Desistere, desistere, desistere! Come si fa a chiedere una cosa del genere al partito dei giudici e dei pm? Il Pd potrebbe averlo fatto. Sempre che la versione dei sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, corrisponda a verità. Ma non c’è motivo di dubitarne. In sostanza, avrebbe chiesto a Rivoluzione Civile la cortesia di evitare di candidarsi al Senato in Sicilia, Campania e Lombardia. Un patto di desistenza volto a impedire che il centrosinistra perda i premi di maggioranza che, a Palazzo Madama, sono attribuiti su base regionale. Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, si è affrettato a smentire. Ma, insomma, c’è aria di inciucio. Marco Rizzo è il segretario Nazionale di Comunisti sinistra popolare-Partito comunista. L’unico dell’estrema sinistra che non fa parte della coalizione guidata da Ingroia (in Rivoluzione Civile sono confluiti i Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista, oltre ad Azione Civile, Rete 2018, Movimento Arancione, IdV e Verdi). Gli abbiamo chiesto cosa ne pensa della lista dell’ex pm di Palermo.



Perché il suo partito è l’unico a non far parte della coalizione di Ingroia, tra quelli che si richiamano alla tradizione comunista?

Non volevamo fare come quei partiti, che si sono rivelati pronti a barattare la propria storia, il proprio simbolo e le proprie bandiere per un posto (eventuale) in Parlamento. E in terza fila.



Ma almeno, loro, qualche chance di entrarci ce l’hanno.

Guardi, credo che i comunisti, se mai dovessero rientrare in Parlamento, dovranno farlo dal portone principale. A testa alta, e con i loro simboli. Senza sotterfugi e camuffamenti.  

Oggi, invece, cosa sta accadendo?

Già nel 2008 i partiti comunisti accetteranno di abbandonare qualsivoglia titolarità, e si riunirono sotto le insegne dell’arcobaleno; in occasione di questa tornata si è compiuto un ulteriore passo avanti rispetto all’azzeramento della propria tradizione.

Perché?

Non solo non competono con i propri simboli, ma accettano la classica leadership mediatica. Oltretutto, collocandosi all’interno di un logo dove campeggia a lettere cubitali il nome del candidato. Esattamente come in tutti gli altri partiti di natura padronale e carismatica. Come se non bastasse, per lo meno, nella lista arcobaleno i comunisti erano capilista. Qui, invece, sono al terzo, quarto, quinto posto. Non vanno alle conferenze stampa, non si parla di loro. Sono praticamene tenuti nascosti. Un’umiliazione.  



Avranno deciso di candidarsi con Ingroia per una ragione ideale.

Tra i contenuti della lista non mi pare che siano state poste questioni relative al conflitto sociale o al conflitto tra capitale e lavoro. Al contrario, l’unico obiettivo della coalizione sembra essere la legalità; ora, tutti siamo contro la mafia, è ovvio. Ma perché nessuno dei partiti che si richiamano alla tradizione comunista ha sottolineato come la criminalità organizzata esista perché la nostra società è fondata sul profitto?

Oltretutto, il giustizialismo, almeno in teoria, dovrebbe essere una posizione di destra…

Appunto. Per non parlare della posizione di questa cosiddetta sinistra sull’Europa, alla quale ritiene di poter cedere serenamente la nostra sovranità. Insomma, le ragioni dell’inconciliabilità del comunismo con questa lista sono evidenti. Oltretutto, costoro, una volta eletti, cosa farebbero?

Ce lo dica lei.

Cercano di apparire come alternativi al Pd. Ma, non appena il Pd li chiamerà, si faranno trovare pronti. E, come sempre, risulteranno del tutto irrilevanti. Basti pensare all’assoluta assenza di importanza che ha rivestito l’azione di governo di svariati ministri comunisti. Inoltre, il fatto che alcuni esponenti della coalizione si siano sentiti in dovere di rifiutare esplicitamente l’ipotesi di un patto di desistenza la dice lunga sulla sua sovranità limitata.

Quindi, l’accordo, alla fine, ci sarà?

Diciamo che, per il momento, ci sono stati dei processi tutt’altro che lineari. Non dimentichiamo che, ad oggi, è sempre stato Ingroia a chiedere un’interlocuzione con il Pd. E, finora, gli sono sempre state sbattute le porte in faccia. La sua assenza dalla competizione per conquistare la regione Lombardia, inoltre, è piuttosto sospetta. A questo punto, se l’accordo si farà o meno, dipenderà, in gran parte, dai voti effettivi che prenderanno il centrosinistra e Rivoluzione civile. Tutto ciò conferma come, in fondo, ci sono cose che contano più dell’entrata in Parlamento.

Quali, per esempio?

Credo che sia più importante radicarsi sul territorio.  Costruendo, ad esempio, le condizioni per uno sciopero generale o che per alcune grandi battaglie sociali.

Come valuta, infine, il fatto che la candidatura di Di Pietro in Lombardia escluderà Agnoletto dal Parlamento?

Mi lascia del tutto indifferente. Salvo il fatto che era chiaro che una lista composta in questa maniera avrebbe dato vita ad  un mercato di questo genere.

 

(Paolo Nessi)