“Anche un bambino e un ragazzino sa che da quando si prende la medicina ci vuole un po’ tempo per guarire”. In questo modo Mario Monti spiega le ragioni della malattia italiana dopo la sua cura. In questo periodo l’Italia è ancora in difficoltà e quindi Monti sbarazza il campo dalle polemiche che sono ancora in corso, che stanno caratterizzando il dibattito politico.



I numeri, i dati sono negativi perché “chi ha governato prima” non ha affatto realizzato le riforme che erano necessarie. Qui Monti, “salito in campo” e ospite di Bruno Vespa non risparmia accusa soprattutto verso Silvio Berlusconi definendolo un “pifferaio magico”, che sa incantare molte persone ma che poi li fa cadere tutti per terra, oppure, stando alla fiaba, li trascina nel laghetto.



E’ un Monti freddo, controllato, quello che parla a “Porta a porta”, che ha di mira soprattutto “il vecchio illusionista”, cioè Berlusconi, e poi i nuovi illusionisti che cavalcano l’antipolitica. Si toglie anche alcuni “sassolini nella scarpa” rispetto a Pier Luigi Bersani, spiegando che non c’è “polvere sotto il tappeto” come aveva insinuato il leader del centrosinistra rispetto ai conti dello Stato.

Antonio Polito introduce il problema della banca di ultima istanza, quella che alla fine risolverebbe il problema del debito stampando moneta. E Bruno Vespa lo incalza facendo l’esempio della Banca centrale giapponese, cioè di un Paese oberato da un debito enorme, molto più grande anche del nostro, che però è pronto a finanziare un enorme investimento in infrastrutture. Poi c’è lo stesso Barack Obama che aumenta il debito pubblico e difende questa scelta. Monti replica con argomenti molto precisi, con scelte economiche che non era possibile non affrontare. Monti misura le parole, accetta le critiche, ritiene che risolvere la situazione finanziaria e rilanciare l’economia non è un fatto immediato e semplice.



La linea di Monti è rigorosa e spiega che la politica deve trovare credibilità, soprattutto quando si parla di pressione fiscale, di abbattere le tasse. Anche Claudio Sardo, direttore de “l’Unità”, non risparmia appunti al premier, sostanzialmente proprio sul modo della “salita in campo” e della presenza ramificata, persino in Lombardia, della sua lista, in un modo che alla fine, proprio nel caso della Lombardia, può solo favorire il “populismo” leghista.

E’ un passaggio delicato che riguarda il motivo per cui Monti si è presentato. Il premier replica con il lavoro fatto e con la mancanza di fiducia che gli è arrivata alla fine della sua gestione di governo. E’ diventata quasi una ragione etica scegliere la “salita” in campo, per garantire un futuro all’Italia, perché non si disperdesse il lavoro fatto, perché si attuino le riforme necessarie a portare il Paese su piano di modernità e di funzionalità.

E’ una scelta difficile quella che sceglie Monti, anche da un punto di vista mediatico. Difendere il rigore è indubbiamente più problematico che schematizzare il programma di destra del rilancio economico con l’abbassamento delle tasse, oppure quello di sinistra di applicare più equità ricorrendo a una “patrimoniale”. Monti rifiuta tutte e due le scelte e pensa a difendere la scelta europea, il pareggio di bilancio, i conti in ordine e la costruzione delle premesse per una crescita più solida in un tempo non immediato ma neppure tanto lontano.

A questo punto ci si chiede: quali sono le sue fortune elettorali nella previsione dei sondaggi? Le previsioni di Renato Manneheimer sono quelle di un Pdl berlusconiano in risalita. Il Pd resta il primo partito. Per la lista Monti c’è un attestato di un quindici percento che Mannheimer definisce solido. La discesa di Beppe Grillo si ferma al momento al 12 e mezzo percento.