“Non so se dire benvenuti o farmi dare il benvenuto da voi”. Il tour elettorale di Matteo Renzi prende ufficialmente il via dal palco della Festa Democratica di Reggio Emilia. Il giovane sindaco di Firenze, alla ricerca di consensi tra il popolo di centrosinistra in vista delle primarie, si prepara al caldo autunno politico sfidando apertamente l’ortodossia bersaniana e i “matusa” piddini. “Non chiederò premi di consolazione” ha detto, “come chi è diventato capogruppo o vice presidente della Camera”, riferendosi chiaramente a Bindi e Franceschini. E’ finito il tempo degli over 50 e 60 che Renzi definisce “l’usato sicuro” che potrebbe però superarlo alle primarie. “Se vinciamo noi”, ha chiarito, “vanno tutti a casa”. Intanto nuove alleanze si vanno stringendo, anche se in maniera confusa: Casini scarica Vendola e viceversa, Bersani apre a Sel che ricambia. E Renzi? Non si sbilancia, ma lascia intendere che, spalle al muro, scaricherebbe entrambi. «Non credo a Renzi quando dice di non voler fare alleanze con Vendola e Casini ma solo con i cittadini», spiega a IlSussidiario.net Furio Colombo, firma de Il Fatto Quotidiano, «una frase del genere fa notizia ma è in realtà politicamente vuota e non molto sorprendente, un semplice escamotage retorico sostanzialmente privo di senso».
Come mai?
Così come ha dimostrato di affrontare in modo estremamente realistico i problemi e le questioni di Firenze nel ruolo di sindaco, Renzi sa perfettamente che un buon segretario dovrà inevitabilmente scegliere con chi andrà a chiedere la fiducia dei cittadini. Non credo che Renzi sia intenzionato a ripetere l’esperienza veltroniana del “facciamo tutto da soli”, perché è ormai chiaro che in questo modo non si vince. Prima o poi un’alleanza sarà necessaria, anche se probabilmente sarà più chiara dopo l’approvazione della legge elettorale. Ecco, forse Renzi avrebbe fatto meglio ad aspettare la riforma prima di fare queste dichiarazioni, anche se in tutti i casi, se eletto, ci penserà due volte a scaricare sia Casini che Vendola.
Come spiega il successo che Renzi sta avendo in questi giorni, a cominciare dalla Festa Democratica a Reggio Emilia?
Il suo successo si spiega facilmente. E’ un giovane molto vitale e vivace, ricco di immaginazione e un buon comunicatore. Un particolare difetto che invece ho riscontrato è il voler costantemente affrontare discorsi che lo riguardano in prima persona. Raramente lo sento parlare dei veri problemi del Paese, eventuali soluzioni per uscire dalla crisi e prospettive future, il che limita notevolmente il suo valore politico.
Si spieghi meglio.
E’ naturale che in una politica italiana così “vecchia” venga apprezzata la persona giovane ed estrosa che sembra portare una ventata di freschezza. Però, mentre sappiamo che il “modello Bersani” si ispira a una politica solida e tradizionale, Renzi non ha fornito alcuna idea con cui si possa descrivere il suo modello. Vorrei dunque capire quali sono, per esempio, le sue proposte riguardo la famiglia, la scuola, l’università, il welfare e la ricerca.
Renzi dice che, comunque vada, dopo le primarie il Pd sarà più forte. Casini crede invece che una vittoria del sindaco di Firenze dividerebbe il partito. Cosa ne pensa?
Se le primarie sono fatte con cura, intelligenza e serietà, come non è avvenuto sempre in passato, in ogni caso rafforzano il partito. Se invece si insinuano elementi di farsa, di sconfessione o di negazione allora lo schieramento che le ha proposte ne uscirà indebolito, a prescindere da chi vincerà. In questo caso non credo che l’elemento di rafforzamento dipenda dal futuro vincitore delle primarie, ma dal modo serio e apprezzabile in cui è sperabile che si svolgano.
Renzi ha annunciato un riequilibrio interno, Bersani lo ha corretto spiegando che per quello esiste già il congresso. Chi ha ragione?
Non c’è dubbio che la risposta di Bersani sia corretta. Non ha senso parlare di una rivoluzione interna al partito quando per farlo esistono specifici percorsi politici. Nessuno, vincendo le primarie, diventa il “satrapo” del partito. Esserne segretario significa tutta un’altra cosa.
Una domanda sulla legge elettorale: meglio il premio di maggioranza alla coalizione o al partito?
Credo che sarebbe meglio che fosse di coalizione e non di partito, anche se in questo caso la coalizione si deve prefigurare prima ancora dei futuri risultati e rapporti di forza. Il problema però è un altro: al di là degli esiti e di eventuali alleanze, la cosa più importante è che davvero si possa arrivare a una sensata legge elettorale il prima possibile, cosa ancora non avvenuta nonostante l’intervento anche del Capo dello Stato. Quando Enrico Letta disse “la legge elettorale è ormai cosa fatta”, immediatamente scrissi che quel messaggio sembrava essere più che altro politico che realmente di sostanza. Purtroppo era vero, e credo che se si andrà avanti in questo modo difficilmente si potrà raggiungere un accordo, che auspico capace di offrire ai cittadini la possibilità di scegliere coloro che desiderano avere in Parlamento.
(Claudio Perlini)