Alla fine della giornata qualcuno giura di averlo sentito mormorare: “come sempre devo fare tutto io”. Silvio Berlusconi ha ritirato la delega ai suoi colonnelli ed ha avocato a sé la stesura delle liste del Pdl. Ne è scaturito un conclave infinito, una girandola di riunioni a volte drammatiche, ma il Cavaliere ha in mente una strategia precisa: non lasciare nulla di intentato, e non lasciare – allo stesso tempo – alcun argomento agli avversari.



Raccontano coloro che frequentano i corridoi di Palazzo Grazioli che tutto sia cambiato all’indomani del clamoroso successo della serata da Santoro. In quel momento l’aria è girata e le vele del centrodestra sono tornate a gonfiarsi. La rimonta ha finito di rappresentare una chimera e ha cominciato a delinearsi come difficile, ma possibile. Da quel momento in poi Berlusconi ha deciso di non fare più errori e che la strategia di sopravvivenza andava profondamente rivista.



La strategia di sopravvivenza voleva dire mettere in lista chiunque portasse voti, anche se chiacchierato e sotto inchiesta. Sufficiente non avere condanne definitive per rappresentarsi insieme come garantisti e fautori delle liste pulite. Una linea che può essere tollerata in un clima da “ridotto della Valtellina”, in cui ogni capataz locale, anche se chiacchierato, viene utile. 

Da Santoro, invece, Berlusconi è andato oltre ogni più rosea previsione, persino le sue. I sondaggi hanno immediatamente segnalato l’inversione di tendenza, un netto recupero e addirittura l’assottigliarsi del distacco rispetto al centrosinistra, che un mese fa pareva incolmabile. Tra le rilevazioni demoscopiche pare che sul tavolo del redivivo Cavaliere ne sia arrivato uno (sempre e solo della fidatissima Alessandra Ghislieri di Euromedia) che indicava una botta terribile sul voto di opinione in fase di recupero nel caso della presenza nelle liste del Pdl dei soliti noti, specie nella cruciale Lombardia. 



Pare si tratti di almeno un paio di punti percentuali, mente – al contrario – l’operazione liste pulite potrebbe valere sino a un milione di voti in più. Dalle parti di Palazzo Grazioli ci sono stati sobbalzi alla lettura di simili numeri e la sorte di alcuni fedelissimi con conti aperti con la giustizia è parsa segnata da subito. 

Il Cavaliere ha provveduto a segnalare il cambio di rotta chiedendo pubblicamente in televisione un passo indietro a un uomo che è qualcosa di più di un amico, Marcello Dell’Utri, artefice tanto di una fetta significativa delle fortune Fininvest con Publitalia, quanto della fondazione di Forza Italia. A quel punto è cominciato l’estenuante braccio di ferro sulle liste. Non un editto bulgaro coram populo, ma piuttosto la tecnica del carciofo, sfogliare un nome dietro l’altro facendo a ciascuno l’esame di legalità.

Il più lesto a capire ed a sfilarsi è stato Claudio Scajola, che proprio a questo vaglio ha detto chiaramente di non volere sottostare. Ma questa mossa ha messo in crisi altre aspirazioni, in primo luogo quelle di Nicola Cosentino, ras campano del partito, assolutamente restio a farsi da parte. E poi Amedeo Laboccetta, Mario Landolfi, Vincenzo Nespoli, Marco Milanese e Alfonso Papa. Tutti hanno cercato di dribblare i paletti, pochissimi ci sono riusciti, forse il presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, sicuramente Roberto Formigoni e Denis Verdini. 

Berlusconi è stato lento, ma implacabile. Ha delegato a Nicolò Ghedini l’ingrato compito di spiegare e convincere, ma non ha chiuso la porta a concedere qualche compensazione, come la presenza di qualche fedelissimo al posto dei capicorrente esclusi. Il lavoro si è rivelato lungo e snervante, specie intorno alle liste campane e siciliane, il risultato si vedrà solo all’ultimo minuto, quando lunedì le liste saranno depositate. Sino ad allora sono possibile ripensamenti e colpi di scena. E in tanti cercheranno di far cambiare idea al Cavaliere, forse qualcuno persino ci riuscirà.  

Restano due punti fermi. Il primo che l’operazione di pulizia delle liste non sarà indolore, e le prime avvisaglie ci sono in Liguria, dove si annunciano defezioni dal partito, per via della rinuncia tutt’altro che spontanea di Scajola. Se però Berlusconi terrà sufficientemente duro si sottrarrà al fuoco di fila dei suoi avversari, che avranno un argomento in meno per attaccarlo. Un argomento piuttosto imbarazzante per il cavaliere che di guai giudiziari ne ha già moltissimi di suo. Delle possibili fuoriuscite il cavaliere, invece, non si preoccupa troppo. I voti al Pdl, infatti, continuerà a procurarseli al 99 per cento lui, nel bene come nel male. Tutto il resto è zavorra di cui si può anche fare a meno se si vuole osare e volare alto.