Dopo anni di bipolarismo raccogliticcio, riecco sorgere un nuovo centro che ora sembra più affollato della destra e della sinistra. Finora il centro politico era presidiato in solitudine dall’Udc di Pier Ferdinando Casini, vista l’evanescenza di Futuro e libertà di Gianfranco Fini. Ma in uno spazio mediano si pone da settimane un agglomerato di movimenti e associazioni liberali e liberisti: si parla di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo e di Fermare il Declino, il manifesto promosso da Oscar Giannino. Montezemoliani e gianniniani, insieme con Generazione Zero di Piercamillo Falasca e con l’appello ideato da Ernesto Auci e Paolo Mazzanti, ipotizzano un vero e proprio partito riformatore e liberista che ha scarse coincidenze di vedute con l’Udc. Non è un semplice paradosso.
Basti pensare al giudizio rispetto al governo Monti. Se Casini è considerato il leader politico più montiano rispetto ai capi partito della coalizione che sostiene l’esecutivo tecnico, i liberisti capeggiati da Giannino e Montezemolo condividono ben poco delle politiche montiane, ritenute poco coraggiose su rigore e imposte (non si è tagliato a sufficienza la spesa pubblica e la pressione fiscale è salita) oltre che nelle privatizzazione e nell’abbattimento del debito. Insomma, se Casini in campagna elettorale si farà paladino della serietà rigorista ed europeista dell’esperienza di Monti, il nascente agglomerato liberista del perfetto anti Grillo, ossia l’intellettuale Giannino, si andrà connotando come un movimento riformatore e radicale che i grillini già considerano di destra in stile Paul Ryan. C’è poi una questione di concorrenza di leadership: si sa che i bolognesi Montezemolo e Casini non hanno troppo feeling. Forse solo un candidato premier (Corrado Passera?, Emma Marcegaglia?) potrebbe metterli d’accordo.
Così, visto che Casini si tiene alla larga da un Pdl nuovamente berlusconiano e quindi, secondo l’Udc, destinato all’isolamento e dunque alla sconfitta, per il partito di Casini la prospettiva al momento più probabile è un’alleanza post elettorale con la coalizione Pd bersaniano-Sel vendoliana. Ma senza esplicitarlo troppo prima delle elezioni perché potrebbe nuocere ai consensi dell’elettorato in uscita dal Pdl e dalla Lega.
In casa Udc continuano a ripetere il mantra: il Partito democratico organizza il fronte progressista, noi quello moderato. In vista di un rinnovato centrosinistra, s’intende. Ha scritto l’ex direttore dell’Unità, Peppino Caldarola, sul blog Mambo del sito Linkiesta: “Il partito a vocazione maggioritaria di Bersani ha un profilo socialdemocratico, anche se non si può dire, e guarda e Nichi Vendola e Riccardo Nencini”. Ma con un futuro socialdemocratico del Pd, che induce a malumori soprattutto i prodiani, il partito di Casini potrebbe drenare consensi da un Pd troppo sinistro. E’ uno scenario evocato, per scongiurarlo, da Walter Veltroni nell’intervista di ieri al quotidiano Repubblica. Per Veltroni il Pd non deve presidiare la sinistra bensì il centrosinistra. D’altronde l’arretramento verso posizioni socialdemocratiche, come analizzato dal corsivista Jack Sparrow sul sito Formiche.net, può indurre un elettore tradizionale del Pd a puntare su Vendola per controbilanciare il peso di Casini in caso di coalizione post elettorale a tre fra Pd, Udc e Sel.