Da Il Corriere della Sera del 23 gennaio 2013. Caro Direttore, soprattutto in un momento di crisi, di incertezza, di difficoltà della classe politica ad apparire credibile, la competizione elettorale può rappresentare l’occasione per maturare maggiore consapevolezza e responsabilità verso ciò che accade nel nostro Paese. Chi – come accade in una comunità cristiana – si educa a vivere in modo profondo la sua umanità, i suoi desideri, a essere fiducioso, libero, solidale, non può non desiderare che sia sempre affermato il valore di ogni singola persona e che tutte le energie positive che si annidano nella società, sostenute da ideali diversi, vengano liberate. Che cosa può favorire questo?
Innanzitutto la fondamentale difesa dei principi non negoziabili. Ma non basta. Occorre anche battersi per un reale pluralismo, non solo elettorale o partitico, ma culturale e sociale, garanzia di democrazia sostanziale. Inoltre, affinché l’educazione della persona nel senso descritto sia al centro nella società, è decisivo un sistema dell’istruzione che valorizzi il merito e nello stesso tempo dia una effettiva pari opportunità ai meno abbienti, puntando su libertà di insegnamento, creatività di insegnanti e studenti, autonomia delle scuole pubbliche e parità delle scuole libere.
Analogamente, perché maturi e dia frutto la capacità dei nostri giovani, è necessaria una sana competizione nel sistema universitario, per cui possa emergere chi fa buona didattica e buona ricerca, chi propone dottorati e master di qualità, chi è più utile al territorio nel quale è inserito. Nel mondo dell’imprenditoria la strada maestra perché la crescita torni a prendere quota è incentivare chi occupa, investe, esporta, e sbloccare il mercato del lavoro affinché un percorso lavorativo possa essere più flessibile, ma non più precario.
Certo, un’azione sociale davvero libera non può che essere anche solidale. A questo scopo non possono offrire valide risposte né un welfare statalista, né un mercato meramente liberista. Occorre riscoprire il valore delle imprese non profit nate dalle realtà sociali (non per niente laddove il welfare è più sussidiario sanità e assistenza costano meno e sono più efficaci).
Quanto finora esposto non può che essere considerato nel contesto della nostra ineluttabile appartenenza all’Unione europea. Per questo è irresponsabile censurare gli effetti sulla vita della gente dell’aumento dello spread o dell’impatto del debito pubblico. Anzi, bisogna avere il coraggio di intervenire sull’origine di questo debito, che è l’inefficienza della macchina statale, della burocrazia centrale e locale, dei finanziamenti a pioggia a un certo mondo associativo collaterale alla politica.
E, last but not least, occorre anche ricordare che la tutela della persona ha bisogno di una riforma della giustizia che rispetti i principi costituzionali: la garanzia di un’effettiva indipendenza dei tre poteri dello Stato, la presunzione d’innocenza di un imputato e la carcerazione (non preventiva!) a scopo redentivo.
Non è un gioco di parole ripetere che un programma in difesa della persona può essere attuato solo da candidati credibili. Nessuna moralistica condanna preventiva, tuttavia sia chi si autodefinisce giovane e nuovo ma ripropone solo contenuti vecchi, sia chi ha già governato ma senza buoni risultati, deve avere il buon gusto di lasciare spazio ad altri.
Non servono demiurghi vecchi e nuovi. Occorrono solo forme di governo che valorizzino ciò che nasce dal basso, favorendo un nuovo sviluppo, imperniato sulla libertà delle persone e delle formazioni sociali, in un’ottica sussidiaria e solidale.