È costituito da sette punti il “Manifesto” di Mario Monti. Un documento che, rispetto alla storia politica italiana, è conciso, breve insomma, con una premessa che punta sulla scelta che deve fare l’Italia in futuro: “La scelta riguarderà la nostra capacità di recuperare lo slancio e le energie che abbiamo saputo mostrare nella fasi migliori della nostra storia recente, o se invece prevarrà la tentazione di un ripiegamento sulle nostre debolezze”. Vediamo solo il titolo dei capitoletti. Il primo è “Una scelta europea, una scelta di innovazione”, che è un poco la guida di tutte le battaglie dell’attuale Presidente del Consiglio. Il secondo è un punto che riguarda la specificità della situazione italiana: “Superare i vecchi schemi della politica del Novecento, dando vita a una nuova formazione politica che metta in primo piano le profonde trasformazioni di cui ha bisogno l’Italia”. Il terzo è un punto sul quale Monti batte da giorni: “Perché non possiamo e non vogliamo considerarci né di centro, né moderati”. Poi c’è un altro passaggio che riguarda “Il carattere laico e pluralista della nuova formazione, unita dai valori della libertà e dignità della persona”. Quindi “I rapporti con le altre forze politiche”, poi “Un nuovo stile nel confronto politico e nella gestione della cosa pubblica”. Infine, il settimo punto “Un nuovo impegno della società civile”.



Il documento è curato, soppesato nei termini, ma corre anche il rischio di essere generico. Si può dire che l’impegno forte è l’ancoraggio all’Europa, a questa Europa, che oggi molti mettono in discussione. Il secondo punto, anch’esso significativo, è il rimescolamento di carte nel quadro politico italiano: non più il confronto tra destra e sinistra. Anzi, nello specifico italiano, lo scontro, quasi una morsa di ferro, tra berlusconismo e anti- berlusconismo. Paolo Preti è docente senior nell’Area organizzazione e personale della Sda Bocconi. È il direttore del master Piccole imprese della Sda Bocconi ed è un attento osservatore della realtà economica italiana, senza mai dimenticare il retroterra politico che determina le scelte economiche e di politica industriale.



Che ne pensa professore di questo “Manifesto” di Mario Monti?

C’è indubbiamente il rischio che possa essere considerato generico. Ma non credo che, in un programma di patrocinio di una nuova area politica, potesse aggiungere altri elementi o entrare in punti più specifici. In questo momento Monti ha fatto riacquistare all’Italia credibilità politica in sede europea, è un leader accreditato. L’ancoraggio all’Europa è il suo impegno e fa anche comprendere, tra le righe (questa potrebbe essere una lettura “cattiva”), che l’Europa alla fine vuole lui, Mario Monti. L’Europa non si fida della destra e probabilmente neppure della nostra sinistra.



Forse proprio l’aggancio all’Europa, nel programma di Monti, va di pari passo con il superamento dello scontro tra destra e sinistra, dove, secondo il nostro premier, ci sono ancora presenze stataliste. Ma questo significa che è del tutto superata la contrapposizione tra sinistra e destra, in tutto Europa e in tutto il mondo?

È chiaro che in questo caso Monti fa riferimento allo specifico caso italiano. Negli Stati Uniti, nei grandi paesi democratici europei, questa visione tra conservatori e progressisti c’è tuttora e, penso, ci sarà ancora. In Italia la storia è differente, esistono radici statalistiche sia a destra che a sinistra. Si pensi solamente a una figura come Gianfranco Fini, che oggi confluisce al centro. Fino al tempo di Alleanza nazionale si poteva collocare tra gli statalisti in campo economico. Il problema per Monti è quello di mettersi al di sopra della rissa politica che c’è stata in questi anni, che si profila ancora nella contrapposizione tra Berlusconi e Bersani.

 

Da un punto di vista politico elettorale qual è quindi l’obiettivo di Monti?

 

Deve battere un sentiero stretto, quello di raggruppare forze politiche oggi collocate al centro che, secondo i sondaggi, hanno un bacino di voti che si aggira intorno al 10%. Quindi nel superamento di destra e sinistra, attraverso l’ancoraggio all’Europa, c’è il tentativo, più che legittimo, di erodere sia a sinistra che a destra per ottenere un sufficiente riconoscimento popolare. Ripeto: il sentiero è stretto. Berlusconi ha in un certo senso ricompattato la destra, ma è un leader screditato. Però se dovesse fare un passo indietro a favore di un leader più credibile, i problemi si complicherebbero per Monti.

 

(Gianluigi Da Rold)