Sulla riforma del lavoro c’è ancora molto da fare, ma se “non siamo andati abbastanza lontani” la colpa è della Cgil, “considerevolmente resistente al cambiamento“. Mario Monti non le manda certo a dire e dal “World Economic Forum” di Davos in Svizzera sferra il suo attacco al sindacato guidato da Susanna Camusso.
Intanto, però, la Commissione europea procede al secondo passo nella procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata applicazione della direttiva Ue sulla rappresentanza sindacale per i contratti di lavoro a tempo determinato. L’esecutivo di Bruxelles ha inviato un avviso motivato che dà a Roma due mesi per comunicare le misure adottate per la trasposizione integrale della legge europea del 1999. La direttiva, infatti, prevede che i lavoratori con contratto a termine siano presi in considerazione per il calcolo dei rappresentanti sindacali. Le norme italiane prevedono che si tenga conto solo dei contratti con durata superiore a nove mesi.
Secondo una nota della Commissione “ciò implica che i lavoratori con contratti di durata inferiore non sono presi in considerazione nel calcolo necessario a determinare se un’impresa è sufficientemente grande per dover avere organi di rappresentanza sindacale“. “Se l’Italia non rispetterà i due mesi concessi “la Commissione potrebbe decidere di deferire il nostro Paese davanti alla Corte di Giustizia Ue“.
A Davos Mario Monti, candidato premier di “Scelta Civica” ha comunque elencato alcuni punti chiave della sua campagna elettorale e ha risposto alle domande che gli venivano poste. Una in particolare: cosa farebbe contro la disoccupazione in Italia, soprattutto quella giovanile? “Due cose. La prima, misure specifiche per i giovani. E nonostante le difficoltà di bilancio, già abbiamo iniziato ad aiutare fiscalmente le imprese che assumono i giovani, ma molto può essere ancora fatto in una prospettiva di cinque anni, ora che abbiamo una situazione di finanza pubblica molto più solida“.
“La seconda è la riforma del lavoro che abbiamo varato”, continua Monti, “non è andata avanti abbastanza per colpa di un sindacato che ha resistito decisamente al cambiamento e non ha firmato accordo che gli altri avevano firmato“. “Va cambiata questa cultura” ha aggiunto il premier uscente.
Il professore è andato oltre, analizzando quale configurazione politica è più in linea con il bisogno di riforme:”L’idea che promuoverei se fossi nella posizione di farlo è in sostanza di unire le forze pro-riforme che sono disperse nei vari schieramenti, così da avere più energia dietro le riforme“. Il riferimento è alla destra, che a suo dire, “ha resistito sulle leggi anti corruzione o sul conflitto di interessi: abbiamo fatto qualcosa, ma dobbiamo unire le forze riformiste per fare di più e dare nuova vita all’economia italina. I primi beneficiari sarebbero giovani e disoccupati“.
Intervistato da RadioAnch’io su Radio1 Rai anche il patron di Confindustria Giorgio Squinzi prende posizione:”La Cgil non è un ostacolo alle riforme e agli interventi per la crescita“. “Siamo tutti sulla stessa barca, nel pieno della tempesta perfetta, bisogna tutti remare nella stessa direzione“. “Ora”, conclude Squinzi, “serve un nuovo miracolo italiano“.