Senza la Lega, il Pdl è destinato a contare ben poco. Sia in Parlamento che in regione Lombardia. In cambio dell’alleanza, Berlusconi potrebbe essere disposto all’ennesimo passo indietro. Si “accontenterebbe”, in caso di vittoria, di fare il ministro dell’Economia. E lascerebbe la candidatura a premier a qualcun altro. Almeno, se prendiamo per buone le sue dichiarazioni. Sulla cui genuinità Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore, ha qualche dubbio.



Andiamo con ordine: la Lega aveva fatto sapere che non avrebbe chiuso la porta in faccia al Pdl se quest’ultimo avesse staccato la spina al governo Monti e se la candidatura del centrodestra in Lombardia fosse andata a Maroni. Due condizioni che, tutto sommato, sono state rispettate. Ma se ne è aggiunta una terza: mai con Berlusconi candidato premier. Perché?



In realtà, Maroni, una parola definitiva sull’alleanza, non l’ha mai pronunciata. Anzi, addirittura, pur avendo posto una serie di condizioni per l’eventuale accordo con il Pdl, non ha mai lasciato intendere che il candidato premier della coalizione sarebbe stato Berlusconi. Credo che, in realtà, da parte della Lega, possiamo notare una certa linearità mentre, da parte di Berlusconi, la sottovalutazione della questione.

Tuttavia, se la Lega non accetta l’alleanza, rischia di perdere la Lombardia e di non entrare in Parlamento, o di entrarci ma risultando ininfluente

Maroni, in Lombardia, potrebbe rivelarsi una sorpresa. E non è detto che Lega, da sola, prenderebbe alla Camera e al Senato meno voti che assieme Berlusconi: condurrebbe, infatti, una battaglia di testimonianza, facendo leva sull’identità e ponendosi sul fronte dell’antipolitica; un fronte cavalcato dallo stesso Berlusconi, ma con meno credibilità, avendo fatto più volte il presidente del Consiglio. Non dimentichiamo, inoltre, che Maroni il rinnovamento l’ha fatto sul serio. Va dato atto a lui e al suo gruppo dirigente di aver mandato in pensione Bossi. Altrettanto non è stato fatto nel Pdl. La sua corsa solitaria ha senso anche alla luce di un tale rinnovamento.



Però Berlusconi potrebbe sempre mettere in atto la minaccia di staccare la spina ai governi regionali di Veneto e Piemonte.

Bisognerebbe capire cosa ne pensano i consiglieri e gli assessori regionali del suo partito. Berlusconi non è più il padrone assoluto del Pdl, e non è detto che la minaccia rappresenti una pistola effettivamente carica. Anche perché, così facendo, si destinerebbe inevitabilmente alla sconfitta.

Berlusconi potrebbe realmente fare un passo indietro per ottenere l’alleanza con il Carroccio?

Il ritorno in campo e la sua candidatura a premier sono profondamente legate a questioni personali e d’orgoglio. Mi pare difficile che, giunti a questo punto, possa fare un passo indietro.

Ha detto che potrebbe limitarsi a fare il ministro (e, intervistato dal Tg1, che l’accordo con la Lega sarebbe vicino…)

Ha anche chiesto a Monti, solo poche settimane fa, di fare il leader dei moderati. E’ un negoziatore molto abile. Non è che tutto quello che dice vada preso per forza alla lettera.  

Si vocifera che il candidato premier della coalizione potrebbe essere Tremonti.

Mi sembra un’ipotesi infondata. Certo, ogni giorno assistiamo a dichiarazioni opposte a quelle del giorno precedente. Sta di fatto che Berlusconi ha più volte affermato che il suo governo è caduto per colpa di Tremonti. Come se non bastasse, l’ex ministro dell’Economia si è attestato, di recente, su posizioni di estrema sinistra rispetto all’Europa, le stesse di gente come Rizzo o Diliberto.

Che alternative restano?

Al limite, credo che non possiamo escludere che si decida di rispolverare lo schema a tre punte del 2006, quando Forza Italia, An e l’Udc corsero in coalizione, ciascuno con il proprio candidato. Si trattò di una sorta di primarie del centrodestra. Berlusconi, siccome la legge elettorale lo imponeva e lo impone tuttora, fu indicato come il coordinatore della coalizione. La Meloni e Tosi (o chi per loro) potrebbero svolgere il ruolo di Fini e Casini di allora. Sempre che la Lega non abbia già optato per la scelta di competere dal sola. 

 

(Paolo Nessi)