La procura di Roma ha acquisito la cassetta dell’intervista fatta da Giovanni Minoli su Radio 24 a Steve Pieczenik. Psichiatra laureato ad Harvard, dottore in scienze politiche, esperto di terrorismo, Piczenik, funzionario del Dipartimento di stato americano, venne mandato in Italia ad assistere il governo durante il sequestrodi Aldo Moro. Sarebbe stato proprio Pieczenik a guidare l’azione delle autorità italiane contro le Brigate Rosse nella vicenda poi culminata con la morte di Aldo Moro per mano dello stesso gruppo armato, al termine di una prigionia di quasi due mesi (16 marzo – 9 maggio) che tenne con il fiato sospeso tutto il popolo italiano. Per Pieczenik la morte dell’allora segretario della Democrazia Cristiana è stata quindi un sacrificio necessario. A Radio 24 emergono nuovi particolari su come andarono i fatti del 1978: “L’obiettivo di Aldo Moro era di restare vivo, a questo scopo era pronto a minacciare lo stato, il partito e i suoi stessi amici. Nel quadro della crisi, quell’uomo si stava trasformando in un peso, e non in un bene da salvaguardare”. Questo uno dei passaggi più controversi e delicati dell’intervista. Giorni in cui, lo statunitense – che afferma di aver agito sempre senza direttive da parte del governo americano – ricoprì un ruolo di primo piano, in qualità di consigliere speciale di Francesco Cossiga.
L’uomo, a detta sua, aveva capito solo dopo pochi giorni dal suo arrivo a Roma che Moro, in quel momento, non poteva che rappresentare la vittima sacrificale per garantire all’Italia quella stabilità tanto agognata. La morte dell’esponente della DC, insomma, sarebbe stata in fin dei conti più un bene che un male. “Lo stato viveva in una condizione di terrore, tutti erano concordi che, se i comunisti fossero arrivati al potere, si sarebbe verificato un effetto a valanga, gli italiani non avrebbero più controllato la situazione. Mi dicevo, di cosa ho bisogno? Qual è il centro di gravità necessario, al di là di tutto, per salvare l’Italia? A mio giudizio questo si sarebbe creato sacrificando Aldo Moro”, questo il suo freddo commento. Nell’intervista integrale vengono svelati retroscena alquanto interessanti, in primis il ruolo in prima linea della Chiesa. Si diceva infatti che il Vaticano avesse raccolto tutto il denaro che bastasse per il riscatto; Piczenik conferma, ma afferma di essere stato proprio lui a bocciare questa scelta, poichè, in quel determinato momento storico, si stava lavorando “per chiudere ogni canale attraverso cui Moro avrebbe potuto essere rilasciato” La posta in gioco era un’altra: erano le Brigate Rosse e il processo di destabilizzazione del’Italia. A tutti i costi, Moro incluso.