A poco più di una settimana dalla data di scadenza della presentazione delle liste, i rapporti tra Pdl e Lega appaiono tutt’altro che distesi. In assenza di decisivi cambi di direzione, il Carroccio si è detto pronto a rinunciare all’alleanza per correre in solitaria alle prossime elezioni, pur rischiando di rappresentare una forza marginale in Parlamento e di vedersi staccare la spina dai berlusconiani in Piemonte e Veneto, ma certamente facendo tornare il buonumore a tanti elettori. Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso, vale a dire la candidatura a premier del Cavaliere, il quale si è però detto disposto a fare un passo indietro pur di non veder il centrosinistra conquistare, grazie al Porcellum, la maggioranza anche al Senato. Abbiamo chiesto un commento al direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.



E’ realistico immaginare un effettivo passo indietro di Berlusconi?

E’ realistico immaginare che Berlusconi non sia più di tanto interessato a fare il premier, ruolo che ha già ricoperto per anni e che probabilmente non lo appassiona più come un tempo. Nonostante sia ovvio che all’interno di una coalizione il premier venga indicato dallo schieramento di maggioranza, con questa legge elettorale è politicamente immaginabile che ognuna delle tre “punte”, vale a dire Pdl, Lega e Fratelli d’Italia, indichi i suoi desiderata di premiership. Poi, ovviamente, il problema del premier si pone se la coalizione vince, quindi se ne potrà parlare anche più avanti.



Chi potrebbe essere proposto al posto di Berlusconi?

Tenendo conto del fatto che, anche se dovesse fare un passo indietro, Berlusconi resterà comunque leader di questa coalizione, in caso di spacchettamento di premiership il Pdl dovrà trovare una persona che, oltre ad avere i requisiti, possa rappresentare un punto di unione e non di divisione tra le varie forze. Si potrebbe anche pensare a qualcuno non necessariamente interno, ma comunque autorevole, che possa non scatenare particolari disequilibri.

Come vede invece Tremonti?

Bisogna innanzitutto capire se Tremonti è candidato con la Lega o con il Pdl, viste le chiare distanze prese dal secondo partito. Francamente, pur avendo grande stima di lui, non lo vedo come candidato alla premiership.



Come mai?

Perché alle spalle non ha alcun “esercito”, un solido elettorato, e sppiamo quante ire si sia attirato, giustamente o ingiustamente, all’interno del Pdl. E’ per questo che non credo possa rappresentare un punto di sintesi ideale.

Berlusconi ha detto che potrebbe fare anche il ministro degli Esteri o dell’Economia. Cosa ne pensa?

I ministri “di peso” sono essenzialmente tre, i due citati da Berlusconi e quello dell’Interno. Visto che non lo vedo nei panni di quest’ultimo, credo che gli altri due fronti siano quelli su cui Berlusconi possa dimostrare certamente qualcosa in più rispetto a tante altre persone. Nonostante si pensi che la sua figura sia in difficoltà con gli attuali leader europei, per esempio, Berlusconi ha senza dubbio un network di conoscenze internazionali ed esperienza di primissimo livello.

Riguardo le intenzioni della Lega, secondo lei davvero il Carroccio sarebbe disposto a risultare praticamente ininfluente in Parlamento pur di correre senza il Pdl? 

Immagino proprio di sì, anche se non credo che sarà davvero così ininfluente, visto che fa parte di una coalizione in cui potrà comunque rappresentare una forza, anche se piccola. La storia lo dimostra: singoli personaggi sono stati in grado di condizionare o mettere in difficoltà un governo, ma non credo sia comunque questo l’obiettivo della Lega.

Che partita sta giocando quindi?

A mio giudizio la Lega ha preso una strada molto chiara e intelligente, scegliendo di ripartire dal territorio. Se dovesse governare anche in Lombardia, infatti, insieme al Piemonte e il Veneto sarà in tutti i casi in grado di condizionare l’attività di governo, visto che gran parte del Pil del Paese si trova proprio al Nord. Non è dunque un problema di deputati, ma di riuscire a governare il nord Italia per poter continuare a contare in maniera decisiva.

Secondo lei Berlusconi, se necessario, ha ancora il potere di staccare la spina in Veneto e Piemonte?

Credo di sì, soprattutto in Piemonte. Non bisogna però pensare che si tratti di un “ricatto”, bensì di semplice coerenza: la Lega non può pensare di prendere totalmente le distanze dal Pdl a livello nazionale e in Lombardia ma non in Piemonte e in Veneto, a seconda di ciò che le conviene. Il messaggio mi sembra dunque chiaro: o si corre insieme dappertutto oppure si avanza totalmente separati.

Che sorprese dobbiamo aspettarci alle elezioni?

Al momento sono tutti concentrati sulla “novità”, quindi su Monti e la sua lista, tanto che, leggendo certi giornali, sembra quasi che ormai la partita sia interamente tra il premier uscente e il Partito Democratico. Credo invece che quella sia una gara interna a un’area comunque riconducibile al centrosinistra e che la sorpresa di queste elezioni sarà invece il centrodestra. La lista di Monti è certamente importante, ma non credo possa rappresentare una vera novità dal punto di vista elettorale.

A giochi fatti crede possa venirsi a creare una grossa coalizione che possa coinvolgere anche Berlusconi?

Dipende molto dai risultati elettorali. Una grossa coalizione nasce innanzitutto intorno a un fulcro e non attraverso l’unione di pari debolezze, quindi deve esserci qualcuno disposto e in grado di chiamare a sé gli altri. Una volta capito chi potrà essere questa figura centrale e che tipo di condizioni vorrà porre, allora uno scenario simile potrà effettivamente essere immaginabile.

 

(Claudio Perlini)