Le liste non sono ancora “chiuse” e rese note, ma al Senato scoppia un caso in uno dei collegi toscani della “Lista Monti”. Il pomo della discordia, se così possiamo definirlo, è legato al nome di Alessio De Giorgi. De Giorgi è uno dei transfughi del Pd che avrebbe, stando a quanto si legge sul suo profilo Facebook, accettato la proposta di Monti di una candidatura alle prossime elezioni. E così lasciate armi e bagagli della sua militanza di sinistra, sarebbe passato al “nemico”. Ed ecco che dopo le parole di Berlusconi, che aveva aperto alle unioni omosessuali durante una trasmissione radiofonica, si riaccende la polemica sui diritti gay. Come mai?
Qualcuno potrebbe dire che – essendo lui un renziano – era soggetto al fascino del Professore, anche se sembra strano che il Sindaco di Firenze non sia riuscito a ottenere per lui un posticino nella grande armata democratica, favoritissima alle prossime elezioni. «Mi aspettavo che si aprissero spazi che invece non si sono aperti. Ho visto invece in lista candidati assolutamente incandidabili, la vicenda di Reggi e quella di un partito che candida al 13mo posto in Puglia il suo vicepresidente nazionale, Ivan Scalfarotto, solo perché è renziano», ha detto sul suo sito. Qual è il problema? Il problema è che De Giorgi è il direttore di Gay.it. Omosessuale dichiarato ed attivista dei diritti GLBT, è diventato subito motivo di scandalo per i difensori dei valori cattolici a cui era mancato il terreno sotto i piedi appunto per le parole di Silvio Berlusconi a Rtl, che si era dichiarato favorevole ai diritti gay ivi comprese le nozze («Ho sempre pensato che certe questioni devono essere affrontate dialogando con tutti – spiega – e per questo sono già stato subissato di critiche dal mondo gay quando dissi che dovevamo saper dialogare anche con Berlusconi», dichiara sempre De Giorgi). Subito si erano levati scudi e dichiarazioni del tipo «lo ha detto ma non lo pensa», o «E’stato frainteso, intendeva unioni e non matrimoni». Insomma, la “questione omosessuale” pare mettere tutti d’accordo e, allo stesso modo, tutti in disaccordo. Quel che rimane è l’endorsement dell’Osservatore Romano, prima, e della Cei, poi al tentativo di permettere la polarizzazione di una «domanda di politica alta […] e che interpella i partiti al di là dei contenuti del suo manifesto politico». Insomma una politica fatta di persone e non da “partiti”, e nemmeno di Agende. Un’endorsement a un modo di far politica, non a persone o a partiti, tanto che pochi giorni dopo il quotidiano dei vescovi Avvenire, per bocca dello stesso direttore Marco Tarquinio, ha condannato sia l’«alto tasso di inazione» dei governi uscenti di centrodestra, quanto «i tentativi delle coalizioni di centrosinistra di agire, ma in senso sbagliato (zapaterista)». Insomma, il problema è la buona volontà dei protagonisti sulla scena politica, non il sostegno ideologico a programmi o carte di intenti che passano dalla concretezza all’essere lettera morta nello spazio di una notte. Insomma, se la candidatura di De Giorgi crea innegabili reazioni e imbarazzi, il direttore di Gay.it ha le idee chiare: «Mi candido comunque in una lista civica – sottolinea -, non in un partito politico con una disciplina interna, che dentro ha anche molte personalità provenienti dal mondo cattolico alcune delle quali sicuramente distanti dalle mie posizioni, nella quale la scelta che è stata fatta sul mio nome è un chiaro segno di pluralismo”. Insomma la Lista Monti, sui temi cari al De Giorgi non farà battaglie, e questo lo sa anche lui.
O passa e le porta avanti lui in persona, facendo sponda sulle componenti del Pdl e del Pd che appoggiano la sua lotta, o tutto sarà finito con la sua non-elezione. Non è che infatti De Giorgi possa contare su altri all’interno della “Lista Monti”. Si considera una mosca bianca, anzi, di più considera la sua candidatura «di portata storica» in una formazione come questa. Figuriamoci se dovesse passare a quale “record mondiale” assisteremmo.
«Se entrerò al Senato – continua – lo farò con le mie idee, la mia storia, le mie passioni, non cambiando una virgola di quanto ho pensato in questi anni: resto un uomo di centrosinistra, che presta il suo nome per una operazione politica che intende innanzitutto evitare la deriva a sinistra del Partito nel quale per anni sono stato iscritto, il Partito democratico». E proprio su questo, i bene informati fanno notare quanto sia difficile che il De Giorgi possa accedere al seggio in Senato. «La sua elezione è praticamente impossibile, anche perché le liste non sono ancora chiuse: potremmo non vederlo nemmeno candidato. Vederlo vincere, poi…». E se non superasse la soglia del Senato, per la “Lista Monti” il discorso sarebbe chiuso prima di cominciare.