Forse per tutto il 2012 abbiamo avuto un’immagine diversa di Mario Monti. Diversa da quello che veramente è Mario Monti. Il “tecnico” che appariva defilato, che viene chiamato per risolvere un grave impasse politico, di credibilità internazionale dell’Italia e soprattutto il rischio di un pericoloso sbandamento dei conti pubblici, rispondeva all’esigenza di personaggio di rilievo internazionale che apriva una parentesi nel quadro politico italiano. Ma una volta chiusa la sua missione, molti erano indotti a pensare che Monti si sarebbe ritirato nel suo ruolo di professore, di grande economista a cui è stato riconosciuto un seggio a vita nel Senato della
Repubblica. L’ultimo Monti è differente. E’ quello che compare in conferenza stampa per presentare il suo simbolo “Scelta civica” , “Con Monti per l’Italia”. E’ quello che accetta, sceglie consapevolmente di scendere in campo nelle prossime elezioni politiche, con il ruolo di leader di una nuova coalizione, composta certamente da partiti che si ispirano al “centrismo” classico dello schieramento politico italiano, ma anche come federatore di molti movimenti della società civile, a spezzoni di elettorato che sono disillusi dagli ultimi veti anni di vita politica e spesso si rifugiano in quell’area, valutabile intorno al 35-40 percento, che ha scelto il non-voto, l’astensionismo.
Mario Sechi, direttore de “Il Tempo” di Roma è in questo momento uno dei più attenti e capaci osservatori della realtà politica italiana. E’ un giornalista di lunga milizia, un commentatore di politica estera e interna bravo e chiaro, anche attraverso la televisione. Recentemente ha scritto un libro “Tutte le volte che ce l’abbiamo fatta” che sta per essere ristampato per la terza volta.
Che ne pensa di questa scelta, scusandomi per il bisticcio di parole, della “Scelta civica” di Mario Monti?
E’ la conclusione di un percorso a tappe che il professore ha tracciato e alla fine ha deciso di mettersi in gioco. E’ certamente diverso dal Monti che molti hanno immaginato. In fondo il premier del “governo dei tecnici” aveva tre opzioni: la prima era quello di stare fermo, di non fare nulla; la seconda era quello di sponsorizzare un soggetto politico; la terza era quello di impegnarsi e di creare uno strumento. E’ partito dal programma, dall’agenda Monti e lentamente è arrivato a impegnarsi. Si è messo direttamente in discussione, guardando a un elettorato trasversale, tra partiti e molti movimenti che hanno aderito al suo programma, In questo modo ha dimostrato un temperamento differente da quello che ci si immaginava.
Alcuni sondaggi accreditano a questa area guidata da Monti una specie di “forchetta” alta, con una punta sino al 20-25 per cento. Altri pensano che il suo risultato possa contenersi in un dodici percento circa.
Io credo che Monti sarà, in tutti i casi, la sorpresa di queste votazioni, di queste consultazioni elettorali. Penso che la sua forza sia senz’altro superiore a quella del dodici percento che gli assegnano alcuni sondaggisti. La sua lista è veramente trasversale. Riesce e può riuscire bene a prendere voti dal centrodestra, riesce e può riuscire a prendere molti voti anche dal centrosinistra. La presenza di un uomo come Pietro Ichino può considerarsi emblematica. Ma soprattutto Monti può smuovere l’area dell’astensionismo del ritiro, del rifiuto manifestatosi in queste ultime tornate elettorali di andare alle urne.
La sua dichiarazione di mettere nelle liste persone che provengono dalla società civile sembra un po’ una rimasticatura di vecchi concetti, di vecchie aspirazioni.
Credo che sia stata una scelta dettata dai tempi che stiamo vivendo, dai conti che dobbiamo pagare al clima di anti politica che si sta vivendo oggi in Italia. Poi, alla fine, sappiamo tutti che tutto diventa politico. Questa è una lezione che potrebbe definirsi aristotelica. Capisco che, con quello a cui pensa Monti, cioè espressamente a Palazzo Chigi, l’operazione può avere dei limiti. Ma la partita la gioca e in tutti i casi la sua lista può solamente guadagnare voti.
Lei non pensa che la partita si giochi soprattutto tra Monti e Berlusconi, per stabilire il leader dei moderati italiani?
C’è indubbiamente questa partita centrale. E non bisogna affatto trascurare la forza di Silvio Berlusconi, anche in previsione di una scelta del Cavaliere: quella di separare premiership da leadership favorendo un altro candidato alla presidenza del Consiglio. Però vedo Monti soprattutto come una forza, un soggetto politico trasversale, che può rimettere in discussione molti equilibri.
Proviamo ad azzardare uno scenario post-elettorale. Molti danno per scontata la vittoria del centrosinistra alla Camera. Poi che succede? Si va verso un governo di grande coalizione?
Qui entriamo in un campo dove ci sono troppe varianti per fare una previsione. Quello che io penso al momento è che non darei per scontato un governo di grande coalizione.
(Gianluigi Da Rold)