Mario Monti ha schierato in Lombardia il Tridente, Silvio Berlusconi (infischiandosene delle regole che impongono per concorrere al Senato almeno 40 anni) risponde schierando Mario Balotelli. Non so se fa ridere, ma di sicuro una scelta di campo va fatta, al di là delle altre, in questa campagna elettorale: bisogna decidere se ridere o piangere, e noi dopo attenta riflessione abbiamo optato per la prima, e spiegheremo anche perché.



Dopo attenta riflessione, però, perché le premesse per piangere, a una prima analisi, ci sarebbero invece tutte. Ognuno vota come vuole, s’intende, ma per un cattolico appassionato al bene comune sarà davvero difficile destreggiarsi, ci sarà da turare il naso, poi qualcuno potrà scegliere di turare la narice sinistra, qualcuno quella destra, qualcuno le turerà tutte e due e sceglierà il centro, ma di sicuro manca ancora sulla scena un’opzione davvero rassicurante sul modello europeo.



Per quale ragione se uno si ritiene appartenente all’area di centrodestra deve sottostare alle mattane del Cavaliere, qualcuno dovrà spiegarcelo. Che passione per il bene comune mostra chi agita lo stemma di Mussolini, vien da chiedere? Quale può essere l’obiettivo se non di acchiappare qualche consenso nostalgico, confidando sul fatto che gli altri, tanto, lo votano lo stesso? E che arma hanno questi altri, se non di smettere di votarlo, per dire che non si fa così, che non si getta vergogna sull’Italia, non in questo momento soprattutto, se si ha a cuore veramente l’Italia? Vogliamo davvero riscrivere la storia? Vogliamo davvero dimenticare Matteotti e Sturzo per un pugno di voti? E poi, vogliamo far credere davvero che andava tutto bene, prima dell’arrivo di Monti?



E per cortesia evitiamo questa drammatica graduatoria fra lager e gulag, che ammorba l’Italia da decenni a soli fini auto-giustificatori, quasi che non fosse possibile gettarci dietro le prigioni del’900 e occuparci delle moderne persecuzioni che vedono vittime i cristiani, a migliaia, in tutto il mondo. A proposito, mi si fa notare – dall’interno dello stesso Pdl – che le quattro candidate animaliste abbiano trovato tutte una collocazione salda in lista. Michela Brambilla in testa, mentre molti cattolici se la dovranno sudare, a differenza dei vari Minzolini e Scilipoti.

Guardando dall’altra parte, poi, è un altro disastro. Ha ragione Savino Pezzotta: l’unica soluzione, vista la deriva anti-europea e anti-democratica che ha preso il Pdl, poteva essere un accordo alto fra Casini e Bersani per le riforme fra soggetti diversi. Mantenendo ognuno le proprie impostazioni sui valori, ma mettendosi d’accordo per portare avanti le riforme con un’agenda sociale da affiancare all’agenda Monti. 

Il risultato invece di questa mancata intesa è sotto gli occhi di tutti. Bersani è prigioniero dell’area massimalista e se riuscirà a vincere – per un pelo – dovrà pagare dazio sulle riforme. Ma soprattutto sulle istanze etiche, ossia le riforme che svendono i valori – vita e famiglia in primis – senza particolari oneri per lo Stato, mentre altissimo sarebbe il prezzo da pagare nella  nostra vita di tutti i giorni.

L’Udc, dal canto suo, in un documento in cui, a dire il vero, si può riconoscere più il lessico di Buttiglione che del suo leader, si è vincolata a non cedere di una virgola sui valori non negoziabili. Bene, ma solo chi non conosce come stanno le cose nella lista Monti che corre unita al Senato (dove si faranno i giochi nella prossima legislatura) può trascurare l’assoluta egemonia assunta dal gruppo dirigente di ItaliaFutura, la cui impostazione di sinistra radical-chic è di tutta evidenza.  

Hanno deciso loro quali cattolici accettare (essenzialmente la Comunità di sant’Egidio), e hanno deciso loro (con la complicità di Fini e Casini) che un’ulteriore lista di esponenti cattolici ed ex Pdl (penso ad Alfredo Mantovano o Isabella Bertolini, nomi di assoluto rispetto) fosse un’operazione da bloccare. Hanno deciso loro, poi che Giannino e Passera dovevano stare fuori dai giochi e non si capisce davvero perché, se non per non far ombra ai nuovi capetti impadronitisi del territorio moderato. Sarebbe stato divertente sperimentare quanto valeva da sola ItaliaFutura con una sua lista,ma purtroppo tale risposta la avremo solo riferita a “Fare” di Giannino.

Ciò nonostante in lista ci sono nomi di tutto rispetto, nella lista Monti come nell’Udc, mentre nel Pdl, va detto, i cattolici uscenti (dichiarati) a malapena sono riusciti, e neanche tutti, a salvaguardare se stessi. In particolare sono convinto che avrà grande spazio operativo Mario Mauro, ma con lui anche Franco Frattini che non siederà in Parlamento, nel mettere in piedi finalmente un progetto costituente del Partito Popolare europeo che – dopo le prime schermaglie d’inizio legislatura – potrà trovare l’apporto di vari “pentiti” del Pdl costretti oggi a rifugiarsi sotto Berlusconi per mere ragioni – solo in parte comprensibili – di sopravvivenza. Un progetto che il riformismo di Monti potrà favorire, ma non impersonare, visto che il premier uscente ha detto in tutti i modi che lui non appartiene a nessun partito, di fatto respingendo come riduttivo l’endorsement in suo favore venuto dai leader del Ppe.

A completare il quadro neanche si può gettare la croce addosso a quei cattolici che hanno scelto di giocarsela nell’ultimo partito democratico di nome e di fatto che c’è. Un partito che – come capita spesso a quelli che si candidano a governare – mette insieme tutto e il contrario di tutto, rimandando i giochi veri a dopo una volta – evidentemente – che si sarà vinto davvero.  Nomi di tutto rispetto o riconfermati o di nuova presentazione che Bersani può esibire, esponendosi però alla critica facile di essersi già legato mani e piedi, sui valori ma anche sulle riforme, a istanze di tutt’altro tipo.

Ma ci sono riflessioni finali da fare, e sono quelle che ci riportano all’ottimismo. Qui si finge di dimenticare che i parlamentari sono eletti senza vincolo di mandato e i leader che si candidano a governare, se giurano su questa Costituzione, sanno bene di non poter disporre delle coscienze dei singoli parlamentari come fossero una proprietà privata. Il lavoro di questi mesi, la riflessione sincera ma ancora acerba portata avanti da tanta parte dell’associazionismo cattolico, se non era finalizzata alle ambizioni di questo o quello, deve ora saper proseguire come laboratorio alla luce della dottrina sociale che, al di là delle diverse inclinazioni politiche di ciascuno, dovrà produrre quello spirito e quelle proposte condivise in grado di costituire una sorta di minimo comune multiplo per ogni cattolico.

Un modo per non mandare il cervello all’ammasso per chi andrà in Parlamento, un modo per non rilasciare deleghe in bianco da parte di chi vota. Perché gli errori ci sono stati da entrambi i fronti. Quelli che si sono chiusi nel Palazzo pensando solo a se stessi e quelli che si sono solo alimentati con la dottrina, senza sporcarsi le mani. Stavolta invece ho l’impressione che, soprattutto per i cattolici, i giochi veri si faranno fuori dal Parlamento.  E dovranno vedere protagonisti insieme cattolici, appunto, e uomini di buona volontà per riuscire a dare al Paese una proposta credibile e di stampo europeo. La risposta in tal senso non verrà dal Palazzo, ma questo più che una iattura è una sfida, che chiama in causa tutti.