Una giornata cruciale per le sorti del governo e del centrodestra, in attesa del voto in Parlamento previsto per mercoledì. A sera, al termine della riunione dei gruppi del Pdl, l’unica voce è quella di Berlusconi: ho deciso da solo di dimissionare i ministri, ha detto l’ex premier. Il Cavaliere ha anche messo la parola fine alle critiche dei “dissidenti” verso la decisione, presa sabato – si dice – dietro pressione dei falchi del partito, Verdini e Santanchè, di ritirare i ministri. Alfano, Lupi, Quagliariello, De Girolamo e Lorenzin hanno presentato dimissioni irrevocabili, ma non senza avanzare forti critiche alla conduzione del partito. Fino a quel “non ci facciamo intimidire. Con noi non funzionerà il metodo Boffo” detto seccamente da Alfano in risposta all’editoriale del Giornale a firma Alessandro Sallusti, che accusava i “governativi” di doppiogiochismo evocando per loro un destino alla Gianfranco Fini.
Così, al termine di una giornata che non ha del tutto dissipato i dubbi di possibili disaccordi all’interno del Popolo delle libertà, Berlusconi ha parlato di problemi interni risolti e offerto a Enrico Letta la disponibilità a votare e i provvedimenti economici più urgenti, per poi andare subito al voto. Ma dal Pd è arrivato il no di Franceschini: “ci sono dei tempi precisi, non si può fare la legge di stabilità in una settimana” ha detto il ministro per i Rapporti col Parlamento. Il commento di Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa.
Per tutta la giornata di ieri c’è stata un’aria da resa dei conti in casa Pdl, poi Berlusconi ha detto: “tutto chiarito”. Dunque?
Risulta che l’assemblea del Pdl si sia conclusa, a quanto ne sappiamo, senza un dibattito. Ciò ha permesso a Berlusconi di dare la linea, dicendo di essere stato lui a decidere la fine della collaborazione con il governo.
Il dissenso di Alfano, Lupi e Quagliariello dunque è durato lo spazio di un giorno?
La questione è molto semplice. A me pare che se i cinque ministri e il gruppo dei dissidenti, ad eccezione di Cicchitto che ha riconfermato la sua posizione di dissenso, non hanno fatto sentire la loro voce, dobbiamo prendere atto che il Pdl è passato alla linea di Berlusconi.
Però quel “non ci facciamo intimidire. Con noi non funzionerà il metodo Boffo” (rivolto all’editoriale di Alessandro Sallusti sul Giornale) era parso molto duro, addirittura sembrava preludere ad una spaccatura.
Si è rivelato per ciò che era: una critica, per quanto legittima, al Giornale. Non sono convinto che vi sia stato uno strappo. Per due giorni alcuni osservatori, soprattutto quelli del Pd, hanno pensato che nel Pdl ci potesse essere una scissione capitanata dalle colombe, a capo della quale vi sarebbe stato Alfano. Io ho sempre pensato una cosa diversa, cioè che i dissidenti premessero su Berlusconi per convincerlo a cambiare idea, nulla più.
Dunque l’ipotesi di una scissione non sarebbe mai stata messa realmente in conto.
No, almeno non fino a questo momento. E così è stato. Il fatto è che Berlusconi, alla fine, non ha cambiato idea: se il leader del Pdl mantiene la sua posizione e i ministri rispettano tale posizione, non si può parlare di dissenso o scissione. I “dissidenti” hanno cercato di portare Berlusconi sulle loro posizioni; non ci sono riusciti, e Berlusconi ha riconfermato la rottura con Letta. È questo che conta.
Berlusconi si sarebbe detto disponibile ad approvare alcuni provvedimenti: abolizione della seconda rata Imu, decreto Iva, legge di stabilità.
Le pare che Letta si metta agli ordini di Berlusconi dopo che questi ha fatto cadere il governo? Mercoledì Letta andrà al Senato; se il capogruppo Schifani confermerà la posizione di Berlusconi, Letta non aspetterà nemmeno di andare alla Camera e si dimetterà, aprendo la crisi di governo. Le consultazioni potrebbero sfociare in un nuovo incarico a Letta, nella nascita di un altro governo a tempo oppure nello scioglimento delle Camere.
Franceschini ha già dichiarato irricevibile la proposta di Berlusconi a votare i citati provvedimenti. Perché?
Innanzitutto, Berlusconi se ne assumerebbe il merito. Al di là di questo, una disponibilità di Letta alla collaborazione con Berlusconi non mi sembra più ipotizzabile. Letta potrebbe invece cercare di formare un’alleanza diversa per fare le stesse cose con alleati più affidabili del Pdl.
Si parla di una pattuglia di deputati Pdl che potrebbero sostenere il governo Letta. Ne sa qualcosa?
Al di là di quello che si dice in giro, queste cose le si vede solo al momento del voto. Di certo al Pd non interessa fare un governo di questo tipo e Letta lo ha spiegato bene a Che tempo che fa: o posso fare un governo con mandato pieno, oppure mi ritiro. E un governo affidato ad un pugno di dissidenti di Pdl, M5S e Gruppo Grandi autonomie e libertà non è un governo stabile.
Se Letta si dimette, cosa può accadere?
O si va subito alle elezioni, come vuole Berlusconi, oppure Napolitano riesce a mettere in piedi un altro governo tecnico che, con un appoggio a corrente alternata dei due maggiori pariti e limitato ai due punti programmatici della legge di stabilità e della legge elettorale, rimane in carica fino alla fine dell’anno o fino all’inizio del 2014. Poi si sciolgono le Camere e si va a votare.
Berlusconi sarebbe ancora il candidato premier del centrodestra?
Il 4 ottobre sarà dichiarato decaduto dal Senato, il 18 ottobre ci sarà una votazione in cui l’aula del Senato lo metterà definitiavamente fuori gioco, il 15 ottobre dovrà scegliere tra l’affidamento ai servizi sociali e gli arresti domiciliari. Le pare una persona in condizione di assumere la guida di uno schieramento? Mi sembra un po’ difficile.
Ieri c’è stata una telefonata della Merkel a Letta. Che senso politico le attribuisce?
L’unico possibile: di grande preoccupazione che l’Italia possa entrare di nuovo in una spirale di instabilità. È un timore diffuso, perché l’agenzia di rating Fitch parla già di un nostro declassamento, che ci costerebbe caro dal punto di vista degli interessi sul debito, dei titoli di Stato e del bilancio complessivo dei conti pubblici.
Dopo la giornata di ieri l’ipotesi di una “cosa nuova” dei moderati italiani alternativa al berlusconismo è definitivamente tramontata?
Tutte le volte che si è tentanto di metterla in piedi − vedi Monti, Montezemolo, Casini − non è riuscita. Credo che finché Berlusconi sarà in campo, questo tentativo abbia poca possibilità di successo.
(Federico Ferraù)