Il sovraffollamento carcerario e le condizioni disumane in cui spesso versano i detenuti: questi, e non Berlusconi e la sua sentenza di condanna, erano gli argomenti contenuti nel messaggio inviato da Napolitano alla Camere. Certo, il capo dello Stato ha suggerito anche, tra le altre cose, di adottare un provvedimento di indulto o di amnistia per sanare la questione; e non sfugge che, nell’eventualità, Berlusconi ne trarrebbe vantaggio. Tuttavia, i partiti hanno interpretato le parole del capo dello Stato esclusivamente con i canoni della lotta politica più aspra. Nicolò Zanon, costituzionalista e membro del Csm, spiega il senso della missiva del Quirinale.
Buona parte della politica sospetta che la richiesta di indulto o amnistia rappresenti un salvacondotto per Berlusconi.
Che questo genere di accuse possa esser mosso nei confronti di Napolitano, è rivelatore del basso livello di larga parte della classe politica. Se uno legge il messaggio, constata, anzitutto, che il capo dello Stato ricorre agli strumenti dell’amnistia e dell’indulto di malavoglia. Lui stesso, d’altra parte, ha fatto presente che il più delle volte il Parlamento non ha dato seguito ai messaggi inviati alle Camere. Inoltre, prendere in considerazione le censure che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha mosso in relazione al sovraffollamento carcerario è un imperativo costituzionale. Non dimentichiamo, infine, che ha parlato dell’indulto e dell’amnistia solo tra le altre cose, ipotizzandone la messa in atto solo al termine di un percorso in cui siano stati usati anche altri strumenti, quali le forme di pena alternative alla detenzione.
In ogni caso, Berlusconi potrebbe trarre vantaggio da provvedimenti del genere?
Allo stato attuale, non è possibile dirlo. Bisognerebbe, da un lato, studiare la sua posizione processuale complessiva e, dall’altro, capire che scelte farà il Parlamento.
Il Parlamento potrebbe espungere dall’amnistia e dall’indulto i reati compiuti da Berlusconi?
Beh, a quel punto si tratterebbe di un provvedimento “contra personam”. Che, oltretutto, colpirebbe una quantità indiscriminata di soggetti. Non è mica l’unico in Italia che è stato condannato per reati fiscali.
E se, alla fine, decidesse di ignorare il messaggio del Colle nella convinzione che sia meglio non indurre neppure il sospetto di un favore a Berlusconi?
Se lo facesse, sarebbe gravissimo. Le carceri rappresentano un mondo di sofferenze atroci e generalizzate al punto da collocarci, tra i Paesi civilizzati, in una posizione miserevole e, in Europa, all’ultimo posto. Tanto più che il 40 per cento dei carcerati ha subito un provvedimento di custodia cautelare preventiva. Si tratta, quindi, di una questione di interesse generale rispetto alla quale la condizione di una singola persona, per quanto si chiami Berlusconi, è necessariamente secondaria.
Pare che buona parte della politica non ne sia consapevole.
Credo che ci sia un problema culturale che riguarda la classe parlamentare, ma anche l’opinione pubblica, spesso condizionata da un’informazione inficiata da elementi manettari e giustizialisti; un orientamento che connota anche settori della magistratura. Basti pensare che, al Csm, alcuni hanno risposto alla sollecitazione di Napolitano ipotizzando, semplicemente, la costruzione di nuove carceri. Come se l’urgenza non fosse quella di rendere meno disumana la condizione dei carcerati, quanto di ampliare l’”offerta”. Insomma, spesso domina l’idea di fondo secondo cui il carattere afflittivo della pena debba per forza tradursi nella limitazione della libertà fisica in carcere. Si tratta di una lettura svalutativa del problema.
E’ verosimile che Napolitano abbia voluto, prendendola alla larga, rimettere al centro del dibattito la riforma della giustizia.
Parlando, per esempio, di ragionevole durata dei processi ha inteso certamente accennare alla modifica dell’attuale disciplina. Tuttavia, che Napolitano auspichi una riforma della giustizia non è un mistero. Moltissime volte l’ha chiesta esplicitamente in occasioni ufficiali.
(Paolo Nessi)