Il cardinale Angelo Bagnasco critica il “professionismo” delle fasi preelettorali che contrasta con la “fiamma di altri momenti”. Ricorda che “il Paese è stanco di populismi e di reticenze” di qualsiasi parte e di una “politica rivolta a arricchimenti personali”. Ma la prolusione del presidente della Cei di fronte al Consiglio permanente sembra avere un valore che non è riconducibile solo a questo momento. Sarà alla fine l’unico intervento che di fatto arriverà in campagna elettorale, ma la Chiesa non fa endorsement per nessuno, neppure, come poteva sembrare a dicembre, nei confronti del premier Mario Monti. Andrea Tornielli, uno dei più bravi vaticanisti italiani, giornalista de La Stampa, spiega l’attenzione “maggiore”, particolare della prolusione di Bagnasco. E precisa: «Non c’è alcun endorsement per Monti o per qualcun altro. C’è il riconoscimento per quello che è stato fatto, ma anche con qualche precisa distinzione. Bagnasco spiega infatti che c’è uno “sbilanciamento tra il desiderio popolare di uscire dal tunnel e ciò che viene messo in campo perché l’impresa riesca grazie all’iniziativa dei pubblici poteri”. Ancora si sottolinea che la disoccupazione giovanile è “un’epidemia che non trova argini” e intanto ci si chiede “se le iniziative legislative che si sono finora succedute abbiano determinato sollievo o aggravamento». 



Sembra che il presidente della Cei abbia voluto dare dei segnali a tutti gli schieramenti politici italiani.

Direi che questa è l’interpretazione giusta del discorso fatto dal cardinale Angelo Bagnasco. Si potrebbe tradurre più bruscamente con un “ce n’è per tutti”. Ma in sostanza la Chiesa dimostra, come è sempre stato in passato e in linea con quello che è avvenuto, di essere attenta alla questione sociale e alla questione antropologica. Sulla questione sociale Bagnasco sottolinea ad esempio che «le competenze migliori cooperino in uno sforzo solidale e così ogni istituzione, affinché si possa vedere e toccare il rilancio dell’occupazione e dell’economia. Rilancio per cui la gente ha accettato sacrifici anche pesanti. Per cui tanto patrimonio di responsabilità e rigore, di dignità e adattamento, non può andare sprecato per colpa di alcuno. Sarebbe un insulto». 



Un monito fermo. 

Un richiamo perché alla fine non vengano sprecati i sacrifici sostenuti dagli italiani. Questo il senso vero della prolusione. C’è poi la preoccupazione per l’aspetto antropologico. Il cardinale Bagnasco si è soffermato nella sua ultima parte della prolusione, ricordando come la famiglia sia stata ancora una volta l’elemento fondamentale per la coesione sociale. Dice espressamente che la famiglia «non può essere indebolita da ideologie antifamiliari o similfamiliari, che vorrebbero ridefinire la famiglia e il matrimonio mutando l’alfabeto naturale e istituendo modelli alternativi che la umilierebbero alimentando il disorientamento educativo».



C’è pure un passaggio sulla recente sentenza della Cassazione sull’adottabilità da parte delle coppie omosessuali, che «oltre a essere stata immotivatamente ampliata a nella propria valenza, non può certo mutare la domanda innata di ogni bambino: quella di crescere con un papà e una mamma nella ricca armonia delle differenze».

Questo è un altro richiamo a chi in questo momento sembra che voglia lasciar perdere questi temi, che li fa scivolare via, quasi senza prendere una posizione precisa. E’ un monito a prendere una posizione. Quella che viene detta biopolitica è ormai una frontiera immancabile di qualsiasi programma. Quindi non ha senso, secondo il cardinale Bagnasco, nascondere gli argomenti, riconoscendo solo all’economia cittadinanza elettorale, perché è un fenomeno che in questo momento brucia. Il monito di Bagnasco alla politica sta in questa frase: «Quando la Chiesa si interessa dell’inizio e della fine della vita lo fa anche per salvaguardare il “durante”, perché le sta a cuore tutto l’uomo, la cui dignità non è a corrente alternata».

(Gianluigi Da Rold)