Nessuno ha mai pensato realmente che la separazione tra Lega e Pdl sarebbe durata. Di sicuro, non ci credevano i vertici del Carroccio; che pure negli ultimi mesi si sono impegnati con tanta solerzia a ribadire che un ciclo si era concluso e le priorità del partito erano altre. Priorità che avrebbero dovuto condurli lontano da Roma e, soprattutto, lontano da Berlusconi. E  invece, come da copione, l’accordo è stato raggiunto e, ancora una volta, Pdl e Lega correranno insieme, con Berlusconi che non sarà il candidato premier, ma la guida della coalizione. Abbiamo chiesto a Giancarlo Pagliarini, ministro del Bilancio nel primo governo Berlusconi, militante della prima ora della Lega nord che ha lasciato nel 2007, come giudica quanto sta accadendo in questi giorni.



Crede che l’intesa farà infuriare la base leghista? 

Guardi, la base è certamente indignata per un semplice motivo: nel 2008 erano state fatte delle preomesse che non sono state rispettate. Da Berlusconi, ma anche dallo stesso Calderoli e, quindi, dalla stessa Lega.

Che promesse?

Si ricorderà che era stato presentato un programma consistente in sette missioni. Tra queste, la sesta, era il federalismo. La coalizione, in particolare, si era impegnata a far varare un progetto di legge depositato dalla Regione Lombardia volto a far sì che l’80% dell’Iva e diverse altre imposte come quelle sui tabacchi rimanessero sul territorio che le aveva prodotte. Due punti della sesta missione, nel dettaglio, erano: «attuazione al disposto dell’articolo 119 della Costituzione, assegnando agli enti territoriali le più idonee fonti di finanziamento, trovando il giusto equilibrio tra autonomia, equità ed efficienza»; «approvazione, a tal fine, da parte del Parlamento della proposta di legge “Nuove norme per l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione”, adottata dal Consiglio Regionale della Lombardia il 19 giugno 2007».



Un film già visto, quindi…

Già, ci sono le elezioni, e vengono rifatte le stesse identiche promesse di allora.

Perché la Lega ha fatto l’accordo?

Per l’ambizione di Maroni di diventare presidente della Regione Lombardia. Ambizione legittima ma che, nel suo declinarsi concreto, non ha nulla a che fare con il federalismo.

No?            

Beh chi ha mai sentito Maroni, specie ultimamente, parlare di federalismo? Ci sono più riferimenti al federalismo nel programma di Ambrosoli, dove è stato fatto presente, ad esempio, che la Regione deve essere il luogo dove si coordinano e si emanano le leggi ma tutto il potere e l’operatività deve essere trasferito ai sindaci. Ma ci rendiamo conto? Un candidato al Pirellone che afferma che la Regione deve avere meno potere: era quello che avrebbe dovuto fare Maroni.



 

Quindi, la Lega da sola, in Lombardia, non avrebbe mai vinto?

Non ne sono così sicuro. Di certo, qualcuno al suo interno deve averla pensata così. C’è anche chi è convinto – non il sottoscritto – che, in realtà, chi comanda realmente nel Carroccio sia Berlusconi. Una vecchia storia, ormai nota, ma non documentata, secondo la quale sarebbe il vero proprietario del simbolo, cedutogli in seguito al fatto che fu lui a pagare gli ingenti debiti della Lega.

 

Un’altra condizione imposta dalla Lega è stata la creazione della macroregione del Nord…

Non capisco, anche questo, perché non è stato fatto nel 2008, quando avevano la più grande maggioranza della storia repubblicana.

 

Cosa ne pensa del fatto che Berlusconi non sarà il candidato premier ma la guida della coalizione?

Fingono di non essere d’accordo sul premier ma, alla fine, si accorderanno. Tutto questo mi pare una sceneggiata di cui, al cittadino, non può importare di meno. La cosa più scandalosa, tuttavia, dal punto di vista della Lega è l’aver indicato come proprio candidato Tremonti.

 

Perché? Non è sempre stato ritenuto estremamente vicino alla Lega?

Per tutti gli anni in cui è stato ministro, non ha fatto nulla in senso federale. Anzi. Tremonti è notoriamente di stampo socialista e statalista e, con la Lega, ha a che fare ancor meno di Berlusconi. 

 

(Paolo Nessi)