Se fosse per il centrodestra, di cui attualmente si stenta a percepire tracce dell’esistenza, il Pd dovrebbe vincere le elezioni a mani basse. Ma perché non complicarsi la vita? Il tradizionale “tafazzismo” preelettorale della sinistra, quindi, non ha mancato all’appuntamento. E ha preso le sembianze del tutti contro Renzi. Il quale, per lo meno, ha avuto il pregio di compattare, per una volta, la dirigenza del partito che, adesso, lotta per una causa comune: non essere eliminata. Per questo ha mobilitato addirittura D’Alema. Che, dopo anni di penombra, è tornato in prima linea per capeggiare il fronte degli over 60. Nel frattempo, questioni ben più urgenti si agitano sullo sfondo. A partire dal varo di una nuova legge elettorale, la cui approvazione è condizione necessaria per la sopravvivenza dei partiti. Abbiamo parlato di tutto ciò con Antonio Polito.



Come valuta, anzitutto, la contesa per le primarie di coalizione?

Renzi potrebbe esasperare le divisioni; o, laddove le primarie dovessero funzionare effettivamente, rafforzare il centrosinistra. Per il momento, tuttavia, sembra valere la prima ipotesi. Ad oggi, infatti, assistiamo all’esacerbazione di un mero scontro generazionale. Peccato. Perché, volendo, i temi su cui innescare una dialettica virtuosa ci sarebbero, eccome.



A cosa si riferisce?

Nel Pd, in estrema sintesi, convivono due posizioni profondamente distinte: quella di chi vuole proseguire l’agenda Monti, e quella di chi intende ribaltarla. Ebbene, se la battaglia si concentrasse su queste due linee, impersonate dai diversi leader, lo stesso elettorato del centrosinistra avrebbe modo di scegliere con chiarezza i connotati del proprio partito.

In ogni caso, quante chance di vittoria ha Renzi?

Molta gente, oggi, è convinta che la vecchia classe dirigente vada mandata a casa. Dipende, quindi, da chi andrà a votare alle primarie. Se si tratterà, in prevalenza, di militanti del Pd, Renzi è destinato a soccombere; se il cerchio si allargasse, e comprendesse buona quota degli elettori del Pd, se la giocherebbe con Bersani; se si allargasse ulteriormente potrebbe vincere. Non è un caso che lo stesso D’Alema abbia invitato a stilare regole ben precise che consentano di votare solo agli elettori effettivi del centrosinistra.



Come valuta il “ritorno in campo” di D’Alema?

Non credo che si sia mai considerato fuori. Né che ritenga che ci sia bisogno di qualcuno che lo ripristini in prima fila. Credo, semplicemente, che si sia ritagliato, nel tempo, un ruolo di basso profilo sul fronte della politica attiva, ma di alto profilo istituzionale e internazionale. Oggi, semplicemente, siamo in presenza di una battaglia che prima non c’era e D’Alema, a modo suo, è convinto di poter contribuire alla causa.

Intervistato dal Corriere della Sera, a chi gli chiedeva se ci sarà bisogno di un Monti bis D’Alema ha risposto, con un giro di parole, definendo l’agenda Monti «un punto di partenza irrinunciabile», ribadendo che il Pd ha la propria, e ricordando che «in passato abbiamo governato con Ciampi, Prodi e Padoa-Schioppa»; ma non ha detto di no.

E, in effetti, il Pd non lo esclude. Tutto dipenderà dal sistema elettorale. Ciò che è certo è che la prossima legge non potrà garantire un premio di maggioranza tale da poter governare; ad oggi, infatti, nessun partito otterrebbe i voti delle precedenti elezioni, mentre le coalizioni di allora non esistono più; assegnare, quindi, un premio tale da far raggiungere al partito o alla coalizione impostasi dopo le elezioni almeno il 55% dei seggi non sarebbe accettato dall’opinione pubblica. Data la frammentazione del sistema politico, quindi, potrebbe emergerne un Parlamento ove non esista una maggioranza politica. A quel punto, nessuno, tra i partiti responsabili, potrà esimersi dalla grande coalizione e dal conferire un secondo mandato a Monti.

Crede che realmente i partiti riformeranno il sistema elettorale?

Devono cambiarlo, per forza. Anzitutto, è anni che vanno ripetendo agli elettori che questa legge fa schifo. Lo stesso Calderoli, che l’ha firmata, ha ammesso che si trattò di una «porcata», mentre il capo dello Stato è intervenuto decine di volte per chiedere di modificarla. Se i partiti, quindi, dovessero lasciare trascorrere il tempo del governo tecnico senza riuscire a fare l’unica cosa di loro pertinenza, arriverebbero alle elezioni in condizioni disastrose.

Berlusconi, dal canto suo, insiste sul proporzionale alla tedesca per giungere ad una situazione in cui non ci siano vincitori; sa che, in ogni caso, questa volta, non potrà vincere e tenta di esserci, nella grande coalizione, come socio alla pari…

Onestamente, Berlusconi cambia un sistema elettorale al giorno. Trovo inutile, quindi, commentare chiacchiere di questo genere. Detto questo, il suo volerci essere alla pari mi sembra un’aspirazione ovvia.

Il Pd fiuterà la trappola?

Se potrà, governerà assieme a Vendola. Dato che valuto l’opzione improbabile, tanto quanto un allargamento al centro, credo che si adeguerà alla situazione. Comprendendo benissimo il gioco di Berlusconi ma capendo anche che non ci sarà alternativa alla grande coalizione.

Più in generale, secondo lei il Pdl e Berlusconi hanno le idee chiare sul da farsi?

Non direi. Vengono da un disastro politico senza precedenti. Per il momento, si trovano in una fase in cui urge porsi il problema di come rimanere rilevanti nel panorama politico italiano.

In tutto ciò, Napolitano continuerà a preservare quel ruolo di indirizzo assunto sin qui o rischia di essere danneggiato dalla vicenda sulle intercettazioni?

Non credo che le macchinazioni di qualche giustizialista che vorrebbe dipingerlo come uno che ha protetto la mafia vengano prese sul serio dalla gente comune. Anzi. La speranza condivisa è che le elezioni si indicano non più tardi di marzo, onde evitare l’ingorgo istituzionale e far sì che il presidente che dovrà conferire l’incarico al prossimo premier sia ancora Napolitano. Credo, invece, che l’unica cosa che realmente potrebbe incrinarne l’immagine possa essere il fallimento dell’operazione Monti. Se sul crinale delle scadenza elettorale non saremo ancora usciti dalla tempesta finanziaria, questo sì che produrrebbe un disastro. 

 

(Paolo Nessi)