Lo scandalo che ha investito la Regione Lazio sulle “spese” di Francesco Fiorito e della giunta Polverini, insieme alle più recenti indagini “conoscitive” delle Fiamme Gialle sulle spese dei gruppi consiliari di Piemonte ed Emilia Romagna, hanno sollevato un dibattito sui costi incontrollati degli enti locali, macchine spaventose che non bilanciano più le tasse con i servizi erogati e presunti collettori di sprechi di soldi pubblici. E proprio ieri, il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, intervenendo al convegno “Ripartiamo dal nord per far crescere l’Italia”, ha rilanciato l’idea di sostituire le 20 Regioni con 3 macroregioni: una per il nord, una per il centro e una per il sud. La proposta fa seguito all’invito rivolto al governo dalla Conferenza delle Regioni di adottare un decreto legge per tagliare del 30% il numero dei consiglieri regionali e uniformare le spese da regione a regione, aumentando i controlli. IlSussidiario.net ha chiesto al costituzionalista Stelio Mangiameli di mettere ordine in questa selva di finanziamenti pubblici e cavilli amministrativi per capire da dove partire se veramente si vuole razionalizzare la spesa pubblica della politica. “Con le risorse industriali ed intellettive di cui disponiamo”, ha detto Mangiameli, “l’Italia potrebbe avere una posizione completamente diversa. La verità è che negli ultimi vent’anni il Paese non è stato governato, la situazione attuale si aprì nel 1992 con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht e la conseguente entrata in Europa non ha cambiato le prospettive del nostro Esecutivo: da allora, né a destra né a sinistra, è stato fatto nulla per potenziare l’Italia, per dare allo Stato una costituzione efficace e istituzioni adeguate all’urto di ciò che stava accadendo. Ciò che sta succedendo ora è il frutto di politiche del tutto inadeguate. Ora non abbiamo prospettive da offrire ai nostri figli”. Ecco cosa suggerisce di fare.
Mangiameli, partiamo dalla proposta di ieri di Formigoni: via le vecchie venti Regioni e prendiamo in cambio tre macroregioni, una per il nord, una per il centro e una per il sud. Ci starebbe?
Prima facciamo un po’ di storia. Si tratta di un’ipotesi che nacque come progetto della Fondazione Agnelli che ipotizzò questa aggregazione in tre macroaree, non per una finalità di migliramento del governo regionale, ma perchè c’era l’ipotesi di una redistribuzione del debito pubblico.
Ma oggi è una buona idea?
Credo che costruire tre macroregioni senza fare chiarezza sulle competenze e i poteri in gioco potrebbe significare semplicemente spacccare il paese. Mi sembra piuttosto l’ipotesi che coltivano le Regioni del nord mirando a una separazione di fatto dal resto d’Italia.
Davvero?
Si, perchè poi la seconda rivendicazione sarà che il 75% dele imposte devono restare nel territorio. Ma non è un’ipotesi federale questa.
Potrebbe essere il volano per una maggiore efficienza?
Bisogna capire cosa si intende con efficienza. Se per efficienza si intende semplicemente ridurre i costi o se per efficienza si intende una legislazione e funzione amministrativa più adeguate ai bisogni dei cittadini. Che siamo totalmente inefficienti è indubbio, perchè in Italia c’è caos totale sia a livello statale sia regionale. Ma per alcuni ambiti le macroregioni non determinerebbero economie di scala, anzi potrebbero determinare un aumento dei costi, replicando l’inefficienza che oggi è dello Stato.
Che fare allora?
Prima bisogna stabilitere cosa devono fare il centro e cosa le Regioni. Questo è il problema di fondo. Poi si può discutere anche sulla taglia delle Regioni.
Cambiamo discorso. La Conferenza delle Regioni solo due giorni fa ha adottato un documento che chiede a Monti di varare un decreto legge che uniformi i costi per tutte le Regioni. Propone una buona soluzione?
A mio parere questo non è un atteggiamento istituzionalmente responsabile perchè la Conferenza delle Regioni sa perfettamente che non è compito del Governo adottare un decreto legge in materia. Nè lo Stato né il Parlamento o il Governo, con un decreto legge ad hoc, possono interferire sul modello organizzativo regionale. Le Regioni hanno tutti i poteri per decidere autonomamente come e quando ridurre i costi non c’è alcun bisogno di un intervento centrale. Ciò che è accaduto a partire dal Decreto legge 138 dello scorso anno è dovuto al fatto che ci troviamo in una crisi, etica e politica, spaventosa prima ancora che finanziaria. Il problema venuto a galla in questi giorni grazie allo scandalo Fiorito, purtroppo non riguarda solo le Regioni: in questi anni le spese pubbliche, dalla Presidenza della Repubblica sino al più piccolo comune italiano, si sono gonfiate in modo abnorme. E’ un problema che riguarda l’intero sistema.
Dunque?
Gli anni scorsi le Regioni avevano cominciato a razionalizzare le spese ma tagli del 15% a fronte di costi spropositati non sono stati sufficienti. Ora dovrebbero iniziare a dare una sforbiciata seria ma senza eccessi perché il rischio è che si passi da una afunzionalità dovuta alle maxi-spese ad una afunzionalità dovuta alla riduzione drastica. Le Regioni dovrebbero responsabilizzarsi singolarmente e capire qual è la giusta misura della spesa, senza alcun intervento dello Stato centrale. In Germania, ad esempio, i Lander non chiederebbero mai un tetto di spesa o linee guida al Governo Centrale.
In Parlamento i partiti stanno discutendo di un maxi-emendamento anti-corruzione redatto da Ministro Severino. Sarebbe utile, se i vari schieramenti riuscissero a trovare l’accordo sul testo?
Questo lo attendiamo da tempo. Se alle Regioni spetta l’autonomia organizzativa e la razionalizzazione delle spese, allo Stato spetta perseguire la corruzione grazie alla definizione chiara delle sanzioni. Il ministro Severino ha tutte le ragioni per porre la questione: da questo punto di vista siamo davvero arretrati perché, negli anni, ha fatto comodo a molti non avere una disciplina adeguata in materia di corruzione. Se Fiorito ha commesso dei reati è giusto che sia perseguito dagli organi statali competenti quali la Magistratura, la Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia.
Pierluigi Bersani del Pd propone di rivedere il titolo V della Costituzione e la relativa legge sul federalismo come antidoto per contenere le spese regionali mentre Roberto Maroni della Lega afferma che quello attuato “non è federalismo ma autonomia incontrollata”. Rivedere, dunque, la legge sul federalismo o tornare al centralismo?
Il titolo V va rivisto ma indipendentemente dal caso Fiorito. Purtroppo, il difetto dei nostri politici è non avere una strategia a lungo periodo e appena c’è uno scandalo iniziano a parlare per slogan per colpire l’opinione pubblica. Uno dei mali maggiori per l’Italia è la non applicazione del federalismo perché, ancora ad oggi, trasciniamo fondamenti che appartengono allo Stato risorgimentale che, se erano aderenti all’Italia del 1861, non lo possono essere oggi in un Paese integrato nel processo europeo. Il Governo centrale ha bisogno di un federalismo serio perché ha necessità di dialogare con l’Europa e con il resto del mondo. In un sistema federalista che funzioni a dovere, lo Stato dovrebbe avere solo il compito di controllare che ci sia una perequazione fra i territori. In questo senso l’espressione di Maroni è assolutamente corretta e, purtroppo, i partiti erano a conoscenza di tutte le spese incontrollate. Alfano conosceva benissimo Fiorito e i suoi trascorsi.
Quindi serve più controllo nelle liste?
Certo. Il problema non è se la Polverini fosse a conoscenza degli affari di Fiorito ma i partiti che conoscevano i candidati nelle singole regioni. La responsabilità viene dall’alto perché è compito delle segreterie nazionali controllare le liste regionali. Chi ha candidato Fiorito, Nicole Minetti o il figlio di Bossi? La situazione in cui ci troviamo è responsabilità dei partiti e il premier Monti sta cercando di restituire credibilità a questo Paese sul piano europeo e internazionale, ma può modificare i comportamenti dei partiti.
La Riforma della pubblica amministrazione così come è stata concepita dal Governo Monti è utile al contenimento degli sprechi?
E’ utile ma non è sufficiente e prima di essa deve essere stabilita con chiarezza la divisione dei compiti tra Stato e Regioni. C’è troppa confusione e va ripensato tutto il sistema sul modello di un regionalismo serio con compiti ben definiti che non facciamo aumentare i costi di gestione e non si creino sovrapposizioni dannose fra ministeri e assessorati locali. Solo quando i compiti saranno ben definiti e chiari si potrà stabilire di quale tipo di Amministrazione e di funzionario pubblico necessiti lo Stato. Purtroppo, i punti deboli di questo Governo sono le Regioni e gli enti locali.
E’ stato calcolato che la sanità assorbe circa i tre quarti della spesa regionale. E’ una percentuale giusta e bilanciata?
Per quanto riguarda il capitolo sanitario, le regioni sono finanziate con il metodo top-down ed è lo Stato a stabilire i costi della sanità. Se la sanità viene gestita dalle Regioni occorre dare loro una quota e fiscalizzarla. Inoltre, quando una regione non riesce a far funzionare un piano di rientro, non ha alcun senso dare la carica di commissario governativo al presidente stesso di regione. Non ha svolto il proprio compito come governatore perché dovrebbe farlo con una carica diversa?
(Federica Ghizzardi e Matteo Rigamonti)