Berlusconi, nella sterminata intervista che ha inaugurato la versione italiana dell’Huffingtonpost, è intervenuto praticamente su ogni cosa. Ha rievocato il tradimento di Fini, che ha inficiato l’azione del suo governo; ha ribadito il suo senso di responsabilità nel lasciare libero il campo a Monti; ha parlato degli errori dell’attuale compagine tecnica, della necessità di svincolarsi delle politiche repressive tedesche, di come eliminerebbe l’Imu, di Tremonti, di Renzi e dei comunisti. E poi, ovviamente, del proprio futuro politico. In tal senso, a chi gli chiedeva: «è un errore dire che (Monti ndr) potrebbe essere il candidato perfetto dei moderati o, come dice lei, di tutti gli italiani alternativi alla sinistra?» ha risposto in maniera, tutto sommato, sibillina: «Non è un errore, ma per essere candidato occorre innanzitutto volersi candidare». Quindi? Cosa intende fare? Lo abbiamo chiesto a Peppino Caldarola.
Secondo lei, quali sono le reali intenzioni di Berlusconi?
Credo che siamo abbastanza vicini all’annuncio del passo indietro. Per essere definitivo, tuttavia, Berlusconi necessita di una cornice che lo renda accettabile. Ovvero, dovrà trovare un candidato del centrodestra vero, o ritenere probabile un assetto post elettorale non dissimile da quello attuale. In sostanza, sta confermando la sua disponibilità ad una riedizione del governo Monti. Ovviamente, condendola con l’affermazione, che lascia il tempo che trova, relativa alla necessità che l’attuale premier si candidi. E’ sempre più convinto, in realtà, del fatto che dopo Monti non ci sarà più Berlusconi, ma di nuovo Monti.
Al di là del ruolo formale assumererà nella prossima legislatura, quindi, quanto pensa di poter incidere realmente?
Ha bisogno di portare in Parlamento un partito che sia ancora robusto per poter, da quella postazione, contrattare: o come parte di una maggioranza allargata o come principale forza dell’opposizione. Pensa, quindi, a se stesso più come ad un leader di uno schieramento che come candidato premier del Paese.
Questa volta, superato il pericolo comunista, quale sarà la bandiera del Pdl?
La bandiera sarà sempre la stessa. Non è pensabile che Berlusconi rinunci a paventare l’avvento imminente di un regime di sinistra, para-comunista. Anche questa volta, credo che farà leva su evocazioni quali la rivolta fiscale o la critica dello Stato; si tratta di tematiche tipiche, del resto, della destra mondiale. Basta guardare i temi che Romney ha messo al centro della sua campagna.
Quanto peseranno sulla sua scelta le sue aziende e le vicende giudiziarie?
Credo che, ormai, le sue aziende siano prevalenti. La crisi, infatti, sta rischiando di eroderle sempre di più, determinando i suoi orientamenti politici più di ogni altra cosa. Il fronte giudiziario, invece, è ormai formato da pochi dossier, alcuni dei quali potrebbero non concludersi negativamente.
Non le pare, in ogni, caso, una riedizione del Berlusconi “ecumenico” del 2008, quando alla vigilia delle elezioni, in molti, anche dello schieramento avverso, lo dipinsero, per la prima volta, come statista?
Abbiamo, in effetti, conosciuto almeno due “Berlusconi”: il campione della guerra alla sinistra e quello che pensava alla grande coalizione e alla conciliazione con la sinistra. In questo momento, mi pare che il secondo stia cercando di prevalere sul primo. A differenza dell’altra volta, non trova un interlocutore attento come Veltroni. Se Bersani vince, infatti, governerà, come ha più volte ribadito, con una propria maggioranza. Il Berlusconi di oggi, quindi, non può fare altro che dialogare con Monti.
Se cambiano, da qui alle elezioni, le condizioni del gioco, si rimangerà tutto?
Non cambieranno le condizioni. I processi distruttivi in corso, per quanto riguarda il centrodestra, sono piuttosto definitivi; dalla crisi di leadership, all’affacciarsi dello spirito di scissione degli ex An, fino alla crisi che coinvolge gli esponenti e gli organi periferici del partito, di cui il caso Lazio è solo uno degli esempi più clamorosi.
A proposito: cosa intende fare per rinnovare il Pdl?
In realtà, non credo che abbia un’idea precisa in tal senso. Si trova, anzitutto, con una nomenclatura piuttosto anziana, sia da punto di vista anagrafico che parlamentare. Molto dipenderà, inoltre, dalla legge elettorale. Se si reintroducessero le preferenze, rischierebbe di trovarsi in lista tanti nuovi Fiorito. L’ideale, quindi, sarebbe mantenere il sistema attuale per selezionare in maniera più attenta il personale politico. Potrebbe così ricostruire tutto a tavolino, dall’alto. Come fece con la prima Forza Italia. Nella quale, a onor del vero, il personale politico era di qualità sicuramente superiore a quella attuale.
(Paolo Nessi)