Sono tutti d’accordo: aver intercettato il capo dello Stato e non aver distrutto le intercettazioni delle sue conversazioni private è cosa gravissima. Anche se, ufficialmente, non è stato lui ad essere intercettato direttamente, quanto il senatore Mancino, rinviato a giudizio per false dichiarazioni rilasciate nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia. Sta di fatto che, per il momento, non si farà alcuna legge in merito. Solamente il Pdl, infatti, continua a invocarne l’urgenza. Per le altre forze politiche, l’eventuale provvedimento, nell’agenda delle priorità, scala all’ultimo posto. Anche per il governo che, per bocca – tra gli altri – del ministro della Giustizia, Paola Severino, ha ribadito come, ora, l’urgenza – nell’ambito della riforma della giustizia – consista nell’approvare il ddl anticorruzione. Ma il Pdl non darà il suo voto. Il senatore Carlo Giovarnardi, membro della commissione Giustizia, ci spiega perché.
Perché, anzitutto, ci tenete tanto ad una legge che ponga dei limiti alle intercettazioni?
Credo che ci troviamo in una situazione kafkiana. Nella Costituzione italiana, infatti, leggiamo che la corrispondenza e qualsiasi altra forma di comunicazione privata sono inviolabili, salvo provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria. La stessa Costituzione afferma che i parlamentari, così come il presidente della Repubblica o del Consiglio, non possano essere intercettati senza l’autorizzazione della Camera o delle istituzioni d’appartenenza.
Quindi?
E’ evidente che ci troviamo in una situazione di assoluta incostituzionalità. Del resto, nel momento in cui l’autorizzazione è stata data per Mancino, perché Napolitano, in ogni caso, è stato intercettato, le sue conversazioni sono state trascritte e, in seguito, non sono state distrutte?
Come siamo arrivati a questa situazione?
Bisognerebbe chiederlo direttamente alla signora Severino. E a tutti i ministri della Giustizia che l’hanno preceduta e che non hanno voluto fare alcunché per porre rimedio a questo genere di abusi. Dal canto nostro, stiamo sostenendo da tempo che un sistema che mette sotto schiaffo e intercetta le istituzioni vada modificato.
Come valutate, in ogni caso, il Ddl anticorruzione?
Personalmente, non potrei mai votarlo; anzitutto, per questioni di merito. Mi spiego meglio. Nel sistema giuridico vigente nei paesi occidentali i reati sono tipizzati. Significa, cioè, che un cittadino sa di compiere un reato nell’atto di commetterlo. Nell’Unione Sovietica, invece, era possibile essere condannati per attività antisocialista. Ora, in cosa consisteva esattamente, quali erano i connotati e da che cosa era definita tale attività? Impossibile stabilirlo con nettezza e oggettività. Dipendeva tutto dal margine di discrezionalità dei giudici.
E, tornando ai giorni nostri?
L’introduzione del reato di influenza illecita prevista dal Ddl anticorruzione ci porterebbe ad una situazione analoga a quella dell’Unione Sovietica. Entro quali limiti, infatti, l’attività di influenza illecita può essere compresa? La fattispecie potrebbe essere facilmente estesa a qualunque iniziativa di qualsivoglia parlamentare che fosse inviso al magistrato di turno.
Il suo partito come si comporterà?
La norma, nel Pdl, non sta trovando consenso. Ribadisco quanto già affermato da alcuni miei colleghi: su quel Ddl non potrà essere votata la fiducia.