Tutto al Nord, sopratutto al Nord. Sembra che l’importante per la Lega, con il nuovo leader Roberto Maroni, sia sostanzialmente quello di barricarsi nelle grandi regioni settentrionali e lasciare che a Roma, dopo l’accordo fatto con Silvio Berlusconi, si crei un empasse di ingovernabilità cronica, oppure si formi una maggioranza che abbia un “respiro corto” e inevitabilmente una durata breve. Maroni punta alla presidenza della Regione Lombardia, usa toni quasi perentori nell’affermare che il 75 percento delle tasse versate dai lombardi dovrà restare sul territorio e, dicendo questo, tenta di ricompattare con orgoglio leghista una base che ha passato una stagione infernale con il “pensionamento” di Umberto Bossi e tutto quello che ne è seguito. Ma se si guarda bene alle vicende dei lumbard, si capisce che questa strategia non convince affatto tutti all’interno della Lega e c’è pure la sensazione che il risultato elettorale lascerà spazio a possibili future contrapposizioni. Più in generale, si può dire che il periodo travagliato passato dalla Lega Nord ha lasciato il segno e, nel tentativo di riprendere in mano una forza politica che era letteralmente esplosa sul piano elettorale negli anni Novanta, si vedono incertezze, una reale mancanza di gioco di squadra, quasi una sorta di smarrimento e di qualche cosa che sfugge di mano. Gigi Moncalvo è un grande giornalista che conosce bene il leghismo e cerca di offrire interpretazioni al momento che la Lega Nord sta passando, aggiungendovi considerazioni che trae ponendosi anche delle domande.



C’è una difesa, un rifugio nel Nord della Lega?

E’ una domanda che mi sono posto anch’io. Ma una difesa, un arroccamento a Nord presupporrebbe l’insediamento nelle tre grandi Regioni: Veneto, Lombardia e Piemonte. Allora perché Sergio Cota si presenta alle elezioni? E’ sicuro in questo modo di non aprire una nuova campagna elettorale in Piemonte? E quindi si sguarnire una delle tre grandi regioni del Nord?



Roberto Maroni fa invece una scelta chiara: opta per la presidenza della Regione Lombardia.

In questo casi occorre comprendere bene questa scelta fatta di Maroni. Di fatto, Maroni ha dato una grande mano a Silvio Berlusconi e quindi fa sempre pensare che tra lui e il Cavaliere ci sia un asse privilegiato che dura da molto tempo. La Lombardia è una regione-chiave dal punto di vista elettorale, per la maggioranza al Senato. In questo modo per Berlusconi la Lombardia era di importanza vitale, per quello che lui intende raggiungere a risultato elettorale ottenuto. Maroni glielo ha servito su un piatto, prima parlando di una possibile candidatura a premier di Giulio Tremonti, poi lasciando che la cosa decadesse lentamente. Io penso che Maroni abbia fatto un scelta personale perché ha compreso che il quadro politico generale, quello nazionale, non gli lascia molto spazio.



Si parla di dissapori, divergenze tra lui e il sindaco di Verona, Flavio Tosi, di fatto il personaggio emergente nella Lega.

Penso proprio che Tosi abbia avuto idee molto differenti da quelle di Maroni. Credo che il sindaco di Verona volesse innanzitutto che la Lega si presentasse da sola, interpretando in questo modo, il pensiero di molti leghisti. In secondo luogo, ritengo che Tosi non volesse questo arroccamento al Nord, ma che puntasse ad avere una pattuglia di parlamentari a livello nazionale in modo da fare una dura battaglia in Parlamento, anche di piccola minoranza agguerrita. A questo punto le cose si ripresenteranno, penso, nel dopo elezioni.

A suo parere in questo momento la Lega Nord non offre una buona immagine, non le pare che possa avere ancora un buon appeal elettorale?

Ma io credo che siano state sprecate diverse occasioni. Se c’era un partito, ad esempio che aveva bisogno di primarie in questo momento era proprio la Lega Nord, anche per tutto quello che è accaduto. Qualcuno le aveva pure chieste ma se ne è dimenticato. Mi sembra che stiano vivendo un momento delicato e che alla fine, dopo l’accordo con il Pdl, l’unico che ha guadagnato veramente in questa situazione sia stato soprattutto Berlusconi. Occorrerà a un certo punto fare attenzione a non diventare una “sottomarca” del Cavaliere.

 

(Gianluigi Da Rold)