Il Movimento 5 Stelle grida all’impeachment: dopo quanto accaduto nei giorni scorsi, il Parlamento deve giudicare una volta per tutte l’operato di Giorgio Napolitano. Lo scrive Paolo Becchi, tornato all’attaco del presidente della Repubblica con un nuovo post pubblicato sul blog di Beppe Grillo. Le recenti dichiarazioni di “Re Giorgio” su indulto e amnistia, si legge, “segnano un punto di non ritorno”: nessuno mette in dubbio che la “condizione delle carceri” in questo Paese sia degradante, ma è altrettanto “innegabile” che “l’effetto politico dei provvedimenti auspicati non sarebbe che uno”: salvare Silvio Berlusconi. “Tutto questo il Capo dello Stato non lo sa?”, si chiede Becchi: “Il M5S lo ha detto chiaramente, e la risposta di Napolitano non è stata delle più pacate, come ci si attenderebbe dal rappresentante dell’unità nazionale”. La domanda principale però è un’altra: “Può il Capo dello Stato entrare in lite con la prima forza politica del Paese? Quale diritto ha il Capo dello Stato, il garante della Costituzione, di attaccare esplicitamente l’opposizione parlamentare per aver questa criticato gli effetti politici che deriverebbero da una legge approvata dal Parlamento?”. Becchi ricorda infatti che “non è la prima volta che Napolitano attacca esplicitamente una parte politica, difendendo la partitocrazia e le sue alleanza”, come quando il Capo dello Stato si dimostrò sarcastico commentando il “boom” elettorale dei 5 Stelle: “Di boom ricordo solo quello degli anni Sessanta in Italia, altri boom non ne vedo”, aveva detto. Inoltre, aggiunge l’ideologo del Movimento di Grillo, “come si può sostenere che il Governo Letta sia un governo parlamentare quando il voto di fiducia delle Camere ha funzionato come mera ratifica a posteriori di una decisione presa direttamente e sostanzialmente dal Presidente della Repubblica?”. Il Governo Letta, quindi, non è neppure più, come quello di Mario Monti, un “governo presidenziale”, un governo “diretto dal Presidente, ossia il governo a capo del quale c’è, seppur per interposta persona, Napolitano”. Dall’attacco dei giorni scorsi contro il M5S, aggiunge Becchi, “è ormai evidente che questo Presidente della Repubblica non rappresenti più l’unità della Nazione, ma soltanto una parte del Paese: quella che ha voluto le larghe intese” e quella “che cercherà, con tutti i mezzi a sua disposizione, di salvare ancora il Caimano”. Cosa fare quindi? Bisogna “costringere Napolitano alle dimissioni”, un atto politico “fondamentale” perché rappresenterebbe secondo Becchi “la sconfitta delle larghe intese Pdl-Pd”. Inoltre, la messa in stato d’accusa “avrebbe un valore simbolico e politico”, una sorta di impeachment in cui il Parlamento, “più che giudicare come un Tribunale, ricostruisce la verità dei fatti, rilegge la Costituzione ad alta voce, dichiara di fronte al Paese ciò che pensa sull’operato del Capo dello Stato”. L’impeachment è, allora, “il momento in cui il Parlamento valuta la condotta del Re: sulla base della Costituzione lo accusa, lo giudica e lo condanna politicamente. Per questo la messa in stato d’accusa ha un valore indipendentemente dal giudizio che, su di essa, darà poi la Corte Costituzionale”, conclude Becchi.



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