsi dei consiglieri regionali del Lazio. Questo è il significato che assume tutta la vicenda.
C’è forse anche qualche cosa di più rispetto alla nuova caduta di credibilità istituzionale. “Penso proprio di sì. Penso che sinora la realtà delle Regioni era stata in parte ammaccata, ma si era probabilmente salvata dagli sprechi. Tutta questa vicenda riaccende invece un grande faro sulla spesa delle Regioni. All’elenco degli sprechi, delle cose inutili, va ad aggiungersi un altro elemento di grande portata. In un momento come questo, di grave crisi economica, di disagio sociale, di polemiche roventi, uno scandalo del genere non fa che compromettere ancora di più la classe politica del Paese”.
(Gianluigi Da Rold)