Il comunicato “sulla politica” di Comunione e Liberazione rappresenta, credo, il primo approdo di un  percorso difficile, iniziato il primo maggio del 2012 con la bella e coraggiosa lettera di don Julián Cárron a Repubblica. La necessità di prendere le distanze dalle disavventure giudiziarie (e non solo) della giunta Formigoni ha ovviamente pesato assai, e sarebbe sciocco, oltre che inutile, negarlo. Ma limitarsi a registrare questo dato di fatto sarebbe ingiusto e ingeneroso. Non fosse altro perché la riflessione, individuale e collettiva, è già andata molto oltre, e andrà, ne sono sicuro, ancora più avanti. Fino a investire la lunga esperienza di Cl (o per meglio dire: dei rapporti tra Cl e la politica) nel suo complesso, nel tentativo – che da laico e da non credente mi auguro abbia successo – di aprire una stagione nuova senza chiamare in revoca, ma anzi riattualizzando le motivazioni originarie di questo movimento così come sono state vissute da generazioni di suoi aderenti.



Io non leggo il comunicato di Cl come la scelta di fare un passo indietro rispetto alla politica, per sempre o, più prosaicamente, in attesa di tempi migliori. Mi pare che lì sia riaffermato con grande nettezza un punto fermo, o se preferite un aspetto costitutivo della vostra storia, offuscato in tempi recenti e meno recenti, secondo il quale, per dirla in soldoni, Cl è una cosa, le scelte e le responsabilità delle cielline e dei ciellini che decidono di impegnarsi direttamente in politica un’altra. Ma riaffermare un simile principio sarebbe poca cosa, se non lo si accompagnasse, come il comunicato fa, con un’apertura esplicita al pluralismo delle scelte politiche possibili (“l’unità del Movimento non si identifica con uno schieramento politico”), fermo restando, naturalmente, l’impegno a battersi in difesa dei principi e dei valori che, dal vostro punto di vista, non sono negoziabili. Se capisco bene, questo significa che quella di provarsi a far vivere il nucleo forte della vostra esperienza in campi politici diversi, facendosi carico in autonomia delle opportunità e dei rischi che questo comporta, non è solo una possibilità finalmente ammessa e tollerata, ma un’occasione e una prova.



La novità mi sembra evidente e interessante. Leggo che, con questa scelta, Cl ha posto fine alla sua “stagione democristiana”, trasmutata, negli ultimi vent’anni o quasi, in “era berlusconiana”, sulla scorta di una incauta identificazione del Cavaliere con un De Gasperi redivivo. Mah. Come ha ricordato Giorgio Israel la famosa “unità politica dei cattolici” già negli anni Settanta (come clamorosamente testimoniarono prima il referendum sul divorzio, poi le vittorie elettorali del Pci del compromesso storico nei due anni successivi) era un ricordo del passato: anche per questo la neonata Cl ha fatto, a modo suo, tanta politica. 



E, quanto all’idea che qualcuno di voi abbia seriamente scambiato Berlusconi per De Gasperi, magari facendosi convincere dai neocon e dagli atei devoti, ho troppo rispetto per la vostra intelligenza per pensare che le cose siano andate davvero così. Credo piuttosto che a mostrare sempre più vistosamente la corda sia stata una concezione per così dire “pattizia”, da potenza a potenza, del rapporto di Cl con la politica e con il potere, e che una simile difficoltà sia divenuta letteralmente insostenibile quando la crisi di questa politica e di questo potere si è dimostrata inarrestabile. 

Cl ne paga dazio, e non poteva essere altrimenti. Ci si può, anzi, ci si deve chiedere se i ripensamenti cui il comunicato esplicitamente si riferisce non siano tardivi. Io credo di sì, ma non penso per questo che siano fuori tempo massimo. Anche perché il rapporto con la politica non va reciso per rinserrarsi chissà dove, ma reinventato. Tenendo ben presente che, per quanto brutta sia la campagna elettorale appena iniziata, e per quanto incerta e oscura sia la direzione di marcia, tutto è entrato in movimento, e niente tornerà come prima. Nemmeno per i cristiani. Nemmeno per Cl. Che è chiamata a rischiare e a rischiarsi. Ha, penso, la fede, la cultura, il radicamento, le forze e le idee necessarie a farlo. Anche andando, come d’altra parte è sua vocazione antica, controcorrente. 

Io spero che questi miei carissimi nemici vogliano e sappiano farlo, perché penso che, senza movimenti come Cl, i cambiamenti della società e della politica di cui tutti proclamano la necessità non ci saranno mai. I miei auguri, da questo punto di vista, sono anche interessati. Di testa e di cuore.