Se queste sono le premesse, del millantato rinnovamento non se ne farà nulla. Ricapitolando: Nicola Cosentino fino a poche ore fa sembrava destinato a essere ricandidato in un collegio sicuro (ma potrebbe, alla fine, aver desistito; in ogni caso, la certezza la si avrà solo alle 20, termine ultimo per presentare le liste al Viminale). In caso contrario, avrebbe minacciato: «Vi rovino, vi faccio saltare decine di giunte in Campania e poi vi faccio perdere le elezioni»; Scilipoti, quasi sicuramente, sarà ricandidato; Alfonso Papa sta combattendo per esserlo; Marco Milanese, alla fine, potrebbe desistere, ma non lo ha ancora fatto; Augusto Minzolini è candidato in Liguria. In sintesi, gli unici tra i cosiddetti impresentabili che hanno fatto un passo indietro sono stati Claudio Scajola e Marcello Dell’Utri. Abbiamo chiesto a Fabrizio D’Esposito, firma politica de Il Fatto Quotidiano, quale Pdl si sta delineando.
Cambierà qualcosa rispetto al passato?
Sarà un rinnovamento finto. E pensare che Dell’Utri, intervistato da Il Fatto Quotidiano, aveva detto che avrebbe fatto un passo indietro per consentire a Berlusconi di far fuori tutti gli impresentabili.
E invece?
Invece, Berlusconi è diventato vittima dei “mostri” che lui stesso ha creato. Va in tv a raccontare di essere lui il vero interprete dell’anticasta, contro il teatrino della politica, ma basta guardare le probabili candidature di due personaggi simbolo per capire che è vero il contrario: Cosentino, su cui pendono inchieste e ordinanze di custodia cautelare, e che senza la tutela parlamentare andrebbe direttamente in galera, e Scilipolti, il simbolo dei Responsabili, coloro che salvarono il governo Berlusconi. Ebbene, è evidente che la composizione delle liste sconta una serie di patti segreti, debiti da saldare e spinte ricattatorie.
Rispetto a Cosentino, c’è il problema che vale un sacco di voti. Se non viene candidato, ha promesso che spaccherà il Pdl.
In realtà, è vero il contrario. Probabilmente, può garantire certi bacini elettorali in Campania. Ma, al contempo, può fare perdere moltissimi consensi, almeno da Roma in su. Pare, addirittura, che la presenza degli impresentabili nelle liste del Pdl posta costare fino a un milione di voti.
Da questo punto di vista, come valuta le prese di posizione del Pd?
Almeno, nel Pd c’è stata un discussione, le primarie, una dialettica. La commissione dei garanti del partito, sabato, ha deciso di escludere Mirello Crisafulli, Antonio Papania e Nicola Caputo dalla competizione. Si è trattato di una decisione del partito. Non di Bersani. Il contrario di quanto accade nel Pdl, dove vige ancora una concezione del partito padronale.
Non crede che Alfano, in qualche misura, nella composizione delle liste abbia avuto un ruolo non indifferente?
Non direi. Non ha mai disposto della forza per imporre quel fantomatico partito degli onesti che aveva promesso nei mesi scorsi. Bastava assistere al balletto continuo tra la sede del Pdl in via dell’Umiltà, e Palazzo Grazioli per rendersi conto della sua totale subordinazione e Berlusconi. Ogni volta che si ipotizzava una nuova composizione delle liste, questa doveva essere sottoposto e approvata dal capo.
Come valuta la candidatura di Minzolini in Liguria?
Ormai, ha irrimediabilmente perso la faccia. L’essere stato al servizio del berlusconismo senza se e senza ma comporta un prezzo molto alto: è stato, in passato, brillantissimo; il principe dei retroscenisti italiani. Ora, invece, ha bisogno di una collocazione. Chi sarebbe più disposto ad assumerlo dopo la sua militanza berlusconiana al Tg1?
Berlusconi.
Appunto. In questo caso, così come in tanti altri, preferisce scaricare sulla politica dei costi che, altrimenti, dovrebbe accollarsi di persona. Gli fa più comodo tenere Minzolini in Parlamento a spese della comunità che assumerlo in Mediaset a 500mila euro all’anno, come si vociferava fosse intenzionato a fare.
Come giudica, infine, la compilazione della lista di Monti?
L’operazione si è rivelata estremamente deludente. Anzitutto, non si sono candidati i volti forti del montismo, come Passera, Montezemolo e Riccardi. Alla fine, salvo poche personalità eccellenti, si è trattato di una selezione fatta con il bilancino, utilizzando, ancora una volta, il Cencelli.
(Paolo Nessi)