Tra meno di un mese saremo chiamati ad assolvere il diritto-dovere di voto, partecipando alla scelta di chi governerà il Paese e la nostra Regione Lombardia. In mezzo a mille proclami, pratiche demagogiche e promesse, ritengo decisivi, da una parte, il contributo che ci è pervenuto lo scorso 2 gennaio dalla nota di Comunione e Liberazione “sulla situazione politica e in vista delle prossime scadenze elettorali” e, dall’altra, i contenuti espressi dal volantino della Compagnia delle Opere del 21 gennaio, dal titolo “Un bene per l’Italia e per l’Europa”.
Quel che più colpisce di questa campagna elettorale è che il popolo italiano sembra chiamato ad assumere una decisione in modo sostanzialmente passivo. I politici si presentano agli elettori attraverso le televisioni, le radio e i giornali, limitando gli incontri diretti con persone, aggregazioni sociali, realtà imprenditoriali, certamente più faticosi, ma anche più affascinanti.
Succede così che la maggior parte delle persone si ritrova a discutere delle varie opzioni da scegliere sulla base delle reazioni che scaturiscono dalle trasmissioni o dalla lettura dei quotidiani, compresi quelli online. Sembra che in questa breve campagna elettorale tutto si compia in un rapporto di azione-reazione rispetto a battute e comportamenti di cui siamo spettatori.
E’ giusto che stampa e televisioni svolgano il ruolo di megafoni delle proposte, ma rimango perplesso di fronte ad una classe politica che riduce la comunicazione col popolo ad un’operazione di “marketing politico”, in cui la volontà di “vendere” a tutti i costi un prodotto (il voto per il proprio partito) prevale sul confronto vero riguardo alle idee utili e necessarie per cambiare il Paese.
Eppure la campagna elettorale è l’occasione per porsi una domanda: come possiamo affrontare la crisi e far crescere la nostra Italia? La risposta non è certo delegabile ad un partito o leader politico, ma riguarda ognuno di noi, impegnato nell’esercizio quotidiano della propria responsabilità e della propria libertà.
E’ una provocazione che implica una verifica giornaliera del proprio ideale davanti alle sfide che la vita ci impone. In questa dinamica ogni persona, inserita in una comunità, diventa costruttrice di storia. E una vera democrazia non può dirsi compiuta se non nasce dal basso. Ed è ancora meno compiuta se si delega al potere il compimento delle proprie domande e dei propri desideri.
Ritengo che il volantino della Compagnia delle Opere, diffuso in questi giorni, sia un contributo formidabile, proprio perché non racchiude programmi o ricette, ma schiude l’esperienza di donne e uomini che, in forza della propria fede e della propria tensione umana, giocano sino in fondo la loro responsabilità nel dare un apporto positivo alla costruzione del bene comune. E’ una realtà ben distante dalla volontaria e insopportabile violenza di alcuni media che non perdono occasione, davanti a inchieste giudiziarie o singole dichiarazioni, di ridurre la forza, la bontà e la positività di quest’esperienza in una logica scandalistica e nell’uso strumentale che ne fanno alcuni politici. Solo a partire dalla consapevolezza di questo compito si può arrivare ad un dialogo attivo con coloro che ci vogliono rappresentare. La politica è un servizio al popolo. Chi vuole fare politica così non può sottrarsi all’attenzione e all’ascolto delle esperienze e delle proposte che nascono dalla base della nostra società. C’è da augurarsi che le prossime settimane non riducano la campagna elettorale alla conquista di un consenso indifferente alle effettive necessità della comunità. Allo stesso, tempo l’auspicio è che i media siano luogo di un vero confronto tra chi non rinuncia a costruire il bene del Paese, con sincera dedizione e adeguate competenze.