Tutti contro Renzi. Dopo l’attacco del sindaco di Firenze dal palco della Festa Democratica a Reggio Emilia, i “vecchi” del Pd fanno fronte comune e incrociano le spade. Ad aprire le danze è D’Alema, secondo cui “Bersani è più adatto a unire il nostro partito, a costruire una coalizione e a governare l’Italia. Tre cose molto importanti che Renzi non mi sembra in grado di fare”. Tocca poi a Rosy Bindi, accusata da Renzi di aver partecipato alle primarie solo per ottenere un premio di consolazione, come anche Franceschini: “Fare il vicepresidente della Camera – ha detto – è un grande onore, mi dispiace che si abbia questa considerazione degli incarichi istituzionali. Poi si dà il caso che io abbia vinto un congresso e per questo sono presidente del partito”. E mentre Vendola inserisce il giovane “rottamatore” all’interno del solito “juke-box delle banalità”, Beppe Grillo si fa sentire su Twitter: “Hanno bussato alla porta e non c’era nessuno. Era Matteo Renzi”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore.



Rondolino, cosa pensa di Renzi e delle reazioni che le sue parole stanno scatenando?

Attualmente Renzi rappresenta una delle poche novità all’interno di questa sinistra. Anche se credo sia alquanto superficiale limitare lo scontro tra “giovani e vecchi”, in un tradizionale sistema politico ognuno è chiamato a portare qualcosa. La vita stessa di un partito è garantita dal contributo dei suoi militanti e dei suoi dirigenti, eppure questo non avviene nel Partito Democratico. A mio giudizio, anche se può sembrare brutale, il futuro di Renzi è al di fuori del Pd, proprio perché il Pd non ha un futuro.



Come mai?

L’ossificazione socialdemocratica o neofrontista del partito, a opera di quei “giovani turchi” che fondamentalmente sono un doppione della Fiom e di Sel, ha portato a uno schieramento inservibile nell’ottica di un’alternativa democratica, riformista e liberale. Per cui Renzi, se dovesse restare al suo interno, non fa altro che dimostrare di essere impastato in un labirinto di continue guerre intestine. Se invece decidesse di staccarsi otterrebbe realmente maggiori possibilità di essere seguito dagli italiani, i quali stanno aspettando proprio questo, cioè qualcosa che non sia né Bersani né Berlusconi.



Dove vedrebbe dunque Renzi?

Credo che una sua collocazione naturale potrebbe essere in quell’area terzista che si sta venendo a creare, come Italia Futura o Ferma il Declino. Un mondo riformista, con una forte cultura liberale e proveniente sia dalla vecchia sinistra che dalla vecchia destra. Un mondo che è complessivamente d’accordo sul fatto che quella classe politica che ha portato il Paese alla rovina, sia di centrosinistra che di centrodestra, non dovrebbe più governare.

D’Alema ha detto: “Bersani è più adatto a unire il nostro partito, a costruire una coalizione e a governare l’Italia. Tre cose molto importanti che Renzi non mi sembra in grado di fare”. Cosa ne pensa?

Credo che nessuno dei due abbia unito il partito o governato l’Italia, quindi si tratta di opinioni senza alcuna controprova fattuale. Il vero problema non è nell’unione del partito, che considero una delle più pesanti zavorre del nostro Paese. E’ per questo che se Renzi riuscirà a liberarsene avrà sicuramente delle possibilità in più per farsi notare in Italia.

Chi vede favorito alle eventuali primarie del Pd?

Innanzitutto bisogna vedere se verranno fatte. C’è una parte del Pd, composta in particolare da democristiani come la Bindi e Fioroni, che sembra spaventata da tale possibilità. Se però dovessero esserci, personalmente darei per scontata la vittoria di Bersani.

Renzi ha detto che le alleanze si fanno con i cittadini e non con Casini, Vendola o Di Pietro. E’ d’accordo?

Sono d’accordo con Renzi e credo che sia proprio questo il motivo per cui è nato il Partito Democratico. E’ esattamente quello che fece Veltroni nel 2008 con una sola, grave eccezione, vale a dire l’alleanza con Di Pietro. L’ispirazione originale del Pd è proprio quella cosiddetta “vocazione maggioritaria”, cioè un partito post ideologico riformista che si propone di accogliere la maggioranza relativa degli elettori, senza però andare alla ricerca di alleanze con pezzi di “casta”, come Udc e Sel. La vera scommessa è rivolgersi alla società civile, alla gente normale, e Renzi sembra proprio voler restaurare questo aspetto originario del partito.

 

(Claudio Perlini)